Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26292 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. I, 18/10/2018, (ud. 21/06/2018, dep. 18/10/2018), n.26292

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28308/2012 proposto da:

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente

della Regione pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza

Colonna n. 355, presso l’Ufficio distaccato della Regione Autonoma

Friuli Venezia Giulia, rappresentata e difesa dagli avvocati Croppo

Beatrice, Iuri Daniela, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore Dott.

R.P. elettivamente domiciliato in Roma, Via Cassiodoro n. 9,

presso lo studio dell’avvocato Nuzzo Mario, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Padovini Fabio, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TRIESTE, depositato il

09/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2018 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale DE RENZIS Luisa, che ha chiesto che la Corte di

Cassazione accolga il ricorso con le conseguenze previste dalla

legge.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Sulla base di una deliberazione assunta il 29 dicembre 2005 dalla Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia veniva concesso a (OMISSIS) s.n.c. (OMISSIS) un contributo di Euro 444.359,15, successivamente rideterminato in Euro 439.707,33. Si trattava, per la precisione, di un contributo a sostegno degli investimenti delle imprese artigiane previsto dal Documento unico di programmazione 2000-2006 – Obiettivo 2 (DOCUP), approvato dalla Commissione Europea con decisione del 23 novembre 2001.

In seguito, la direzione centrale delle attività produttive della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia comunicava l’avvio del procedimento di revoca del contributo, avendo accertato sia la cancellazione della società beneficiaria dall’albo provinciale delle imprese artigiane, sia la concessione in affitto dell’azienda, in violazione dell’art. 10.1 del bando, il quale stabiliva che l’iniziativa agevolata non potesse essere distolta dalla destinazione artigianale, nè alienata o ceduta a qualsiasi titolo per un periodo di cinque anni dalla liquidazione finale del contributo.

Con decreto del 23 maggio 2011 la Regione, pur dando atto che la società beneficiaria era tornata ad essere iscritta nell’albo delle imprese artigiane, revocava il contributo, avendo riguardo al menzionato profilo relativo all’affitto dell’azienda e disponeva la restituzione, in proprio favore, dell’importo erogato.

2. – A seguito del fallimento di (OMISSIS) (che nel frattempo si era trasformata in società a responsabilità limitata), la Regione proponeva domanda di ammissione al passivo del credito da essa vantato a titolo di rimborso, e ciò per l’importo, comprensivo di interessi, di complessivi Euro 575.907,81. La domanda veniva però respinta dal giudice delegato.

3. – La Regione proponeva opposizione deducendo che l’affitto dell’azienda comportava un mutamento della natura della titolarità del compendio, che risultava perciò convenzionalmente conferito a soggetto diverso dall’originario beneficiario del contributo, sicchè – a suo avviso – l’operazione risultava contrastante con la previsione dell’art. 10.1 del bando e finiva per assumere una connotazione speculativa, configgente con la ratio del vincolo di destinazione.

Nella resistenza del Fallimento, il Tribunale di Trieste rigettava l’opposizione con decreto del 5 dicembre 2012.

4. – Il provvedimento è stato impugnato per cassazione dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia con un ricorso che si basa su di un unico motivo. Resiste con controricorso il Fallimento (OMISSIS) s.r.l., che ha pure depositato memoria. Il pubblico ministero ha rassegnato le proprie conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La Regione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del reg. (CE) n. 1260/1999 dell’art. 10.1 del bando approvato con Delib. Giunta Regionale 25 ottobre 2004, n. 2788. Assume, in sostanza, che elemento costitutivo dell’operazione finanziata era rappresentato dalla sua riconducibilità al beneficiario del contributo. Rileva, infatti che l’art. 30 del citato regolamento farebbe riferimento al progetto, per come realizzato dal soggetto individuato mediante i criteri e le procedure di selezione pertinenti. Osserva, inoltre, che l’art. 10 del bando aveva previsto espressamente che l’iniziativa agevolata non potesse essere distolta dalla destinazione artigianale, nè alienata o ceduta a qualsiasi titolo per un periodo di cinque anni a far data dal decreto di liquidazione finale del contributo. D’altro canto, aggiunge, in seguito al conferimento in affitto dell’azienda, i macchinari e le attrezzature per cui era intervenuta la contribuzione erano stati utilizzati da un’impresa non artigiana, non risultando l’affittuaria iscritta all’albo delle imprese artigiane: sicchè appariva disatteso

il prescritto vincolo di destinazione. Rileva ancora la ricorrente: che l’affitto d’azienda determinava un mutamento di detenzione e, pertanto un cambiamento “nella natura della proprietà”, secondo quanto previsto dall’art. 30.4 del reg. (CE) n. 1260/1999; che l’attività produttiva era esercitata da un soggetto diverso da quello che aveva presentato la domanda di contribuzione ed era per giunta privo del requisito consistente nella titolarità di un’impresa artigiana; che aveva avuto luogo una alterazione della natura e delle modalità di esecuzione dell’operazione, giacchè l’operazione era stata proseguita da un soggetto diverso dal beneficiario del contributo; che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, la fallita aveva ritratto un vantaggio indebito dall’affitto dell’azienda, in quanto il valore di mercato di questa andava correlato a quello dei macchinari e delle attrezzature acquistate con il contributo comunitario.

