Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26310 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, (ud. 04/07/2019, dep. 17/10/2019), n.26310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. VALE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24299/2017 proposto da:

PROVINCIA RELIGIOSA DI SAN PIETRO ORDINE OSPEDALIERO DI SAN GIOVANNI

DI DIO – FATEBENEFRATELLI in persona del Procuratore Speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 76 SC A INT

6, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO BARBATELLI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.V., R.A.S.,

C.C.M., C.G., tutti quali eredi di C.L.

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CATONE 15, presso lo studio

dell’avvocato GIUSEPPE MAZZUCCHIELLO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CLEMENTINA FAFONE;

SOC. CATTOLICA DI ASSICCURAZIONE – SOCIETA’ COOP ARL, in persona del

Procuratore del Dott. B.A., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato

PIERFILIPPO COLETTI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato STEFANIA COLETTI;

– controricorrenti –

nonchè contro

REGIONE CAMPANIA, ASL NAPOLI (OMISSIS) CENTRO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3507/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/07/2019 dal Consigliere Dott. SCODITTI ENRICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARIA GAETANA DI NOCERA;

udito l’Avvocato PIERFILIPPO COLETTI;

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del Tribunale di Napoli la Provincia Religiosa di San Pietro – Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio – Fatebenefratelli, ritenuta responsabile del danno patito da C.L., nato prematuro e rimasto affetto da tetraparesi spastica con grave ritardo psicomotorio, deceduto in corso di causa, fu condannata a pagare ai genitori C.V. e R.S.A. la complessiva somma di Euro 120.000,00 ed agli eredi di C.L., e cioè i predetti genitori e le sorelle C.C.M. e C.G., la complessiva somma di Euro 322.000,00, con condanna di Duomo Unione Assicurazione s.p.a. a tenere indenne la Provincia Religiosa di quanto pagato in forza della sentenza nei limiti del massimale e della copertura assicurativa.

2. Avverso detta sentenza propose appello principale Duomo s.p.a. in relazione alla validità ed efficacia del rapporto di garanzia per l’udienza del 19 dicembre 2011. Si costituì la Provincia Religiosa con comparsa di data 24 novembre 2011 proponendo appello incidentale con cui chiedeva che Duomo s.p.a. fosse condannata a garantirla anche oltre il massimale di polizza per mala gestio contrattuale e che comunque il massimale fosse gravato di interessi e rivalutazione. Successivamente proposero appello incidentale con comparsa di data 29 novembre 2011 C.V. e R.S.A. in proprio e gli eredi di C.L. chiedendo la condanna della struttura sanitaria al pagamento di ulteriori importi. Propose quindi ulteriore appello incidentale con comparsa di data 12 dicembre 2011 la Provincia Religiosa in relazione al rapporto principale.

3. Con sentenza di data 28 luglio 2017 la Corte d’appello di Napoli rigettò l’appello principale e quello incidentale proposto dalla Provincia Religiosa con comparsa di data 24 novembre 2011 e dichiarò inammissibile l’appello incidentale proposto dalla Provincia Religiosa con comparsa di data 12 dicembre 2011; condannò quindi la Provincia Religiosa a pagare a C.V. e R.S.A. in proprio l’ulteriore somma di Euro 190.000,00 ed a pagare agli eredi C. l’ulteriore somma di Euro 497.830,00, con condanna di Duomo s.p.a. a tenere indenne la Provincia Religiosa di quanto pagato in forza della sentenza nei limiti del massimale e della copertura assicurativa.

Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, con riferimento all’appello incidentale proposto dalla Provincia Religiosa con comparsa di data 24 novembre 2011, che la domanda relativa alla mala gesti era nuova in quanto nella comparsa costitutiva di primo grado la parte, senza nulla allegare di specifico sul punto, si era limitata a chiedere l’autorizzazione a chiamare in causa la società assicuratrice affinchè fosse tenuta a “tenere indenne la concludente da tutte le pretese fatte valere dagli attori nei suoi confronti e, conseguentemente, condannare detta società a rivalerla da eventuali condanne a favore degli attori per sorta, interessi, rivalutazione e spese, anche in via di rivalsa”. Aggiunse, con riferimento all’appello incidentale proposto dalla Provincia Religiosa con comparsa di data 12 dicembre 2011, che non era stato rispettato il termine stabilito dall’art. 343 c.p.c., comma 1, perchè “l’interesse a proporre l’appello incidentale era già sorto con l’appello principale giacchè siffatta impugnazione ha reso incerto l’esercizio del diritto di rivalsa spiegato nei confronti dell’assicuratore appellante”. Precisò quindi che l’interesse ad impugnare la sentenza in ordine al rapporto principale, sia pure tardivamente ai sensi dell’art. 334 c.p.c., era sorto per effetto dell’appello principale proposto dalla terza garante condannata in via di rivalsa, prima che i danneggiati proponessero appello incidentale sul quantum debeatur.

