Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26333 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 17/10/2019), n.26333

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23070-2017 proposto da:

DIMAR SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore

B.M., domiciliato EX LEGE IN ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato DANTE

POLA;

– ricorrente –

e contro

INFRA SRL;

– intimati –

Nonchè da:

INFRA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore VITTORINO

FRANCESCO ZANETTE, domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati MARCELLO BONOTTO, MARZIA MUSI;

– ricorrente incidentale –

contro

DIMAR SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1570/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 03/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificato in data 13 maggio 2005 Dimar s.r.l. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Modena Infra s.n.c. (in seguito s.r.l.) chiedendo la risoluzione del contratto di fornitura di componentistica per anestesia e rianimazione per inadempimento della convenuta fornitrice con la condanna al risarcimento del danno, avendo potuto consegnare alla società Willy Rusch solo 4.500 pezzi di fornitura rispetto ai 6.000 convenuti a causa dei vizi dei prodotti forniti da Infra. La convenuta propose domanda riconvenzionale di condanna al pagamento della somma di Euro 9.645,29. Il Tribunale adito accolse la domanda principale, dichiarando la risoluzione del contratto e condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 204.534,94 a titolo risarcitorio, e rigettò la domanda riconvenzionale. Avverso detta sentenza propose appello Infra s.r.l.. Con sentenza di data 3 luglio 2017 la Corte d’appello di Bologna, in parziale accoglimento dell’appello, condannò Infra al pagamento della somma di Euro 65.934,00 e dispose la compensazione per metà delle spese del doppio grado, ponendole per il resto a carico dell’appellante Infra, avuto riguardo all’esito complessivo del giudizio, alla particolare difficoltà di accertamento dei fatti ed all’accoglimento solo parziale della domanda proposta di Dimar.

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, premesso che il prezzo pattuito fra Dimar e Rusch era di Euro 60,00 per i caschi ed Euro 18,00 per i palloni con margine di guadagno nella misura del 50% per Dimar, che quest’ultima non aveva provato quanti dei 6.000 pezzi non consegnati a Rusch, con conseguente mancato guadagno, fossero caschi o palloni, posto che il ritenere che 4.500 fossero caschi contrastava con quanto dedotto in citazione in un primo tempo, e cioè che 4.500 erano gli ordini evasi da Dimar nel 2003 e non quelli mancanti. Aggiunse che “in mancanza di adeguati elementi che consentano una liquidazione attendibile, e non sussistendo i presupposti per procedere ad una liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., il danno subito da Dimar per mancato guadagno va dunque limitato alla minor somma di Euro 54.000 (Euro 9,00 x 6.000)”, ossia Euro 65.934,00 per effetto della rivalutazione. Osservò inoltre che le spese di recall risultavano prive di ogni riscontro documentale (le fatture prodotto dal CT di parte non consentivano di chiarirne la causale) e che quanto alle spese di rilavorazione di cui alle fatture Medivon queste, come rilevato dal CTU, non indicavano con chiarezza quali fossero gli oneri riconducibili ad operazioni di rilavorazione, nè in cosa queste consistessero effettivamente.

Ha proposto ricorso per cassazione Dimar s.r.l. sulla base di due motivi e resiste con controricorso la parte intimata, la quale ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di due motivi. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo del ricorso principale si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente in via principale che, posto che gli ordini per l’anno 2003 avevano riguardato unicamente i caschi, mentre i resi avevano avuto ad oggetto principalmente caschi, i beni non acquistati erano caschi e cioè le 4.500 unità indicate in citazione e che le note di accredito emesse da Dimar in favore di Rusch a fronte del recall attuato a causa dei difetti occulti recavano il valore complessivo di Euro 116.024,00. Aggiunge che nessuno dei pezzi restituiti a Dimar da Rusch erano stati a questa restituiti o rivenduti, mentre le rilavorazioni Medivon per complessivi Euro 22.351,84, provate a mezzo di documenti e testimonianza, avevano come unico scopo di recuperare il materiale idoneo compreso nelle confezioni.

Il motivo è inammissibile. Benchè in rubrica si denunci l’omesso esame di fatto storico, oggetto della censura è il giudizio di fatto del giudice di merito, a cui viene contrapposta una diversa lettura delle risultanze processuali. Nel giudizio di cassazione, la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito (fra le tante Cass. n. 7972 del 2007).

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, in presenza del parziale accoglimento di un solo motivo di appello, ed avendo la sentenza di appello solo parzialmente ridotto il quantum del pregiudizio subito da Dimar, non sussistevano le gravi ed eccezionali ragioni giustificanti la compensazione delle spese processuali.

Il motivo è inammissibile. Va premesso che, in base alla norma applicabile ratione temporis, ai fini della compensazione delle spese processuali è sufficiente la presenza di giusti motivi (o della soccombenza reciproca). In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (fra le tante da ultimo Cass. n. 24502 del 2017).

Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia insufficiente, contraddittoria o illogica motivazione in relazione all’art. 132 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4. Osserva la ricorrente in via incidentale che contraddittoria rispetto alle premesse è la conclusione nel senso che i 6.000 pezzi non consegnati siano tutti da considerare palloni, trattandosi di circostanza non dimostrata da Dimar, e che nel caso di specie non ricorreva l’assoluta impossibilità di provare l’esatto ammontare del danno (in modo da accedere alla liquidazione equitativa).

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che Dimar non è stata in grado di fornire la prova dell’entità del danno.

Il ricorso incidentale ha perso ogni efficacia. Essendo stata notificata la sentenza dall’odierna ricorrente incidentale in data 26 luglio 2017, il termine per proporre ricorso per cassazione era il 25 ottobre 2017. Il ricorso incidentale, notificato in data 15 novembre 2017, è tardivo e dunque stante l’inammissibilità del ricorso principale è privo di efficacia ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso principale e privo di efficacia il ricorso incidentale. Condanna la ricorrente in via principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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