2. – Le eccezioni di inammissibilità proposte dal Fallimento controricorrente vanno disattese.

Per un verso deve osservarsi che la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali i singoli motivi si fondino può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonchè la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (Cass. Sez. U. 5 luglio 2013, n. 16887). Per altro verso occorre notare come, contrariamente a quanto ritenuto dal controricorrente, le censure svolte non sollecitino affatto un riesame dell’accertamento di fatto della vicenda controversa, ma si dirigano, all’opposto, verso precisi punti di diritto.

3. – Il ricorso è fondato nei termini che si vengono ad esporre.

3.1. – Il Tribunale ha escluso che la concessione in affitto dell’azienda a terzi configurasse un “cambiamento della natura della proprietà”, posto che il compendio era rimasto in capo al concedente; ha negato, poi, che il predetto affitto di azienda avesse determinato un “cambiamento di localizzazione di un’attività produttiva”, dal momento che quest’ultima, secondo quanto previsto in contratto, avrebbe continuato a svolgersi nel medesimo immobile; ha inoltre rilevato non ricorresse una alterazione della “natura o delle modalità di esecuzione dell’operazione”, attesa la prosecuzione della medesima attività economica della concedente da parte dell’affittuaria (che, come precisato in contratto, era interessata ad operare nel settore dell’industria tipografica, libraria e dell’arte grafica, e che risultava in possesso di tutti i requisiti economici, patrimoniali, tecnici, organizzativi e professionali opportuni o necessari ai fini della gestione dell’azienda). Lo stesso Tribunale ha poi evidenziato che il ricorrere delle condizioni di cui alla lett. a) del cit. art. 30.4 non era sufficiente a fondare la revoca della sovvenzione, dal momento che tale articolo richiedeva, a tal fine, la presenza cumulativa delle fattispecie contemplate dalle due lettere e, come si è avvertito, non si configurava, a suo avviso, alcuna delle fattispecie di cui alla lett. b). Ha comunque escluso che dal contratto di affitto di azienda fosse conseguita una modificazione sostanziale dell’operazione finanziata tale da procurare all’impresa un “vantaggio indebito”.

3.2. – Dispone l’art. 30.4 del reg. (CE) n. 1260/1999:

“Gli Stati membri si accertano che la partecipazione dei Fondi resti attribuita ad un’operazione esclusivamente se quest’ultima entro cinque anni dalla data della decisione delle competenti autorità nazionali o dell’autorità di gestione relativa alla partecipazione dei Fondi, non subisce modificazioni sostanziali:

a) che ne alterino la natura o le modalità di esecuzione, o che procurino un vantaggio indebito a un’impresa o a un ente pubblico, e

b) che determinino un cambiamento nella natura della proprietà di un’infrastruttura oppure la cessazione o il cambiamento di localizzazione di un’attività produttiva”.

3.3. – Secondo quanto pure precisato dalla Corte di giustizia, dall’impiego della congiunzione coordinativa “e” fra le due condizioni menzionate al citato articolo 30.4 si evince che perchè una modifica ricada nella detta previsione essa deve soddisfare le due condizioni, poste dalle lettere a) e b) della norma, in modo cumulativo (Corte giust. 14 novembre 2013, C388/12, Comune di Ancona, 20).

Inoltre, le modifiche considerate da detta disposizione comprendono tanto quelle che intervengono nel corso della realizzazione di un’opera quanto quelle che intervengono successivamente, in particolare nella fase della gestione dell’opera stessa, purchè siffatte modifiche avvengano nel corso del termine di cinque anni previsto dalla citata disposizione (sent. cit., 29).

Ciò posto, l’assunto da cui muove parte ricorrente – secondo cui il regolamento comunitario postulerebbe l’immutabilità del soggetto tenuto a dare esecuzione al progetto, per modo che quest’ultimo debba essere attuato dal sovvenzionato – merita condivisione.

