Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26287 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2020, (ud. 06/10/2020, dep. 18/11/2020), n.26287

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13116 – 2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE,

(OMISSIS), in persona dei rispettivi Direttori pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che le rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE

FILIBERTO 61, presso lo studio dell’avvocato VALTER ARNALDO

PECORARO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

DI TURSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1823/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della TOSCANA SEZIONE DISTACCATA di LIVORNO, depositata il

16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

FATTO e DIRITTO

Ritenuto che:

L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia Entrate – Riscossione ricorrono con un unico articolato motivo avverso la sentenza della CTR della Toscana, Sezione staccata di Livorno, in epigrafe indicata, censurando la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 2946 c.c., e dell’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, in una con il D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 6, così come modificato dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 683, o in una con il medesimo D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 20, comma 5, nella versione anteriore alla novella da ultimo menzionata.

Resiste l’intimato con controricorso.

La controversia trae origine dalla notifica nei confronti di C.P. ad opera dell’agente di riscossione Equitalia Centro s.p.a. dell’intimazione di pagamento legato al mancato pagamento della tassa di registro dell’anno 1997 e dell’anno 1998, Irap dell’anno 1998 ed Iva dell’anno 2000, Irpef dell’anno 1995 ed Iva dell’anno 1999, Iva ed addizionale Irpef del 1999 per omesso versamento di ritenute alla fonte del 1998 e mancato versamento IVA per l’anno 2000.

Sostiene la ricorrente, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, che i crediti tributari in questione non avrebbero natura di prestazioni periodiche nel significato presupposto dall’art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, con conseguente inapplicabilità del termine prescrizionale breve. Il rilievo è fondato.

il credito erariale per la riscossione dell’imposta oggetto di accertamento definitivo non è soggetto alla prescrizione quinquennale delle prestazioni periodiche ex art. 2948 c.c., comma 1, n. 4, bensì all’ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 c.c., non avendo la prestazione tributaria carattere periodico, ma derivando essa da un’autonoma valutazione dei presupposti obbligatori per ciascun singolo periodo d’imposta (Cass. 2941/2007 Rv. 596843, Cass. 22977/2010 Rv. 614951; Cass. 12910/2018; Cass. 10278/2019; Cass. 19969/2019).

Questa Corte ha affermato, nella sentenza n. 23397/2016 (seguita da numerose pronunce delle Sezioni semplici, tra cui Cass. n. 9906, n. 11800 e n. 12200 del 2018), che “Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

Secondo la citata pronuncia, quindi, la mancata impugnazione degli atti impositivi/esecutivi rende irretrattabili i crediti d’imposta, senza incidere sul relativo termine prescrizionale, che è quello ordinario decennale salvo che non sia per essi espressamente previsto ex lege un termine inferiore, da escludersi per l’IVA (cfr. Cass. n. 8256 del 2019, e la giurisprudenza ivi richiamata), per l’IRPEF (Cass. n. 9906 del 2018) e per l’IRAP (Cass. n. 1543 del 2018).

Alla luce dei principi sopra enunciati non può invero ritenersi prescritta la pretesa erariale, contenuta nell’intimazione di pagamento riferita alla cartella per tasse di registro (anno 1997 e 1998), Irap (1998) ed Iva (1999 e 2000), Irpef 1995 ed addizionale Irpef 1999) e per omesso versamento di ritenute alla fonte anno 1998, in quanto la notifica di detta intimazione risale al 23.10.2015, secondo quanto emerge dalla pronuncia impugnata, e l’ultimo atto interruttivo è del 16.9.2009, sicchè applicando il termine di prescrizione decennale l’avviso di intimazione è quindi avvenuto entro il termine decennale di prescrizione.

Il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e decisa nel merito, con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente limitatamente ai soli tributi oggetto di impugnativa con il ricorso per cassazione non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito.

Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del contribuente e liquidate come in dispositivo mentre le spese dei gradi di merito vanno compensate in quanto gli orientamenti giurisprudenziali citati si sono formati successivamente alla loro instaurazione.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Condanna il controricorrente al pagamento in favore delle ricorrenti delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

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