Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26294 del 20/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 20/12/2016, (ud. 13/10/2016, dep.20/12/2016),  n. 26294

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 47/2015 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO A. FOCHETTI,

29, presso lo studio dell’avvocato CARLO ROMANO, che lo rappresenta

e difende giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende opc legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2364/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA-SEZIONE DISTACCATA di BRESCIA, depositata

il 06/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. Roberta Crucitti;

udito l’Avvocato Flaminia Ferrucci (delega avvocato Carlo Romano)

difensore del ricorrente che si riporta alla memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in

data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in

forma semplificata.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di V.M., dottore commercialista, dell’avviso di accertamento relativo ad I.R.A.P. per l’anno di imposta 2004, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – sezione distaccata di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava integralmente la decisione di primo grado, favorevole al contribuente, rigettandone il ricorso introduttivo.

In particolare, il Giudice di appello riteneva che il contribuente non avesse fornito, come da suo onere, la prova dell’insussistenza del presupposto impositivo dell’IRAP risultando, al contrario, che il professionista avesse svolto la propria attività mediante l’utilizzo di due unità operative, sostenendo spese per canoni di locazione finanziaria, per gli immobili, e per altro di notevole entità soprattutto ove rapportate ai compensi percepiti.

2. Avverso la sentenza il contribuente ha proposto ricorso su due motivi. L’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione.

A seguito di deposito di relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, ritualmente comunicate, il ricorrente ha depositato memoria.

3. Con il primo motivo, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, laddove la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto sussistenti i presupposti impositivi dell’IRAP, nello svolgimento dell’attività in due operative e nell’entità delle spese, mentre proprio tale argomento dimostrava l’assoluta estraneità dell’attività da esso esercitata rispetto al presupposto impositivo dell’IRAP costituito…dall’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzative diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi ed, in fatto, era pacifico che: lo stesso si avvaleva dell’apparato organizzativo dello studio legale che costituiva il suo unico cliente, le spese, come indicate nello stesso avviso di accertamento non erano ingenti, e non era stata sostenuta alcuna spesa per lavoro dipendente o per compensi a terzi.

4. Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, dell’art. 132, comma 2, n. 4; D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), laddove la C.T.R. pur in presenza di specifiche contestazioni da parte del contribuente, non aveva espressamente indicato gli elementi presi in considerazione nell’iter decisionale.

5. La prima censura è fondata con assorbimento della seconda.

Questa Corte ha affermato che l’IRAP coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto etc..”, cosicchè è “il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista … ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale” (Cass. n. 15754/2008). Si è, poi, affermato, con riguardo all’attività di un professionista, che la sola “disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate dalla suddetta normativa, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo” (cfr. Cass. n. 10240 del 2010), nonchè, con riguardo all’ipotesi di medico chirurgo che si avvale delle strutture messegli a disposizione da una Clinica, che “in base al D.Lgs. n. 446 del 1991, art. 2 (come modificato dal D.Lgs. n. 131 del 1988, art. 1), ai fini della soggezione ad IRAP dei proventi di un lavoratore autonomo (o un professionista), non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi bensì anche sotto i profili organizzativi. (Cass. 9692/2012 e di recente in fattispecie analoga Cass. ord. n. 27032/2013). Si è, inoltre, rilevato che, in assenza di esborsi per personale dipendente, l’esistenza di spese non ingenti non è idonea a determinare l’esistenza di una struttura organizzata che possa cagionare un significativo maggior reddito del contribuente (cfr. Cass. n. 832/2013).

6. La sentenza impugnata nell’interpretazione della normativa di riferimento si è discostata dai superiori principi.

Ne consegue, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di merito affinchè proceda al riesame della vicenda processuale, adeguandosi ai superiori principi, e regoli le spese processuali.

PQM

La Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese processuali, alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2016

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