Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26322 del 29/09/2021
Cassazione civile sez. III, 29/09/2021, (ud. 13/05/2021, dep. 29/09/2021), n.26322
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21868/2018 proposto da:
M & C CONSULTING SRL, in persona del legale rappresentante,
rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO VINCENTI, Pec:
avvmassimo vincenti.pecgiuffre.it;
– ricorrente –
contro
ASSOCIAZIONE BRAIN MED, in persona del legale rappresentante,
rappresentato e difeso dall’avvocato GENNARO CAVALLARO, Pec:
avvocatocavallaro.pec.it;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5897/2018 del GIUDICE DI PACE di NOCERA
INFERIORE, depositata il 18/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
13/05/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.
Fatto
RITENUTO
che:
1. M. & C. Consulting S.r.l., con atto di citazione del 12/5/2016, convenne davanti al Giudice di Pace di Nocera Inferiore l’Associazione “Brain Med”, chiedendo la condanna della convenuta a corrispondere il pattuito corrispettivo di Euro 770 previsto dal contratto stipulato tra le parti avente ad oggetto la concessione della disponibilità a favore della convenuta di un immobile sito nel Comune.
L’Associazione “Brain Med” si costituì in giudizio, eccependo in via preliminare il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione. Il Giudice, pertanto, concesse il termine previsto dalla legge per consentire alla società attrice di attivare la procedura di mediazione e rinviò il giudizio ad altra successiva udienza.
All’udienza all’uopo fissata la società convenuta eccepì l’improcedibilità della domanda, a causa del mancato rispetto del termine di 15 giorni stabilito per l’attivazione della procedura di mediazione dal D.Lgs. n. 28 del 2010. La società attrice resistette ritenendo che detto termine non dovesse ritenersi perentorio ma ordinatorio.
2. Il Giudice di Pace di Nocera Inferiore, con sentenza n. 5897/2018, dichiarò la domanda improcedibile, ritenendo che il termine di 15 giorni previsto dalla legge fosse perentorio, e compensò interamente tra le parti le spese del giudizio.
3. Avverso tale sentenza la società M. & C. Consulting s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. L’Associazione “Brain Med” ha resistito con controricorso.
4. La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Il ricorso è inammissibile in quanto proposto avverso una sentenza di primo grado emessa dal Giudice di Pace e pronunciata secondo equità ex art. 113 c.p.c., comma 2. La sentenza avrebbe dovuto essere impugnata con l’appello ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 3, in quanto l’appello, anche quando la sentenza del giudice di pace è resa con giudizio equitativo, è mezzo di impugnazione esclusivo, che non concorre in alcun modo con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, con riferimento al vizio di violazione di legge (cfr., Cass., 3, ord. n. 13019/2007; Cass., 3, ord. n. 10774/2008; Cass., 3, ord. n. 10775/2008; Cass., Sez. VI-3, ord. n. 4036/2012; da ultimo, Cass., Sez. VI-2, ord. n. 10063/2020).
Nel caso di specie, poi, il vizio relativo alla improcedibilità per tardivo espletamento della mediazione integrava una ipotetica nullità per violazione di norma del procedimento, che era deducibile con l’appello a motivi limitati ai sensi dell’art. 339 c.p.c., comma 3.
Ne’, d’altro canto, è ipotizzabile la configurabilità del ricorso per cassazione per il motivo di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sulla base dell’ultimo comma del nuovo testo dello stesso art. 360, che ammette il ricorso per cassazione contro le sentenze e i provvedimenti diversi dalla sentenza per i quali, a norma dell’art. 111 Cost., comma 7, è ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge per tutti i motivi di cui al comma 1 e, quindi, nelle intenzioni del legislatore, anche per quello di cui al n. 5 citato. Invero, la sentenza del Giudice di Pace pronunciata nell’ambito della giurisdizione equitativa, essendo appellabile, sia pure per motivi limitati, sfugge all’ambito di applicazione del suddetto comma 7, che pertiene alle sentenze e ai provvedimenti aventi natura di sentenza in senso c.d. sostanziale, per cui non sia previsto alcun mezzo di impugnazione, e non riguarda i casi nei quali un mezzo di impugnazione vi sia, ma limitato a taluni motivi, e la decisione riguardo ad esso possa poi essere assoggettata a ricorso per cassazione (com’e’ quella resa dal giudice d’appello sulle sentenze del giudice di pace ai sensi dell’art. 339, comma 3, la quale, naturalmente, lo sarà con adattamento dei motivi di ricorso all’ambito di quelli devolvibili al giudice d’appello stesso).
Quanto agli argomenti spesi da parte ricorrente (cfr. pagg. 10-12, ricorso), secondo cui l’ammissibilità del ricorso per cassazione dovrebbe riconoscersi in ragione dell’inappellabilità della sentenza qui impugnata, è sufficiente considerare che – come appunto chiarito dalla già citata Cass., 3, ord. n. 13019/2007 – la sentenza del Giudice di Pace o è pronunciata in causa eccedente l’ambito della giurisdizione equitativa, e allora è appellabile senza limiti, o è pronunciata in causa rientrante nell’ambito della giurisdizione equitativa, e allora è appellabile nei limiti di cui dell’art. 339 c.p.c., comma 3; in nessuno di tali due casi, tuttavia, essa è ricorribile per cassazione.
L’orientamento di cui si è detto venne anche avallato da Cass., Sez. Un., 27339 del 2008, con specifico riferimento al motivo di giurisdizione.
2. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e la società ricorrente condannata alla refusione delle spese di lite relative al giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. Si dà altresì atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del cd. “raddoppio” del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 13 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021