Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26289 del 17/10/2019

Cassazione civile sez. III, 17/10/2019, (ud. 22/03/2019, dep. 17/10/2019), n.26289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28292-2017 proposto da:

FOPI INVESTIMENTI SRL, in persona del legale rappresentante PETTINARI

MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso

lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIERLORENZO BOCCANERA;

– ricorrente –

contro

BANCA MONTE PASCHI SIENA SPA, non in proprio ma in nome e per conto

della MONTE DEI PASCHI DI SIENA LEASING & FACTORING BANCA PER I

SERVIZI FINANZIARI ALLE IMPRESE SPA, in persona del Dott.

C.D. nella qualità di preposto di Reparto di Capogruppo

Bancaria, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO, 90, presso

lo studio dell’avvocato ALESSANDRA PIANA, rappresentata e difesa

dall’avvocato GAETANO TROIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1311/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/03/2019 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

Fatto

RILEVATO

che:

la società Monte dei Paschi di Siena Leasing & Factoring, Banca per i Servizi Finanziari alle Imprese S.p.A. concedeva in locazione finanziaria, con contratto del 29 settembre 2000, alla Fopi Investimenti S.r.l. alcuni immobili siti in (OMISSIS) per la durata di 120 mesi e l’utilizzatore non corrispondeva i canoni pattuiti dal giorno 1 settembre 2001 al giorno 1 ottobre 2003, per cui, con raccomandata del 13 ottobre 2003, comunicava la risoluzione del contratto con invito alla restituzione dell’immobile, ai sensi della clausola n. 12 del contratto. In difetto di adempimento, Monte dei Paschi di Siena Leasing & Factoring proponeva ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. davanti al Tribunale di Prato che, con ordinanza del 1 giugno 2006, confermata in sede di reclamo, ordinava a Fopi Investimenti S.r.l. la consegna dell’immobile;

con citazione del 14 novembre 2006, Fopi Investimenti S.r.l. evocava in giudizio Monte dei Paschi di Siena Leasing & Factoring, Banca per i Servizi Finanziari alle Imprese S.p.A. deducendo la nullità del contratto, da qualificare quale mero finanziamento a scopo di garanzia, per violazione del divieto del patto commissorio, con la condanna al pagamento della differenza tra il credito vantato dall’Istituto bancario e il valore degli immobili locati, oltre al risarcimento dei danni; in via subordinata, chiedeva la dichiarazione di simulazione assoluta del contratto. Si costituiva la banca contestando la pretesa e spiegando domanda riconvenzionale avente ad oggetto la legittimità della risoluzione di diritto invocata in via stragiudiziale;

il Tribunale di Prato, con sentenza del 16 aprile 2014, rigettava la domanda di Fopi Investimenti S.r.l. rilevando che, sebbene i fornitori e venditori ( P. e F.E.) fossero, rispettivamente figlio e coniuge dell’amministratore ( Pe.Ma.) della Società utilizzatrice e F.P. fosse anche socio al 99% della medesima società, il rapporto presentava le caratteristiche di un contratto di leasing. Anche la circostanza che i F. fossero fideiussori della società utilizzatrice e che una parte del prezzo corrisposto dalla concedente fosse stato costituito in garanzia pignoratizia, non mutava la natura del contratto che, neppure, poteva ritenersi simulato. Accoglieva la domanda riconvenzionale dichiarando legittima la risoluzione del contratto per inadempimento intimata all’utilizzatore, ordinando il rilascio dei beni;

avverso tale decisione proponeva appello Fopi Investimenti S.r.l. rilevando che il Tribunale avrebbe dovuto correttamente ricondurre il contratto allo schema del sale and lease back, finalizzato ad aggirare il divieto di patto commissorio perchè l’operazione aveva il solo fine di costituire una garanzia reale a favore dei pregressi crediti vantati da Monte dei Paschi per finanziamenti già concessi al F.. Tale ricostruzione troverebbe conferma nella circostanza che gli immobili erano rimasti nella detenzione dei terzi conduttori, per cui la società Fopi Investimenti S.r.l. non aveva mai utilizzato gli immobili. Sotto tale profilo sarebbe irrilevante la mancanza di identità tra debitore alienante e utilizzatore dei beni, dovendo prevalere la sostanza. Ciò anche con riferimento alla domanda di simulazione. Si costituiva la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., in rappresentanza di Monte dei Paschi di Siena Leasing & Factoring Banca per i Servizi Finanziari alle Imprese S.p.A. contestando la fondatezza del gravame;

