Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26300 del 29/09/2021

Cassazione civile sez. III, 29/09/2021, (ud. 01/12/2020, dep. 29/09/2021), n.26300

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26814/2019 proposto da:

AOU AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA CITTA’ SALUTE SCIENZA

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RIPETTA 22, presso

lo studio dell’avvocato SERGIO RUSSO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SILVIA DI PALO;

– ricorrenti –

contro

M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FREGENE 53,

presso lo studio dell’avvocato LANFRANCO CUGINI, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati UMBERTO PENCO SALVI, MARCELLO

GRATTAROLA;

P.F., elettivamente domiciliato in CIAMPINO, V. LE ROMA

11, presso lo studio dell’avvocato LANFRANCO CUGINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO PEDULLA’;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 943/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 3/6/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

1/12/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 3/6/2019 la Corte d’Appello di Torino, in accoglimento dei gravami interposti dal sig. P.F. e dalla sig. M.D. – entrambi in proprio e quali eredi del defunto figlio P.S. – e in conseguente riforma della pronunzia – emessa su riuniti giudizi – Trib. Torino 12/1/2018, ha accolto le domande (parzialmente quella del primo, in toto quella della seconda) dai medesimi in origine proposte – in proprio e nella qualità – nei confronti della Azienda Ospedaliero Universitaria “Città della Salute e della Scienza di (OMISSIS)” di risarcimento dei danni rispettivamente sofferti in conseguenza di tetraparesi spastica e inguaribili lesioni, con invalidità al 100%, di cui il suindicato P.S. è risultato affetto all’esito di grave sofferenza cerebrale per asfissia intra partum cagionata dalla negligente ed imperita condotta del personale medico dell’Ospedale (OMISSIS) durante l’assistenza al parto avvenuto il (OMISSIS).

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’Azienda Ospedaliero Universitaria “Città della Salute e della Scienza di (OMISSIS)” propone ora ricorso per cassazione affidato a 9 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi il P. e la M., che hanno presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 6 motivo, che va anzitutto esaminato in quanto logicamente prioritario, la ricorrente denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 101,112,113,115,116 c.p.c., art. 1223 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente quantificato il danno in applicazione delle Tabelle di Milano del 2018, in quanto “le tabelle milanesi prevedono… il primo importo (52,342,00) per il primo anno di vita… solo se il danneggiato non supera – appunto – il primo anno di vita”, laddove “se il danneggiato raggiunge o supera il secondo anno di vita, per i primi due anni, complessivamente e cumulativamente intesi, è prevista la somma di Euro 91.755,00”, somma viceversa liquidata “(erroneamente) per il secondo e terzo anno di vita”, con liquidazione “(solo) dal quarto anno in poi” della “somma di Euro 26.216,00” invero prevista “dal terzo anno in poi”, sicché il totale da correttamente liquidarsi ammonta in realtà ad Euro 406.347,00, in luogo della somma di Euro 524.318,00 liquidata dal giudice del gravame.

Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

E’ rimasto nel giudizio di merito accertato che nella specie P.S. è nato con grave sofferenza cerebrale per asfissia intra partum cagionata dalla negligente ed imperita condotta del personale medico dell’Ospedale (OMISSIS) durante l’assistenza al parto del (OMISSIS), riportando una tetraparesi spastica con invalidità al 100% fino alla morte, sopraggiunta il (OMISSIS), all’età di 14 anni.

In riforma della sentenza di 1 grado il giudice del gravame ha nell’impugnata sentenza accolto in toto la domanda di risarcimento dei danni originariamente proposta dalla madre del piccolo S.; ha viceversa solo parzialmente accolto la domanda del piccolo S. e del padre sig. P.F., di risarcimento dei danni dai medesimi rispettivamente lamentati.

