Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26312 del 20/12/2016

Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 02/11/2016, dep.20/12/2016),  n. 26312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21008-2015 proposto da:

V.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati WILMA

VISCARDINI DONA’ e GABRIELE DONA’, giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, (già Agenzia delle Dogane);

– intimata –

avverso la sentenza n. 495/14/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, emessa il 13/01/2015 e depositata il 29/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., a seguito della quale parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

La CTR del Lazio, con sentenza n. 495/14/15, depositata il 29 gennaio 2015, non notificata, accolse l’appello proposto dal sig. V.P. nei confronti dell’Agenzia delle Dogane (ora Agenzia delle Dogane e dei Monopoli) avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva invece rigettato il ricorso del contribuente avverso cartella di pagamento e ruolo che traevano origine da originari avvisi di accertamento nei confronti della società London Fruit, società di diritto inglese all’epoca già cancellata dal registro delle imprese e perciò estinta, che erano stati notificati presso l’abitazione del V., sull’erroneo presupposto che ne fosse il legale rappresentante.

La sentenza della CTR accolse l’appello del contribuente sul duplice presupposto che alla London Fruit, società all’epoca degli avvisi di accertamento notificati era già estinta, non potessero essere contestati addebiti fiscali, e che non potesse rinvenirsi la legittimazione passiva del V., che era stato unicamente rappresentante fiscale di detta società per l’Italia, in quanto tale non annoverabile tra i successori della società estinta, ritenendo che “le indicate ragioni” giustificassero la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

Avverso detta sentenza, limitatamente alla statuizione relativa alla disposta compensazione delle spese di lite, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, con il quale denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in combinato disposto con il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

L’intimata Agenzia delle Dogane e dei Monopoli non ha svolto difese. Il motivo è manifestamente fondato.

Invero, pur accogliendo totalmente nel merito l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza di primo grado, rilevando che gli avvisi di accertamento riguardavano contestazioni aventi come destinatario soggetto ormai estinto, la London Fruit, già all’epoca della notifica degli atti impositivi cancellata dal registro delle imprese e che il V., nella sua pregressa qualità di mero rappresentante fiscale (ai fini IVA) di detta società, non fosse annoverabile tra i successori della stessa, ha ritenuto che le indicate ragioni giustificassero la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

Avuto riguardo alla normativa applicabile al tempo della decisione impugnata, la CTR, non essendovi nella fattispecie soccombenza reciproca, giusta il richiamo dell’allora D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, all’art. 92 c.p.c., comma 2, avrebbe dovuto, al fine di esercitare legittimamente la facoltà di compensazione delle spese di lite, valutare la ricorrenza nella fattispecie in esame di gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione.

Viceversa, come si è avuto modo di osservare, la decisione impugnata ha giustificato la compensazione con un mero generico richiamo alle ragioni della decisione che, peraltro, per quanto attengono al V., riposano unicamente sulla rilevata carenza di legittimazione passiva della stesso per difetto della sua qualità di successore della società estinta.

Questa Corte ha già avuto modo di rilevare – proprio riguardo alla formulazione della norma anche in questa sede in esame – come “le gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione” per giustificare la compensazione totale o parziale non possano essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 31 maggio 2016, n. 11222).

In tale vizio è incorsa dunque la decisione impugnata nel riferire la ricorrenza delle condizioni giustificative della compensazione delle spese di lite all’accertata carenza di legittimazione passiva del V. rispetto alla pretesa impositiva dell’Amministrazione delle Dogane, non potendo essere egli qualificato come successore della società già estinta.

Il ricorso va dunque accolto, in conformità alla proposta di cui alla relazione in atti, rispetto alla quale il collegio, vista la memoria che ha insistito in tal senso, ritiene peraltro – anche tenuto conto dell’unicità del patrocinio a mezzo degli stessi difensori di cui si è avvalso il ricorrente e della non occorrenza di ulteriori accertamenti di fatto – di poter definire il giudizio nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con cassazione dell’impugnata pronuncia limitatamente alla disciplina delle spese di lite, con condanna dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli alla rifusione in favore del ricorrente delle spese di lite, provvedendosi in questa sede a liquidare i compensi anche per ciascun grado del giudizio di merito come segue, dando atto della mancanza di prova quanto all’entità degli esborsi sostenuti.

Avuto riguardo al valore della controversia nel doppio grado di merito, ed in considerazione dell’unicità dell’opera prestata, si stima dover liquidare, secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, i compensi professionali in favore dei difensori costituiti in 5000,00 per il primo grado dinanzi alla CTP (compresa la fase cautelare, esclusa quella istruttoria) e, analogamente con riferimento alle suddette fasi, in Euro 6000,00 per il giudizio d’appello dinanzi alla CTR.

Infine, quanto al giudizio di legittimità, di valore indeterminabile in relazione all’unicità del motivo con quale il ricorrente si è doluto esclusivamente della disposta compensazione delle spese del doppio grado di merito, l’Amministrazione intimata va condannata alla rifusione in favore del ricorrente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 2500,00 per compenso.

Ciascuna liquidazione va maggiorata del rimborso delle spese forfettarie ed accessori di legge, se dovuti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla disciplina delle spese di lite e, decidendo nel merito quanto al governo delle spese, condanna l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli alla rifusione in favore del ricorrente delle spese del doppio grado di merito, oltre a quelle del giudizio di legittimità, liquidate come in motivazione, complessivi Euro 2700,00 oltre spese generali ed oneri di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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