Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26324 del 19/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 19/11/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 19/11/2020), n.26324

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26847 – 2015 proposto da:

QUICKSTAR SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA

SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE

(OMISSIS) DI ROMA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROV.LE (OMISSIS)

DI ROMA UFFICIO TERR.LE DI ROMA (OMISSIS), EQUITALIA SUD SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2037/2015 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 03/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Quickstar S.p.A. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma la cartella di pagamento n. (OMISSIS) emessa per imposta di registro, ipotecaria e catastale, relativa all’anno 2003, con riferimento alla sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma n. 112/34/08. La contribuente lamentava di non essere tenuta al versamento dell’imposta, avendo già provveduto al pagamento, seppure in via meramente cautelare a seguito della pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 353/4/06, poi riformata dalla sentenza n. 112/34/08. Denunciava, inoltre, l’illegittimità delle sanzioni e il difetto assoluto di motivazione. I giudici di primo grado, con sentenza n. 529/13/13, accoglievano il ricorso, assumendo che l’importo di Euro 95.879,89 era stato già pagato dalla contribuente, mentre, con riferimento alle sanzioni rilevavano la mancanza del presupposto giuridico, risultando alterata la sequenza procedimentale di legge. L’Agenzia delle entrate proponeva appello relativamente alle sanzioni, avendo disposto in autotutela lo sgravio della sola imposta di registro per Euro 95870,89. Il gravame veniva accolto con sentenza n. 2037/21/15 dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sulla base del rilievo che le sanzioni erano dovute ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, che di diritto ne prevede l’irrogazione nella misura del 30% del tributo, a far tempo dal sessantesimo giorno dell’avviso di esso. Quickstar S.p.A ricorre per cassazione svolgendo tre motivi. L’Agenzia delle entrate ed Equitalia non hanno svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, nn. 2 e 4, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto la pronuncia impugnata omette di riportare, anche sinteticamente, le fasi, peraltro particolarmente complesse, del presente giudizio.

Inoltre, non sarebbero riportati i motivi, in fatto e in diritto proposti dalle parti, in violazione delle norme riportate in rubrica.

2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 2, (nella formulazione vigente ratione temporis), atteso che quanto sostenuto dai giudici di appello, con riferimento alle sanzioni, sarebbe errato. La contribuente precisa che con la cartella di pagamento oggetto del giudizio l’Ufficio ha provveduto ad iscrizione a ruolo con atto n. den. (OMISSIS) prot. (OMISSIS) del (OMISSIS), a seguito della sentenza della Commissione Tributaria Regionale n. 112/34/08 del 1 settembre 2008. Con tale avviso di liquidazione l’Ufficio si era limitato a chiedere alla Quickstar S.p.A. il pagamento della somma di Euro 96.000,00 a titolo di imposta di registro, di Euro 64.000,00 a titolo di imposta ipotecaria e di Euro 32.000,00 a titolo di imposta catastale, per un totale di Euro 192.000,00. Nessuna pretesa sarebbe stata azionata dall’Agenzia delle entrate a titolo di sanzioni. Ciò premesso, i giudici di appello, uniformandosi acriticamente alle deduzioni difensive proposte dall’Ufficio, affermerebbero che dette sanzioni sarebbero state irrogate ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 2, implicitamente ritenendo che la società avesse omesso il versamento degli importi accertati con l’avviso di liquidazione posto a base della cartella, laddove, invece, la contribuente non era incorsa in alcuna omissione, atteso che la stessa non era tenuta ad effettuare alcun versamento. E ciò in quanto, avverso l’avviso di liquidazione posto a base della cartella di pagamento, la società aveva proposto impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale che, con sentenza n. 353/4/2006, aveva annullato l’atto impositivo, accertando che nessun importo doveva essere versato.

3. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, per difetto di motivazione della cartella impugnata. I giudici di appello avrebbero dovuto dichiarare l’illegittimità della cartella per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, atteso che con tale atto impositivo si era illegittimamente provveduto ad irrogare sanzioni senza alcuna indicazione dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, dei criteri che si ritiene di seguire per la loro determinazione nonchè dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni.

4. Il primo motivo di ricorso è fondato per i principi di seguito enunciati. Dall’accoglimento del primo motivo consegue l’assorbimento dei restanti.

4.1. La società ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza impugnata atteso che i giudici di appello avrebbero omesso di riportare, anche sinteticamente, le fasi della vicenda processuale ed i motivi in fatto e in diritto proposti dalle parti.

L’art. 132 c.p.c., n. 4, nella formulazione risultante in seguito alla riforma intervenuta con la L. 18 giugno 2009, n. 69, dispone che la sentenza deve contenere “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, mentre l’art. 118 disp. att. c.p.c., indica la motivazione come la succinta esposizione dei fatti rilevanti di causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi. Il giudice, pertanto, non può prescindere dalla illustrazione seppure sintetica dei fatti di causa, tenuto conto che tale illustrazione nella sostanza si traduce nella comprensione delle “ragioni della decisione”.

Questa Corte ha, in più occasioni, precisato che: “In tema di contenuto della sentenza, la concisa esposizione della motivazione non può prescindere dall’esistenza di una pur succinta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione impugnata, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione” (Cass. n. 29721 del 2019). Tali presupposti non rappresentano un elemento meramente formale, ma un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione della intellegibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, “la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione” (Cass. n. 920 del 2015).

4.2. Il Collegio rileva che, nella sentenza impugnata, l’esposizione, anche sintetica, dei fatti rilevanti di causa è stata completamente omessa, nè sono state esposte le questioni discusse dalle parti e decise dal collegio.

I giudici di appello, inoltre, hanno omesso di riportare i motivi di impugnazione della sentenza di primo grado e le argomentazioni difensive delle parti, necessario presupposto per la comprensione del decisum e del ragionamento logico – giuridico seguito dal giudicante per giungere al proprio convincimento. Secondo il costante orientamento di questa Corte, inoltre, sussiste il vizio di nullità della sentenza per omessa motivazione, allorchè essa sia priva dell’esposizione dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione (Cass. n. 16581 del 2009; Cass. n. 18108 del 2010).

Nella fattispecie, la Commissione Tributaria Regionale si è limitata a rinviare del tutto genericamente a “quanto rilevato dai primi giudici” – non potendosi comunque individuare un richiamo per relationem alla motivazione espressa dai giudici di primo grado, secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 642 del 2015 – ed omettendo del tutto di indicare i motivi di appello proposti avverso la decisione impugnata, sicchè non è consentito a questa Corte comprendere le ragioni dell’accoglimento del gravame, difettando il ragionamento logico – giuridico di conseguenzialità logica.

5. In definitiva, va accolto il primo motivo di ricorso e dichiarati assorbiti i restanti, la sentenza va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2020

 

 

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