Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26296 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. I, 18/10/2018, (ud. 11/07/2018, dep. 18/10/2018), n.26296

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23185/2014 proposto da:

ABM Costruzioni S.r.l., già CA.DO.RA. Costruzioni s.r.l., in proprio

e quale capogruppo mandataria dell’ATI costituita tra la stessa e la

soc. coop. TENAX s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via degli Scialoja n.

18, presso lo studio dell’avvocato Magliocca Antonio, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Metrosud S.C. a R.L., in Liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Gregorio VII n. 500

presso lo studio dell’avvocato Sepe Nicola, rappresentata e difesa

dall’avvocato Bernasconi Roberto, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 759/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2018 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha chiesto il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 4.5.2012, il Tribunale di Napoli rigettava le domande con cui la S.r.l. CA.DO.RA. Costruzioni (ora ABM Costruzioni S.r.l.), capogruppo dell’ATI con la Società Tenax S.c.r.l. e subappaltatrice della Metrosud S.c.r.l. dei lavori relativi alla Stazione (OMISSIS), aveva chiesto la risoluzione del sub-appalto per inadempimento dell’appaltatrice, e la condanna al pagamento di indennizzi e danni.

Con sentenza del 19.2.2014, la Corte d’Appello di Napoli dichiarava inammissibile il gravame della ABM Costruzioni, evidenziando che la sentenza di primo grado non era stata notificata, che il termine lungo, computato il periodo feriale, andava a scadere il 19.6.2013, sicchè la citazione d’appello, notificata il successivo giorno 24, era tardiva. In particolare, la Corte ha rilevato che la scusabilità dell’errore nell’individuazione del luogo di notifica, a seguito della messa in liquidazione della Società appellata e del cambio di sede sociale, non era sussistente, in quanto la prima notifica era stata tentata il 12.6.2013 e la ripresa del procedimento notificatorio non era intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, avendo l’appellante provveduto a consegnare l’atto all’ufficiale giudiziario, solo, il 20.6.2013, senza neanche la richiesta di “urgenza”.

Per la cassazione della sentenza, ricorre ABM Costruzioni S.r.l. con un mezzo, al quale Metrosud S.c.r.l. in liquidazione resiste con controricorso. Il PG ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col proposto ricorso, si deduce che, nel dichiarare inammissibile l’appello, la Corte territoriale sia incorsa nella violazione e falsa applicazione dell’art. 327 c.p.c., e dei principi in tema di errore scusabile. La ricorrente lamenta che la sentenza non ha tenuto conto che: a) la prima notifica era stata indirizzata, con dicitura “urgente”, alla parte personalmente nel luogo indicato in seno alla sentenza del Tribunale, in quanto il suo procuratore costituito, Avv. Paolo Minervini, era deceduto prima dell’interposizione del gravame; b) che la restituzione dell’atto, attestante la mancata consegna al destinatario, trasferitosi, risaliva al 19 giugno 2013; c) che la ripresa del procedimento notificatorio, con la consegna all’Ufficiale giudiziario per la nuova notifica, anch’essa richiesta con urgenza, era avvenuta il 20 giugno a distanza di appena un giorno dalla scadenza del termine lungo, termine che non poteva non ritenersi ragionevolmente contenuto. Andava, in conseguenza applicata la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 4842 del 2012) che considerava in simili casi tempestivo il gravame, con riferimento alla prima notifica, e, comunque, sussistente il suo errore scusabile.

2. Disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, adeguatamente specifico, lo stesso va rigettato, anche se va corretta la motivazione. 3. Premesso che la richiesta di notifica dell’atto d’appello alla parte personalmente i in ragione del decesso del procuratore costituito in prime cure per la Metrosud, è corretta (la circostanza che, come specificato da detta parte, tale evento si sia verificato nel corso del giudizio di primo grado il 24.3.2009 non spiega effetti, in quanto la sentenza che lo ha definito, resa in pendenza del giudizio interrotto ex art. 301 c.p.c., avrebbe potuto esser dichiarata nulla ad istanza della sola medesima parte colpita dall’evento, che, vittoriosa, non l’ha avanzata), il diretto esame degli atti, consentito in ragione del vizio dedotto, ha consentito di appurare che l’atto d’appello è stato consegnato all’Ufficiale giudiziario per la notifica “urgente” nei confronti della parte personalmente in data 11 giugno 2013, la relata negativa, attestante la mancata notifica per il trasferimento di sede dell’appellata risale al 12 giugno, mentre non è documentato quando l’appellante abbia appreso della mancata consegna, riferendosi a pag. 9, che ciò era avvenuto in occasione dell’iscrizione a ruolo con “velina” il giorno 18, ed, invece, a pag. 17, che la notizia era stata data il giorno 19, in occasione della restituzione dell’atto da parte dell’Ufficio notifiche. Consta che è stata quindi richiesta la notifica urgente il 20 giugno, andata a buon fine giorno 24.

