Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26313 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 17/10/2019), n.26313

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 28180/2017 proposto da:

K-holding Spa, in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma Via Gregorio VII n. 466, presso lo

studio dell’AVVOCATO GIUSEPPE SALVATORE COSSA che lo rappresenta e

difende unitamente all’AVVOCATO GIUSEPPE CAMPEIS;

– ricorrente e controricorrente sul ricorso incidentale –

contro

M.V. nella qualità di tutore di M.L.,

domiciliato in Roma, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dagli AVVOCATI ALBERTO PAGNOSCIN

e MARINA LUCCHETTA;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

UnpolSai Assicurazioni S.p.a. e Istituto nazionale per la Prevenzione

degli Infortuni sul Lavoro – INAIL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 00211/2017 della CORTE d’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 14/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2019 da Dr. Cristiano Valle;

udito l’Avvocato Giuseppe Campeis per la ricorrente K-Holding S.p.a.

e l’Avvocato Alberto Pagnoscin per la controricorrente e ricorrente

incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Sgroi

Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

accoglimento del terzo motivo del ricorso incidentale e rigetto nel

resto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il (OMISSIS) M.L., di ventisei anni di età, dipendente dell’allora Karton S.p.a., ora K-Holding S.p.a., mentre era occupato nella pulizia di un macchinario nello stabilimento di (OMISSIS) subiva un infortunio sul lavoro, che gli procurava danni fisici irreversibili.

Il lavoratore infortunato, per il tramite del padre, M.V., nominato suo tutore, agiva in giudizio, al fine di ottenere il risarcimento dei danni.

La causa era decisa in primo grado, dopo l’espletamento di consulenza medico legale di ufficio, dal Tribunale di Pordenone, quale giudice del lavoro.

Proposto appello principale da M.V., nella spiegata qualità di tutore, ed incidentale dalla K-Holding S.p.a., la causa era decisa, con la sentenza non definitiva qui impugnata, dal giudice territoriale dell’impugnazione.

La K-Holding S.p.a. impugna per cassazione la detta sentenza non definitiva, n. 00211 del 2017, della Corte di appello di Trieste, giudice del lavoro, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado del giudice del lavoro del Tribunale di Pordenone, ha, per quanto qui ancora rileva, condannato la detta società alla corresponsione, in favore di M.L., della somma, a titolo di danno patrimoniale e non patrimoniale, di Euro 325.283,61 “salvo quanto già corrisposto in esecuzione della sentenza di primo grado” oltre interessi di legge sull’importo del danno non patrimoniale ed ha rimesso al prosieguo del giudizio la questione relativa alle spese di assistenza in favore del macroleso M.L..

Resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale articolato su tre motivi, M.V., quale tutore del figlio L..

Vi è controricorso di K-Holding S.p.a. al ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La sentenza non definitiva della Corte di appello di Trieste, impugnata in questa sede di legittimità, ha statuito unicamente sul risarcimento del danno in favore di M.L., in quanto i genitori ed il fratello del lavoratore infortunato hanno instaurato diverso giudizio, definito parimenti dalla Corte territoriale ed oggetto di separati ricorsi di legittimità, successivamente rinunciati.

La causa è stata trattata, nelle fasi di merito, con il rito delle controversie di lavoro di cui all’art. 413 c.p.c. e segg..

In questa sede non sono stati evidenziati profili specifici di lesione del diritto di difesa da alcuna delle parti e, peraltro, il rito di legittimità è identico, salvo che per la sospensione dei termini nel periodo feriale, che non opera nel detto periodo per le cause di lavoro e previdenziali.

Giova, altresì, premettere che non vi più contestazione tra le parti in ordine alla sussistenza o meno del nesso causale, nè su eventuali percentuali di riparto, in quanto la causa dell’infortunio sul lavoro è stata ritenuta ascrivibile interamente al datore di lavoro.

L’unico motivo del ricorso principale è affidato all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al R.D. n. 1403 del 1922 per contrasto con l’interpretazione della norma fornita dalla giurisprudenza di legittimità e dalla prevalente dottrina, violazione della regola dell’art. 1223 c.c. e dell’art. 1226 c.c. omesso esame di fatto decisivo, violazione artt. 2056 e 2059 c.c.; violazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 in relazione al D.M. Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale pubblicato su G.U. n. 172 del 2000 ed omessa motivazione.

Nel controricorso vi è ricorso incidentale su tre motivi, di cui il primo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su spese successive alla sentenza di primo grado; il secondo per la inclusione o esclusione del prelievo tributario sulle somme spettanti al M.L. e quindi affidato all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, artt. 1223 e 1224 c.c. e artt. 2043,2050 e 2056 c.c.; il terzo per art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 1223 e 1224 c.c. nonchè agli artt. 2043,2050 e 2056 c.c. in relazione all’art. 2087 c.c. sulla necessità della parametrazione del risarcimento sulla base dell’aspettativa di vita del M.L. se non fosse stato vittima dell’infortunio.

