Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26317 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 02/11/2016, dep.20/12/2016),  n. 26317

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23905-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.N., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che la rappresenta

e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 141/66/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI MILANO – SEZIONE DISTACCATA DI BRESCIA, emessa il

04/07/2011 e depositata il 16/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione ex art. 380-bis c.p.c. e disposta motivazione semplificata, osserva quanto segue.

1. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto non notificato D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, comma 2, al Concessionario della Riscossione costituito in primo grado, poichè, trattandosi di cause scindibili ex art. 331 c.p.c. e di doglianze non riguardanti vizi della cartella, non v’è l’obbligo di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti (Cass. nn. 16162/16, 18361/15).

2. Nel merito, è fondata la censura di “violazione o falsa applicazione della L. n. 448 del 2001, art. 7 e del D.L. n. 282 del 2002, art. 2, comma 2, e del D.L. n. 355 del 2003, art. 6 bis (art. 360 c.p.c., n. 3)”, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto “che nell’ipotesi di rivalutazione ex lege n. 148 del 2001 il debito d’imposta relativo all’imposta sostitutiva sorge soltanto al momento in cui si verifica il presupposto dell’eventuale plusvalenza, e cioè al momento dell’alienazione del bene”, e che “il mancato versamento delle rate successive alla prima manifesterebbe la volontà di non avvalersi dell’istituto della rivalutazione dei terreni”, mentre l’opzione per la rideterminazione dei valori si perfezionerebbe già con il versamento) della prima rata dell’imposta sostitutiva, senza possibilità di “ripensamento”.

3. Invero, questa Corte ha già chiarito (anche in relazione all’analoga facoltà prevista dalla L. n. 448 del 2001, art. 5, per i valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati): che “in forza del carattere irrevocabile dell’opzione volontaria di pagamento dell’imposta sostitutiva – quale le modalità dell’adempimento, rateale o in unica soluzione, restano del tutto indifferente rispetto al perfezionamento della fattispecie – non sorgerà comunque, per il contribuente, il diritto al rimborso dell’imposta già pagata (cfr., da ultimo, Cass. n. 13406 del 2016), e, nell’ipotesi di pagamento rateale, restano dovuti i versamenti successivi (Cass. n. 3410 del 2015 e n. 939 del 2016, citt.)” (in termini, Cass. n. 16162/16); B) che “rispetto alla opzione sopra descritta, con la quale il contribuente può liberamente decidere di usufruire del relativo beneficio fiscale, non può evocarsi il principio della emendabilità della dichiarazione, in quanto detto principio non opera in relazione a specifiche manifestazioni di volontà negoziale, come o meno di un’agevolazione fiscale (Cass. 7294/2012; Cass. 1427/2013; Cass. 13140/2014)” (da ultimo, Cass. n. 9115/16; cfr. Cass. nn. 24057/14, 3410/15 e 939/16).

4. La sentenza impugnata va quindi cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente, il quale va condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo. Le peculiarità processuali della vicenda giustificano la compensazione delle spese relative ai gradi di merito. Non ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato (art. 13 T.U.S.G.).

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente, che condanna a rifondere a parte ricorrente le spese processuali di legittimità, liquidate in Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 2 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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