Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26294 del 28/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/09/2021, (ud. 13/05/2021, dep. 28/09/2021), n.26294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8728-2020 proposto da:

C.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati MARIO ANZISI, ALFREDO

VAGLIECO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore” elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6445/14/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

 

Fatto

RILEVATO

che C.M.L. propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Campania, di parziale accoglimento dell’appello proposto avverso una sentenza CTP Napoli, che aveva respinto il ricorso da lei proposto avverso un avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle entrate territorio, a seguito di attivazione da parte sua della procedura DOCFA, riferita ad un locale commerciale sito in (OMISSIS), aveva elevato la classificazione da lei proposta da cat. C/1 classe 10 a cat. C/1 classe 12. La CTR, premessa l’adeguata motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, aveva ritenuto congrua la classe 10, attribuita all’immobile dalla contribuente in sede di DOCFA, confermando tuttavia la maggior superficie valutabile (mq. 156, in luogo dei mq. 57 proposti dalla contribuente).

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale la ricorrente lamenta violazione L. n. 241 del 1990, art. 3,L. n. 212 del 2000, art. 7,D.M. n. 701 del 1994, art. 1 e D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 38, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’ufficio aveva disatteso gli elementi di fatto da lei indicati nella proposta di accatastamento formulata in sede di DOCFA; e poiché sussisteva tale divergente valutazione di detti elementi, sarebbe stata necessaria una motivazione più approfondita in ordine alle differenze riscontrate, al fine di consentirle di approntare le consequenziali sue difese in sede di contenzioso; in particolare essa ricorrente aveva lamentato sia in primo che in secondo grado la mancata allegazione degli esiti del sopralluogo tecnico esperito dall’ufficio e nulla era stato riferito rispetto alla dimensione e tipologia dell’immobile, nonché alla sua qualità e stato edilizio;

che l’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso;

che l’unico motivo di ricorso proposto dalla ricorrente è inammissibile;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di riqualificazione catastale degli immobili, avvenuta, come nella specie in esame, a seguito di procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso emesso dall’ufficio è da ritenere soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’ufficio e l’eventuale differenza fra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica circa il valore economico del bene (cfr. Cass. n. 31809 del 2018; Cass. n. 12005 del 2020);

che, nella specie, non c’e’ convergenza fra gli elementi di fatto indicati dalla contribuente nella procedura DOCFA attivata e quelli fatti propri dall’ufficio in termini di connotati intrinseci dell’unità immobiliare interessata alla revisione catastale; e, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 12777 del 2018; Cass. n. 12497 del 2016; Cass. n. 8344 del 2015), in caso di attribuzione di classe catastale avvenuta a seguito della c.d. procedura “DOCFA”, disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, convertito con modificazioni con la L. n. 75 del 1993 e dal D.M. n. 701 del 1994, l’atto con il quale l’amministrazione disattende le indicazioni di fatto fornite dal contribuente, circa le caratteristiche intrinseche e salienti dell’immobile censito, deve contenere un’adeguata motivazione, idonea a delimitare l’ambito di una successiva ed eventuale controversia giudiziale;

che, nella specie, la sentenza impugnata ha indicato in modo sintetico, ma pur esaustivo, le ragioni, per le quale, immutata la categoria C/1 dell’immobile, ha ritenuto più pertinente la classe 10, proposta dalla ricorrente, in luogo della più elevata classe 12 attribuita dall’ufficio, confermando tuttavia la più elevata metratura dell’immobile, riscontrata dall’ufficio in sede di accesso in loco (mq. 156 in luogo dei 57 mq indicati dalla ricorrente), ricomprendendo nella metratura del locale anche un locale interrato; e costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile nella presente sede di legittimità, l’avere la CTR disatteso quanto sostenuto dalla ricorrente, che, cioè, l’ulteriore spazio del locale interrato non fosse adeguatamente utilizzabile perché umido e di altezza non omogenea;

che, in tal modo, la CTR ha adeguatamente preso in esame le caratteristiche proprie dell’immobile, sottoposto a revisione catastale, avendo la stessa confermato la classe 10 dell’immobile, proposta dalla ricorrente in sede di DOCFA, in luogo della classe 12 attribuita dall’ufficio; avendo altresì ritenuto inadeguata la comparazione fatta dall’ufficio fra l’immobile in esame ed altri immobili dello stesso tipo, ubicati sulla medesima via; avendo infine indicato le ragioni per le quali la metratura del locale era da ritenere pari a mq 156, in luogo dei mq 57 ipotizzati dalla ricorrente;

che, da quanto sopra, consegue la declaratoria d’inammissibilità del ricorso in esame, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate come in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, quantificate in Euro 3.000,00, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

 

 

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