Quanto al danno non patrimoniale sofferto dalla madre del piccolo S., la corte di merito ha fatto correttamente luogo alla relativa valutazione ex art. 1226 c.c., che come questa Corte ha già avuto modo di affermare è rimessa al prudente criterio valutativo del giudice di merito non soltanto quando la determinazione del relativo ammontare sia impossibile ma anche quando, in relazione alle peculiarità del caso concreto, la stessa si presenti particolarmente difficoltosa (v. Cass., 4/4/2019, n. 9339; Cass., 9/5/2003, n. 7073; Cass., 17/5/2000, n. 6414. E già Cass., 4/7/1968, n. 2247), essendosi al riguardo da questa Corte precisato che ove ne sussistano le condizioni il giudice può fare ricorso al criterio della liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., anche senza domanda di parte, trattandosi di criterio rimesso al suo prudente apprezzamento, e potendo tale facoltà essere esercitata d’ufficio pure dal giudice di appello (v. Cass., 5/2/2021, n. 2831; Cass., 24/1/2020, n. 1636. E già Cass., 17/11/1961, n. 2655).

Del pari correttamente ha fatto applicazione delle Tabelle di Milano del 2018, aggiornate al momento dell’impugnata decisione (cfr. Cass., 28/6/2018, n. 17018).

Tale giudice ha infatti a tale stregua deciso in conformità al principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale il ristoro pecuniario del danno non patrimoniale non può mai corrispondere (diversamente dal danno patrimoniale) alla relativa esatta commisurazione, imponendosene pertanto sempre la valutazione equitativa (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972, cit.; Cass., 31/5/2003, n. 8828. E già Cass., 5/4/1963, n. 872, Cfr. altresì Cass., 10/6/1987, n. 5063; Cass., 1 /4/1980, n. 2112; Cass., 11/7/1977, n. 3106), volta alla determinazione della “compensazione economica socialmente adeguata” del pregiudizio, quella che “l’ambiente sociale accetta come… equa” (in ordine al significato che nel caso assume l’equità v. Cass., 7/6/2011, n. 12408), che il giudice deve effettuare con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, in considerazione in particolare della rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e dei vari fattori incidenti sulla gravità della lesione (v. Cass., 14/7/2015, n. 14645), al fine di accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio lamentato, individuando quali ripercussioni negative – patrimoniali e non patrimoniali – siano dal danno evento conseguite per il danneggiato, e provvedendo al relativo integrale ristoro (v. Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972).

Com’e’ noto, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale da sinistro stradale idonea soluzione si è ravvisata essere invero quella costituita dal sistema delle tabelle (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972. V. altresì Cass., 13/5/2011, n. 10527), e il D.Lgs. n. 209 del 2005, ha introdotto la tabella unica nazionale per la liquidazione delle invalidità c.d. micropermanenti.

In assenza di tabelle normativamente determinate, come ad esempio per le c.d. macropermanenti e per le ipotesi come nella specie diverse da quelle oggetto del suindicato decreto legislativo, il giudice fa invero normalmente ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei diversi tribunali (per l’affermazione che tali tabelle costituiscono il c.d. “notorio locale” v. in particolare Cass., 1/6/2010, n. 13431), la cui utilizzazione è stata dalle Sezioni Unite avallata nei limiti in cui esse consentano al giudice, (anche) mediante l’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale, valutare l’effettiva consistenza delle sofferenze fisiche e psichiche subite dal soggetto leso, al fine “di pervenire al ristoro del danno nella sua interezza” (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972).

Come questa Corte ha ormai da tempo avuto modo di precisare, la mancata adozione da parte del giudice di merito delle Tabelle di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui il giudicante appartiene, integra invero violazione di norma di diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408, e, da ultimo, Cass., 6/5/2020, n. 8508), i parametri delle Tabelle di Milano dovendo prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente pervenuto utilizzando tabelle diverse da quelle di Milano, ovvero altri criteri di liquidazione, essendo incongrua la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una quantificazione che -avuto riguardo alle circostanze del caso concreto- risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano consente di pervenire (v. Cass., 30/6/2011, n. 14402. E, conformemente, Cass., 20/8/2015, n. 16992; Cass., 19/10/2016, n. 21059).

Orbene, nella specie, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale sofferto dal minore deceduto e trasmesso ai predetti congiunti iure hereditatis, avuto in particolare riguardo alla “lesione subita da P.S. del bene salute definito da premorienza”, nel fare riferimento alle tabelle di Milano aggiornate al 2018 (dall’odierna ricorrente debitamente riportate nel ricorso in ossequio al disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) la corte di merito ha liquidato, per il primo anno, il 100% del punto base corrispondente ad Euro 26.216,00 (e così per complessivi Euro 52.342,00); “per il secondo e il terzo anno” ha liquidato “Euro 91.755,00”; “per gli anni dal quarto al quattordicesimo” ha liquidato il suindicato punto base senza maggiorazioni, per “un importo così risultante di Euro 524.318,00 (= 52.342,00 + 91.755,00 + 26.216,00)”.