la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 6 giugno 2017 emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., respingeva l’appello e confermava la qualificazione del rapporto giuridico controverso espressa dal Tribunale in termini di leasing traslativo e non di lease-back; precisava che, comunque, anche tale ultimo negozio è considerato lecito dalla giurisprudenza di legittimità ed escludeva, in concreto, l’ipotesi di interposizione fittizia o di negozio indiretto prospettata dall’appellante;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Fopi Investimenti S.r.l. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi di Siena, non in proprio, ma in nome per conto della Monte dei Paschi di Siena Leasing & Factoring, Banca per i Servizi Finanziari alle Imprese S.p.A.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 1344 e 2744 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 con conseguente nullità della sentenza. Parte ricorrente contesta le singole argomentazioni poste a sostegno della decisione di appello per escludere la violazione del divieto del patto commissorio, contestando le valutazioni fattuali operate dai giudici di secondo grado, riguardo all’onerosità della operazione, alla fittizietà dell’erogazione di 2.350.000.000 di Lire da parte dell’Istituto di credito, alla scelta non libera da parte dei F. di impiego successivo del denaro, anche con riferimento al pagamento della prima maxi rata oltre che per la sottoscrizione di un aumento di capitale;

il motivo è inammissibile per una duplicità di ragioni;

in primo luogo consiste in una contestazione alla valutazione dell’intero materiale istruttorio prospettando una ricostruzione più appagante per la ricorrente rispetto a quella motivatamente ritenuta corretta dai giudici di merito;

in secondo luogo le censure sono assolutamente generiche, assertive e prive di ogni supporto documentale, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Parte ricorrente si limita a fare riferimento al valore economico del leasing senza spiegare quali sarebbero le ragioni per cui la ricostruzione del giudice di merito sarebbe errata e la rilevanza degli elementi fattuali dedotti sulla qualificazione del contratto;

con il secondo motivo si deduce la violazione l’art. 1526 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per nullità della sentenza per omesso esame di domande. In particolare, nell’ipotesi di risoluzione del contratto di leasing, per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo è tenuto alla restituzione del bene e matura il diritto alla restituzione delle somme pagate, salvo un equo compenso e l’eventuale risarcimento. Tale costruzione sarebbe stata sviluppata nell’atto di citazione e in sede di appello ma non sarebbe stata esaminata dalla Corte territoriale. Secondo costante orientamento il venditore è tenuto a restituire i canoni riscossi maturando un diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa;

il motivo è inammissibile perchè dedotto in violazione l’art. 366 c.p.c., n. 6 poichè la Corte territoriale non affronta in alcun modo la questione relativa all’applicabilità dell’art. 1526 c.c. e parte ricorrente avrebbe dovuto allegare, trascrivere o comunque specificare di avere proposto la domanda, di averla ritualmente sottoposta ai giudici di primo grado e a quelli di appello, deducendo il vizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 e art. 112 c.p.c.;

questo profilo diviene ancora più rilevante considerando che l’istituto di credito ha documentato che nelle conclusioni dell’atto di citazione e in quelle di appello non risulta proposta alcuna domanda riconducibile alla violazione l’art. 1526 c.c. con conseguente novità della domanda che non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità. Analogo vizio riguarda il dato fattuale della riconsegna dell’immobile. Anche sotto tale profilo la Banca ha dedotto che lo stesso è ancora nella disponibilità della Fopi Investimenti S.r.l. con conseguente inapplicabilità dell’art. 1526 c.c.;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 22 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2019

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