4. Ha proposto ricorso per cassazione la Provincia Religiosa di San Pietro – Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio – Fatebenefratelli sulla base di due motivi. Resistono con distinti controricorsi per un verso C.V., R.S.A., C.C.M. e C.G., per l’altro Soc. Cattolica di Assicurazione coop. a r.l. (già Duomo Unione Assicurazione s.p.a.). E’ stata depositata memoria di parte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che nella comparsa conclusionale di primo grado era stata evidenziata la mala gestio dell’assicuratore e la necessità comunque che il massimale dovesse essere gravato da interessi e rivalutazione. Aggiunge che la richiesta di accertamento della mala gestio non è una domanda nuova.

1.1 Il motivo è infondato. La domanda proposta dall’assicurato volta a far valere la mala gestio c.d. propria non può di regola ritenersi compresa nella domanda di garanzia (a meno che quest’ultima non contenga almeno la deduzione degli elementi di fatto inerenti all’altra domanda); ne consegue che, proposta nel giudizio di primo grado la sola domanda di garanzia, la domanda di mala gestio, proposta per la prima volta in appello, deve essere, anche d’ufficio, dichiarata inammissibile (Cass. 10 gennaio 2003, n. 198; 30 agosto 2004, n. 17363; 27 gennaio 2014, n. 1606; 11 luglio 2014, n. 15917). Evidentemente tardivo è il richiamo alla mala gestio nella comparsa conclusionale di primo grado.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 343 e 334 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che l’appello incidentale dichiarato inammissibile aveva ad oggetto i seguenti motivi: errata valutazione delle risultanze istruttorie in ordine all’esclusione della responsabilità della struttura sanitaria; irrisarcibilità del diritto iure hereditatis; errata personalizzazione del danno; errato riconoscimento dell’an e comunque eccessiva quantificazione del danno morale alle sorelle; eccessiva quantificazione delle spese processuali. Precisa che se è vero che l’appello principale avrebbe potuto far sorgere nella ricorrente l’interesse a proporre un appello in relazione al quantum debeatur, è stato l’appello incidentale proposto dai C.- A. a far sorgere un autonomo interesse all’appello incidentale tardivo. Aggiunge che la cassazione della sentenza di appello in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’appello incidentale in discorso comporta la caducazione dell’accoglimento dell’appello incidentale proposto dai C. – A., che non sarebbe potuto essere valutato se non dopo la valutazione dell’appello incidentale proposto dalla Provincia Religiosa.

2.2. Il motivo è infondato, ma deve essere corretta la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

Deve premettersi che nel sistema processuale vigente l’impugnazione proposta per prima determina la costituzione del rapporto processuale, nel quale devono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti perchè sia mantenuta l’unità del procedimento e sia resa possibile la decisione simultanea. Ne consegue che, in caso di appello, le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale, siano esse impugnazioni incidentali tipiche (proposte, cioè, contro l’appellante principale), siano, invece, impugnazioni incidentali autonome (dirette, cioè, a tutelare un interesse del proponente che non nasce dall’impugnazione principale, ma per un capo autonomo e diverso della domanda), e debbono essere proposte nel termine previsto dall’art. 343 c.p.c., comma 1, (Cass. 30 aprile 2009, n. 10124; 11 ottobre 2006, n. 21745).

In base all’art. 343, comma 2, se l’interesse a proporre l’appello incidentale sorge dall’impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa. Come è stato affermato da Cass. 7 febbraio 2017, n. 3129, allorchè l’art. 343 c.p.c., comma 2, “allude all’insorgenza in capo ad una parte, dell’interesse ad impugnare per effetto dell’impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, fa riferimento ad una posizione di soccombenza del soggetto del cui interesse sopravvenuto ragiona, che deve appunto divenire suscettibile di discussione solo a causa dell’impugnazione altrui, cioè perchè tale impugnazione rimette in discussione un esito della lite che era favorevole e cui, però, si è pervenuti, da parte della sentenza impugnata, attraverso una motivazione che ha disatteso taluna delle difese svolte da parte di colui che poi alla fine è rimasto vittorioso. La norma allude, cioè, ad una soccombenza non effettiva, bensì virtuale, cioè su questioni. Poichè l’impugnazione della parte diversa da quella che ha proposto l’impugnazione principale rimette in discussione la vittoria della parte di cui trattasi quanto all’esito finale, a questa deve essere data la possibilità di introdurre nel processo di impugnazione le questioni su cui la sentenza, prima di dargli ragione come esito finale, gli ha dato torto”.

L’art. 343, comma 2, non poteva trovare applicazione perchè la parte che avrebbe dovuto proporre l’appello incidentale ai sensi di tale norma era una parte soccombente effettiva. Non restava quindi che l’art. 343, comma 1 e dunque la necessità di proporre l’appello incidentale, a pena di decadenza, nella comparsa di costituzione in cancelleria. L’appello incidentale dichiarato inammissibile non era stato proposto con la comparsa di costituzione, ma con una comparsa successiva a seguito dell’appello incidentale proposto dalla parte danneggiata, e dunque tardivamente.

3. La correzione della motivazione, avuto riguardo alla peculiarità della questione processuale, costituisce ragione di compensazione delle spese processuali.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1 – quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Dispone la compensazione delle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Dispone che in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle persone fisiche riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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