Siffatto computo è tuttavia errato, giacché come si evince dalle riportate Tabelle di Milano la corresponsione del 100% in più del punto base di Euro 26.216,00 è dovuta (solo) per il primo anno, mentre per il secondo anno è prevista la corresponsione del 50% in più (pari all’ammontare di Euro 39.324,00).

A tale stregua, per i primi due anni è dovuto l’importo complessivo di Euro 91.755,00.

L’importo del punto base senza maggiorazioni è dovuto dal 3 anno in poi, e non già dal 4^ anno in poi, come erroneamente indicato dalla corte di merito nell’impugnata sentenza, ove anche per il terzo anno risulta essere stato liquidato il suindicato più elevato ammontare di Euro 91,755,00.

Il corretto ammontare complessivamente da liquidarsi ammonta dunque in realtà ad Euro 406.347,00, e non già ad Euro 524.318,00, somma dalla corte di merito erroneamente liquidata nell’impugnata sentenza.

Detta somma è stata quindi, con congrua motivazione (“in considerazione delle criticissime condizioni personali del figlio seguite alla grave patologia cerebrale e ricadute nella sua vita quotidiana”), dalla corte di merito “”personalizzata” con un incremento… pari al 25%”, importo che, “devalutato alla data della morte di P.S…. e quindi implementato da tale data degli interessi legali e della rivalutazione monetaria maturati fino ad oggi” è stato finalmente determinato nell’ammontare di “Euro 666.841,48 – che spetta iure hereditatis a entrambi i genitori e, a ciascuno, nel valore dimidiato di Euro 330.920,74”.

Orbene, alla stregua di quanto sopra rilevato ed esposto il suindicato addendo di Euro 524.318,00 va invero sostituito con quello pari ad Euro 406.347,00, da prendere a corretta base di calcolo per rideterminare, con le modalità indicate nell’impugnata sentenza, l’ammontare della somma che, una volta dimidiata, spetta a ciascun genitore.

L’impugnata sentenza va per il resto confermata.

Quanto al “danno iure proprio da perdita del rapporto parentale” sofferto dalla M., va osservato che, nel sottolineare l’intenzione di “valorizzare l’elevatissima componente del danno c.d. morale, potendosi senza difficoltà presumere sia lo spessore indicibile e… temporalmente prolungato della sofferenza della madre innanzi a una simile dolorosa evenienza, sia l’impegno da lei profuso… nell’assistenza giornaliera e nella sorveglianza notturna del figlio”, e nel porre in rilievo il “fatto che P.S. non ha subito un immediato decesso, ma questo è avvenuto dopo molto tempo dall’insulto ipossico-ischemico alla nascita”, del tutto correttamente nell’impugnata sentenza la corte di merito l’ha liquidato “con importo complessivo… pressoché coincidente con il valore massimo tabellare”, trattandosi di importo compreso nell’ambito dei valori previsti dalle tabelle in uso all’epoca della decisione, dalla corte di merito determinato nel legittimo esercizio dei propri poteri e congruamente motivato, siffatta valutazione pertanto sottraendosi al controllo in sede di legittimità (cfr. Cass., 30/6/2011, n. 14402; e, da ultimo, Cass., 6/5/2020, n. 8508; Cass., 18/0/2021, n. 7597; Cass., 25/6/2021, n. 18285).

Va al riguardo ulteriormente sottolineato che i giudici di merito hanno liquidato tale danno facendo applicazione delle Tabelle di Milano, e in difetto di doglianza alcuna mossa al riguardo dalle parti si è sul punto formato invero giudicato implicito, con conseguente inapplicabilità nella specie del principio affermato da Cass. n. 10579 del 2021, ove si è affermato che in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un’adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul “sistema a punti”, che preveda, oltre all’adozione del criterio a punto, l’estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l’elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l’indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l’eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella. Tabella che, allo stato, risulta essere quella di Roma.