Il primo motivo del ricorso principale ed il terzo motivo dell’incidentale attengono entrambi, alla liquidazione del danno non patrimoniale in favore di soggetto ridotto, come risulta pacificamente dalla consulenza medico legale di ufficio, in stato vegetativo senza minima coscienza. I due mezzi, in quanto strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati.

M.L. al momento dell’infortunio aveva ventisei anni.

Sulla base della consulenza tecnica di ufficio medico legale la sua aspettativa di vita residua era di dodici anni e mezzo dal momento del fatto.

La riduzione in dette condizioni di M.L. è stata ritenuta riconducibile esclusivamente al mancato apprestamento di adeguate produzioni antinfortunistiche da parte del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c. e delle norme successivamente intervenute. Ne consegue che lo stesso non può giovarsi, al fine della diminuzione della posta risarcitoria, che deve pertanto essere correttamente appesantita nella sua determinazione, dall’abbreviazione della prospettiva di vita della vittima dell’infortunio sul lavoro. Il danno va, infatti, determinato non soltanto sul tempo di vita residuo, bensì anche, se non soprattutto, sulla qualità della vita residua, che nel caso di specie, sulla base della consulenza tecnica di ufficio, è stata ritenuta di scarsissima rilevanza.

Sul punto si osserva, peraltro, che la sentenza impugnata, con riferimento al diverso tema del danno patrimoniale (mancate retribuzioni) alla pag. 18 evidenzia l’illogicità di una soluzione che consentisse al responsabile del danno di giovarsi “della ridotta aspettativa di vita da lui stessa ingenerata nell’infortunato”.

Giova, inoltre, evidenziare che il motivo di ricorso, unico, come già si è detto, della K-Holding S.p.a. è in parte inammissibile, per specifica carenza di interesse, avendo la detta società già ottenuto, dal giudice di appello, la riduzione della posta liquidata a titolo di danno non patrimoniale.

Il punto è censurato, adeguatamente, dal terzo motivo del ricorso incidentale, che evidenzia l’illogicità dell’argomentazione della corte territoriale in punto di limitazione del risarcimento del danno morale a causa della ridotta aspettativa di vita di M.L..

Giusta quanto sopra evidenziato, il motivo è fondato, in quanto la sentenza in scrutinio ha ingiustificatamente attribuito rilevanza ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale alla situazione nel quale il soggetto leso si è venuto a trovare a causa della condotta del datore di lavoro, il quale, pertanto, non può giovarsi del suo comportamento.

Il ricorso principale è, pertanto, rigettato.

La ricorrente principale soccombente sopporta le spese di lite, liquidate come in dispositivo.

Il terzo motivo del ricorso incidentale è accolto.

Il primo motivo del ricorso incidentale censura la sentenza d’appello per omessa pronuncia sui danni maturati dopo la sentenza di primo grado.

Il mezzo è inammissibile.

La sentenza non definitiva della Corte di appello di Trieste ha rimesso al prosieguo del giudizio la questione delle spese di assistenza per M.L., nella quale, evidentemente, non possono non farsi rientrare, almeno astrattamente e salva diversa valutazione del giudice di merito competente, le spese necessarie per la realizzazione di un’abitazione dotata dei necessari accorgimenti tecnici per consentire un adeguato accudimento in favore del giovane.

Il secondo motivo dell’incidentale è, invece, infondato, in quanto la Corte territoriale ha correttamente liquidato le somme derivanti dalla mancata percezione di redditi da lavoro subordinato (pag. 19 della motivazione), coerentemente con la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 10244 del 26/04/2017): “In tema di imposte sui redditi, in base al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette ad imposizione qualora risultino destinate a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi, mentre non costituiscono reddito imponibile nella diversa ipotesi in cui esse tendano a ristorare un pregiudizio di natura diversa”.

La sentenza in esame deve, pertanto, essere cassata in relazione al detto terzo motivo del ricorso incidentale.

La causa, in quanto sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, è rinviata per nuovo esame in relazione ai motivi del ricorso incidentale accolti, alla Corte di Appello di Trieste, in diversa composizione, che vi provvederà sulla base di quanto statuito in questa sede.

Alla Corte di Appello di rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Si reputa opportuno disporre che in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

PQM

Rigetta il ricorso principale;

condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 10.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, CA ed IVA per legge;

accoglie terzo motivo ricorso incidentale e rinvia la causa alla Corte di Appello di Trieste in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Dispone oscuramento dati identificativi e generalità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione Terza Civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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