Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26320 del 20/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 02/11/2016, dep.20/12/2016), n. 26320
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24304-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 137/28/2011 della COMMISSIONE, TRIBUTARIA
REGIONALE DI BARI – SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, emessa il
07/10/2011 e depositata il 17/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.
Fatto
FATTO E DIRITTO
la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione ex art. 380-bis c.p.c. e disposta l’adozione di motivazione semplificata, osserva quanto segue.
1. Con unico motivo di ricorso si denunzia la “violazione e falsa applicazione della L. n. 449 del 1997, artt. 4 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, per avere la C.T.R. trascurato che l’onere di dimostrare la ricorrenza dei presupposti per fruire del credito d’imposta L. n. 449 del 1997, ex art. 4 – tra i quali “un incremento del numero di dipendenti a tempo pieno e indeterminato” ed il mantenimento del “livello occupazionale” così raggiunto nel corso del periodo agevolato – grava sul contribuente e che la revoca di un simile credito di imposta non necessita di particolare motivazione, al di fuori del venir meno dei suoi presupposti.
2. La censura appare inammissibile poichè incongruente rispetto al tenore della pronuncia impugnata, dalla cui motivazione non emerge nè la violazione o falsa applicazione delle norme invocate, nè una erronea ripartizione dell’onere della prova tra le parti in causa. Il giudice d’appello si è invero limitato a ritenere (così come il giudice di prime cure) “carente di motivazione” il provvedimento di revoca, osservando che nemmeno il processo verbale di constatazione poteva sopperire a detta carenza, poichè, “sul punto specifico della conservazione del livello occupazionale, invece di contenere contestazioni specifiche pone addirittura un punto interrogativo, ledendo palesemente il diritto di difesa del destinatario dell’atto, cui non è dato di conoscere le ragioni della revoca”.
3. Peraltro, con riguardo al contenuto effettivo del provvedimento di revoca il ricorso difetta anche di autosufficienza.
4. ricorso va quindi respinto. Non avendo la curatela intimata svolto difese, nulla va disposto in quanto di spese.
5. Non ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, in quanto per la ricorrente amministrazione pubblica opera il meccanismo della prenotazione a debito delle spese (cfr. Cass. S.U. n. 9338/14; conf. Cass. sez. 4-L, n. 1778/16 e 6-L n. 18893/16).
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 2 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016