Con il 1 e il 7 motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con il 2 motivo denunzia”violazione e falsa applicazione” degli artt.

1223, 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia”violazione e falsa applicazione” degli artt.

115, 116 c.p.c., artt. 1223, 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 4 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 1218 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 5 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Con l’8 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’art. 342 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 9 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli artt. 1218,2043,2049 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Atteso che con valutazione di fatto non censurabile in sede di legittimità in presenza come nella specie di congrua motivazione, che la corte di merito ha individuato ed espressamente indicato nel “mancato monitoraggio cardiotocografico in periodo espulsivo” e nella “mancata esecuzione sia dell’esame emogasanalitico sul sangue cordonale sia dell’esame istologico e anatomo-patologico della placenta”, con “ampia estensione temporale dell’omissione”, oltre che “nell’imprecisione e nell’incompletezza della cartella clinica”, il sostanziarsi della condotta colposa mantenuta dal personale sanitario che ha (con alta probabilità) nella specie assunto decisivo rilievo nella determinazione del suindicato danno evento, in quanto “espressione del deficit euristico e prognostico esattamente conseguente e simmetrico alle omissioni diagnostiche”, va osservato che inammissibilmente l’odierna ricorrente si duole invero dell’erronea valutazione delle emergenze processuali, e in particolare della prodotta documentazione medica e dell’espletata CTU di natura percipiente, quest’ultima in particolare fonte oggettiva di prova (cfr. Cass., 28/2/2019, n. 5800; Cass., 22/2/2016, n. 3428; Cass., 30/9/2014, n. 20548; Cass., 27/8/2014, n. 18307; Cass., 26/2/2013, n. 4792; Cass., 13/3/2009, n. 6155; Cass., 19/1/2006, n. 1020).

Va per altro verso posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, la ricorrente deduca in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie vizi della motivazione ovvero l’omesso e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Con particolare riferimento al 9 motivo di ricorso, deve altresì sottolinearsi che nel ravvisare la responsabilità dell’odierna ricorrente in ragione della condotta negligente dei sanitari causalmente determinativa dell’evento dannoso de quo la corte di merito ha fatto invero corretta applicazione del principio affermato da questa Corte in base al quale la struttura sanitaria (oltre che a titolo contrattuale per fatto proprio ex art. 1218 c.c., per quelli dipendenti dall’inadeguatezza della struttura), in ossequio al principio cuius commoda eius et incommoda o, più precisamente, dell’appropriazione o dell’avvalimento dell’opera del terzo (v. Cass., 27/8/2014, n. 18304), risponde dei danni patiti dal paziente cagionati dalla condotta colposa dei sanitari (cfr. Cass., 18/4/2019, n. 10812; Cass., 3/2/2012, n. 1620; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 577; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/5/2006, n. 12362) di cui -a prescindere dalla sussistenza di un rapporto contrattuale (v. Cass., 11/12/2012, n. 22619; Cass., 21/2/1998, n. 1883; Cass., 20/4/1989, n. 1855)- si avvale nell’adempimento della propria obbligazione (artt. 1228 e 2049 c.c.: v. Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 4/3/2004, n. 4400; Cass., 8/1/1999, n. 103).

Emerge evidente, a tale stregua, come l’odierna ricorrente in realtà inammissibilmente prospetti invero una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Alla fondatezza del 6 motivo nei suindicati termini consegue, rigettati gli altri, la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, che ex art. 384 c.p.c., comma 2, può essere decisa nel merito (come anche dai controricorrenti richiesto nei propri scritti difensivi), con la liquidazione della somma di Euro 406.347,00 a titolo di danno non patrimoniale subito dalla M. “derivante dalla lesione subita da P.S. del bene salute”, e conferma dell’impugnata sentenza per il resto, anche relativamente alle spese del giudizio di merito, stante la persistente sostanziale soccombenza dell’odierna ricorrente e allora appellante incidentale.

Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il 6 motivo di ricorso, rigetta gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e decidendo la causa nel merito dispone che l’ammontare del danno non patrimoniale iure hereditatis da dimidiare in favore di ciascuno dei genitori sia determinato prendendo a base di calcolo la somma di Euro 406.347,00, nei termini di cui in motivazione. Conferma l’impugnata sentenza per il resto, anche relativamente alle spese del giudizio di merito. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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