Considerato che la data di deposito della sentenza impugnata è del 4.5.2012, il termine lungo andava a scadere il giorno 19.6.2013, sicchè, tenuto conto del principio, acquisito all’ordinamento, della scissione degli effetti del procedimento di notificazione degli atti processuali, l’impugnazione sarebbe tempestiva dando rilievo alla data del’11.2.2013 di originaria richiesta della notificazione, mentre sarebbe tardiva se si considerasse la data di richiesta di notificazione del 20 giugno.

4. Ora, la giurisprudenza di questa Corte, invocata dal ricorrente, ha affermato il condivisibile principio secondo cui: “In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (Cass. S.U. n. 17352 del 2009; Cass. n. 586 del 2010; n. 586 del 2010; n.6846 del 2010; n.21154 del 2010; n. 26518 del 2011; n. 4842 del 2012; n. 18174 del 2012; n. 20830 del 2013), tempi che le SU di questa Corte, con sentenza n. 14594 del 2016 hanno precisato non poter superare il limite pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (Cass. n. 19059 del 2017; n. 11485 del 2018).

5. A tale stregua, la questione da risolvere, a monte dell’indagine circa i tempi della ripresa del procedimento notificatorio, su cui si è soffermata la Corte territoriale, riguarda la sussistenza della non imputabilità alla ricorrente della mancata conclusione della prima notifica, in quanto tutta l’elaborazione giurisprudenziale anzidetta è volta, appunto, a salvaguardare solo la posizione delle parti che senza loro responsabilità non abbiano conseguito un tempestivo perfezionamento della notificazione (ipotesi, questa, di notifica rimasta solo tentata e dunque mancata, diversa da quella di notifica viziata, di cui a Cass. SU n. 14916 del 2016), diversamente operando la decadenza dall’impugnazione.

6. Tale indagine va risolta in senso negativo per la ricorrente, tenuto conto che, dato il decesso del procuratore e la necessità della notifica alla parte personalmente, l’appellante avrebbe dovuto controllare, mediante opportuna visura camerale ed usando la dovuta diligenza, se, decorso oltre un anno dal deposito della sentenza, la stessa avesse o meno mutato la propria sede, in quanto l’indicazione del luogo di consegna dell’atto, oltre che indispensabile al buon esito della notifica, concorre all’identificazione del destinatario di essa, ed il relativo accertamento costituisce un adempimento preliminare a carico del notificante: la decadenza dall’impugnazione non può dunque, già in astratto, dirsi avvenuta per causa non imputabile alla parte, e la conclusione è comunque obbligata, in concreto, dato che la ricorrente non solo non ha precisato quando, in realtà, abbia appreso della mancata consegna – che è stata certificata ben sette giorni prima della scadenza del termine lungo – e dunque gli stessi presupposti fattuali che avrebbero impedito la tempestiva riattivazione del processo notificatorio, ma ha pure riferito che la visura camerale sarebbe stata effettuata il 19 giugno (pag. 17), e, cioè, in tempo per provvedere alla tempestiva consegna dell’atto all’Ufficio Notifiche.

7. Il richiamo all’errore scusabile del processo amministrativo (R.D. n. 1054 del 1924, art. 36; L. n. 1034 del 1971, art. 34,ora D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 37) non è effettuato a proposito dalla ricorrente, in quanto, secondo la consolidata elaborazione dei giudici amministrativi (Cons. Stato n. 199 del 2017, 1965 del 2017; n. 3494 del 2016; n. 889 del 2015; n. 3964 del 2014) esso va identificato nei casi in cui sia dovuto ad oscurità e ambiguità della normativa applicabile, a cambiamento del quadro legislativo, a contrasti giurisprudenziali o ad attività macroscopicamente equivoche o contraddittorie poste in essere dall’amministrazione, evenienze qui non ravvisabili.

8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna alle spese, che si liquidano in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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