Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26304 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. I, 18/10/2018, (ud. 14/09/2018, dep. 18/10/2018), n.26304

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29947/2017 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ludovisi n.

35, presso lo studio dell’avvocato Lauro Massimo, rappresentato e

difeso dall’avvocato Nappi Severino, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.M.R., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato Loffredo Francesca, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4061/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

pubblicata il 09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2018 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione in riassunzione notificato il 15 giugno 2012, R.M.R. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, M.G., chiedendo dichiararsi che il medesimo era suo padre naturale, per avere intrattenuto rapporti con la propria madre, R.A., fino all'(OMISSIS). Il Tribunale adito, con sentenza n. 6233/2015, accoglieva la domanda, dichiarando che R.M.R. era figlia naturale di M.G., ed ordinando l’annotazione della sentenza in calce all’atto di nascita dell’attrice.

2. Con sentenza n. 4061/2017, depositata il 9 ottobre 2017, la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello proposto dal M., confermando in toto l’impugnata sentenza. La Corte riteneva comprovata, alla stregua degli accertamenti peritali esperiti in appello anche nei confronti della madre della R., la paternità naturale di quest’ultima in capo a M.G..

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso M.G. nei confronti di R.M.R., affidato a due motivi. La resistente ha replicato con controricorso e con memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, M.G. denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

1.1. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto di disporre un rinnovo della C.T.U., peraltro inspiegabilmente – limitandolo al solo esame della madre della R.. La consulenza, peraltro, sarebbe stata espletata, oltre che parzialmente, in modo non corretto dal punto di vista scientifico, essendone derivato, pertanto, un esito del tutto inattendibile.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.2.1. Il giudizio sulla necessità ed utilità di disporre una consulenza tecnica d’ufficio, la delimitazione dell’incarico peritale, e l’eventuale rinnovo della c.t.u. rientrano, infatti, nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile in Cassazione (Cass., 16/07/2003, n. 11143; Cass., 03/03/2005, n. 4652; Cass., 25/07/2006, n. 16980), quando – come nella specie – il giudice di merito abbia adeguatamente indicato le ragioni che lo inducono a disporre, ad integrare o a rinnovare un accertamento peritale.

1.2.2. Quanto al modus procedendi del consulente ed alla valenza scientifica dell’elaborato, va rilevato che si tratta certamente di questioni di merito, non esaminabili in questa sede. Ed invero, è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge o un vizio di motivazione (ne limiti in cui è ora deducibile) mirando il ricorrente, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., 04/04/2017, n. 8758; Cass., 07/12/2017, n. 29404; Cass., 04/08/2017, n. 19547; Cass., 02/08/2016, n. 16056).

1.3. La doglianza va, pertanto, disattesa.

2. Con il secondo motivo di ricorso, M.G. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 194 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. L’istante lamenta che la Corte d’appello non abbia dichiarato la nullità della c.t.u., come “dedotto nel corso del giudizio di merito e ribadito in sede conclusionale”, per non avere il consulente mostrato alcun dati necessari ai consulenti di parte.

2.2. Il mezzo è inammissibile.

2.2.1. Va osservato, al riguardo, che la nullità della consulenza tecnica d’ufficio è soggetta al regime di cui all’art. 157 c.p.c., avendo carattere di nullità relativa, e deve, pertanto, essere fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanata (Cass., 15/06/2018, n. 15747; Cass., 31/01/2013, n. 2251).

2.2.2. Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente non ha neppure indicato – in violazione del principio di autosufficienza – in quale atto difensivo abbia dedotto tale pretesa nullità, essendosi limitato ad asserire genericamente di averla sollevata in corso di causa ed “in sede conclusionale”, rilevandosi, peraltro, dall’impugnata sentenza che la contestazione circa l’operato del c.t.u. sarebbe stata, oltre tutto, assolutamente generica, non avendo il M. neppure indicato “quale sia la richiesta formulata al consulente di ufficio nè le circostanze e motivazioni del rifiuto che questi avrebbe opposto alla detta richiesta” (p. 7). La censura è, di conseguenza, inammissibile.

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente, in favore della controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge, con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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