Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26332 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/11/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 19/11/2020), n.26332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1766/2015 R.G. proposto da:

DIVISIONE PREFABBRICATI s.r.l. in persona del suo legale

rappresentante pro tempore rappresentata e difesa giusta delega in

atti dall’avv. Macchia Gianluca (con indirizzo PEC

gianlucamacchia.ordineavvocatiroma.org) con domicilio eletto in

Roma, presso il ridetto difensore in via Cassia n. 833;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 3533/22/14 depositata il 27/05/2014 non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

07/07/2020 dal Consigliere Succio Roberto.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio e rideterminato di conseguenza il reddito e l’imponibile IVA della società contribuente, a seguito della notifica in capo allo stesso di avviso di accertamento per IRES, IVA ed IRAP riferite al periodo d’imposta 2006;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione la società contribuente con atto affidato a un solo motivo; resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il solo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 per avere la CTR erroneamente accolto l’appello dell’Ufficio, che invece andava dichiarato inammissibile perchè carente di motivi specifici di impugnazione; nella specie la CTR avrebbe accolto l’appello erariale che conteneva però censure attinenti questioni differenti da quelle poste a base del decisum;

– il motivo è infondato: non è vero che nessuna doglianza era in esso svolta con riguardo all’obbligo di allegazione all’atto impugnato della prescritta autorizzazione del PM a svolgere indagini finanziarie, sub specie di violazione dell’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, come si evince dalla parte di atto di appello debitamente trascritta in controricorso (pag. 7 dell’atto erariale); pertanto, in forza di tal doglianza, che risulta in concreto correttamente formulata, risulta altrettanto corretto che la CTR l’abbia esaminata;

– se infatti è ben vero che la sentenza risulta essersi dilungata soprattutto sulla differenza tra esistenza dell’autorizzazione e sua esibizione, ritenendo bastevole il primo elemento (del quale ha ritenuto fornita la prova stante l’indicazione in atto degli estremi della stessa), è altrettanto vero che per giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1377 del 26/01/2016) ai sensi dell’art. 342 c.p.c., il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicchè non viola il principio del “tantum devolutum quantum appellatum” il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel “thema decidendum” del giudizio;

– più in specifico, dalla lettura della sentenza impugnata risulta come la CTR abbia approfonditamente esaminato la questione relativa alla motivazione dell’autorizzazione connessa alla motivazione dell’avviso di accertamento e l’abbia risolta nel senso che l’autorizzazione deve essere esistente (quindi effettivamente e preventivamente rilasciata dal soggetto competente) ma che in quanto “non immediatamente lesiva sotto il profilo tributario della posizione del contribuente” non richiede l’adempimento di oneri motivazionali, nè costituisce elemento necessario della motivazione dell’avviso di accertamento che abbia origine dall’attività di controllo per la quale è stata rilasciata;

– alla luce di tali argomentazioni, come esposte nella sentenza di appello, si deve quindi ritenere che l’effetto devolutivo abbia avuto pienamente luogo e che altrettanto correttamente, quindi, la CTR abbia esaminato i motivi di appello dell’Erario;

– pertanto,il ricorso è rigettato;

– la soccombenza regola le spese; sussistono i requisiti processuali (e se ne dà atto) per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato per atti giudiziari.

PQM

rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 4.100 oltre a CPA ed IVA di legge che pone a carico di parte soccombente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

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