Appare infatti evidente che la locuzione “modificazioni sostanziali (…) che determinino un cambiamento nella natura della proprietà di un’infrastruttura” vada riferita a tutte le ipotesi in cui la posizione del proprietario rispetto al diritto venga a modificarsi. Il che ha luogo non solo nel caso di trasferimento del diritto di proprietà da un soggetto all’altro, ma, altresì, allorquando i poteri di esercizio spettanti al titolare di tale diritto vengano sottoposti a mutamenti significativi in ragione della conclusione, da parte dello stesso soggetto, di negozi costitutivi di diritti reali o personali di godimento incidenti sui beni infrastrutturali di cui trattasi. In tali termini, nel quadro del principio di stabilità dei progetti e degli interventi realizzati dal beneficiario dei fondi (sent. cit., 31), non può non guardarsi al contenuto del diritto di proprietà sui predetti beni, che muta quando siano modificati i poteri di esercizio e di godimento che competono al titolare, e che conformano, in concreto, il diritto stesso: così, ad esempio, costui, concedendo in usufrutto o in affitto la propria azienda, si priva di quelle facoltà che prima connotavano la propria posizione dominicale, che viene, per ciò solo, a modificarsi.

Può aggiungersi che lo stesso tenore dell’art. 30.4 è indicativo, nel suo insieme, del rilievo che assumono le diverse modificazioni che ineriscano alle attività sovvenzionate: è infatti ivi considerato anche il semplice mutamento della localizzazione dell’attività produttiva; appare del resto incongruo ritenere che la norma abbia inteso differenziare, nel trattamento giuridico, situazioni che, seppur riconducibili a tipologie negoziali differenti (cessione di azienda, affitto di azienda), determinano il medesimo effetto dell’avvicendamento di un soggetto ad altro nella gestione del compendio aziendale.

Alla richiamata espressione, contenuta nell’art. 30.4, dunque, non può attribuirsi un significato diverso da quello indicato: in particolare, non le si può conferire, sul piano semantico, un portato che privi completamente di contenuto, sul piano normativo, il termine “natura”, limitando conseguentemente l’ambito applicativo della disposizione alle sole fattispecie in cui il diritto di proprietà sui beni infrastrutturali si trasferisca da un soggetto a un altro. In tal senso, la norma non pone alcun dubbio interpretativo.

Che modificazioni quali quelle conseguenti all’affitto di azienda rilevino, ai fini della revoca del contributo, si spiega con l’esigenza, richiamata dal pubblico ministero nelle sue conclusioni scritte, di evitare che i fondi pubblici siano destinati a operazioni speculative, refluendo tra le componenti rilevanti dell’azienda e finendo, così, per essere “patrimonializzati” in vista di cessioni, temporanee o definitive, dell’attività di impresa. Sotto tale riflesso, l’affitto di azienda è operazione che procura un “vantaggio indebito”, ex art. 30.4, lett. a) reg. cit., al beneficiario della contribuzione, consentendogli di arricchirsi dell’erogazione ricevuta mercè la percezione di un canone di affitto che risulterà incrementato proprio in ragione dell’impiego della sovvenzione per l’acquisto di beni strumentali.

L’assoluta chiarezza del senso della disposizione in esame, per il profilo che qui interessa, trova del resto conferma nella giurisprudenza della Corte dei conti, che in una pronuncia della sezione giurisdizionale del Friuli Venezia Giulia (sentenza n. 59 del 15 maggio 2012) ha puntualmente rilevato come la cessione in affitto dell’azienda prima che decorra il termine di cinque anni dalla data della concessione del contributo non si ponga in linea con l’art. 30 reg. CE n. 1260/1999 e osservato, tra l’altro, come la variazione soggettiva “non consentirebbe l’effettività del conseguimento dello scopo pubblicistico, poichè non vi sarebbe spazio per la verifica dell’Amministrazione dei presupposti”.

Deve ritenersi, in conclusione, che la previsione dell’art. 10 del bando, approvato con Delib. Giunta Regionale 25 ottobre 2004, con cui è stata vietata ogni forma di trasferimento dell’attività agevolata – la disposizione prevede, infatti, che l’iniziativa agevolata non possa essere distolta dalla destinazione artigianale nè alienata o ceduta “a qualsiasi titolo” per un periodo di cinque anni a far data dal decreto di liquidazione finale del contributo – sia pienamente conforme alla norma comunitaria sopra indicata, che valorizza l’ipotesi del “cambiamento nella natura della proprietà di un’infrastruttura”.

4. – Il decreto impugnato va quindi cassato e la causa rinviata al Tribunale di Trieste, in diversa composizione; lo stesso giudice del rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso principale; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Trieste, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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