Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26281 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 18/11/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 18/11/2020), n.26281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 591-2020 proposto da:

T.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE

MAZZINI N. 6, presso lo studio dell’avvocato MANUELA AGNITELLI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Caserta, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2596/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/05/2019 R.G.N. 4794/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 2596 del 2019, ha confermato l’ordinanza emessa dal Tribunale della stessa sede con la quale era stato respinto il ricorso, avverso il provvedimento di diniego delle richieste volte ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, avanzate in via gradata da T.M.S., cittadino del (OMISSIS).

2. Nella gravata sentenza si legge che il richiedente aveva dichiarato di avere lasciato il suo paese nel 2011 perchè il terreno coltivato dai genitori aveva preso fuoco distruggendo il bosco.

3. I giudici di seconde cure, premesso che con l’unico articolato motivo di appello era stato chiesto l’accertamento del diritto del migrante a un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie per la sua condizione di vulnerabilità sociale, sia in relazione alla credibilità della storia narrata, sia per il timore di violenze da parte del fratellastro, sia infine per la provenienza dal sud-est del paese, non lontano dalla (OMISSIS), hanno rilevato che non sussistevano i presupposti della protezione umanitaria di cui all’art. 5, comma 6 T.U. delle norme sull’immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998) perchè, nella fattispecie in esame, non erano riscontrabili nè erano state prospettate le situazioni cd. vulnerabili, tanto da non risultare soddisfatti, sul punto, i requisiti di specificità di cui all’art. 342 c.p.c.: in particolare, l’avvenuta integrazione sociale e lavorativa ovvero le circostanze familiari che legassero il richiedente in modo significativo nel territorio italiano.

4. Avverso la decisione della Corte territoriale T.M.S. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

5. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo si denuncia la violazione del D.L. n. 13 del 2017, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, per mancata convocazione innanzi alla Corte di appello di Napoli ai fini del libero interrogatorio di esso ricorrente in sede giudiziale, in assenza della video-registrazione della audizione personale in Commissione.

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 1; la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c e comma 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; la illogica, contraddittoria e apparente motivazione, per avere la Corte di appello di Napoli rigettato la richiesta di protezione umanitaria senza operare un esame specifico e attuale della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente, con riferimento al Paese di origine.

4. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) e b), artt. 3 e 7 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dal momento che il rigetto del riconoscimento della protezione umanitaria era stato emesso (anche) sulla base di un giudizio prognostico, futuro (e incerto) e non “sullo stato effettivo ed attuale del Paese di origine” ritenendo che in (OMISSIS) non vi fosse un pericolo generalizzato.

5. Il primo motivo non è fondato.

6. Premesso che si verte in tema di impugnazione D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 proposta avverso l’ordinanza del Tribunale emessa nel vigore del D.Lgs. n. 250 del 2011, art. 19 deve rilevarsi che la Corte territoriale non ha violato i criteri di accertamento dei fatti in quanto l’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità è quello secondo cui l’omessa audizione del richiedente nel giudizio di appello relativo ad una domanda di protezione internazionale non costituisce violazione processuale sanzionabile a pena di nullità atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13 al precedente comma 10 che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice di valutarne la specifica rilevanza (Cass. n. 3003/2018; Cass. n. 24544/2011).

7. Tale affermazione trova, peraltro, riscontro nella giurisprudenza comunitaria la quale, pronunciandosi in ordine alla interpretazione della direttiva 2013/32/CE del 26 luglio 2013 artt. 12, 14, 31 e 46, ha precisato che l’obbligo di consentire al richiedente di sostenere un colloquio personale, prima di decidere sulla domanda di protezione internazionale, grava esclusivamente sull’autorità incaricata di procedere all’esame della stessa, e non si applica pertanto, nei procedimenti di impugnazione, in quanto l’obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, imposto al giudice competente dall’art. 46, par. 3 direttiva deve essere interpretato tenendo conto della stretta connessione esistente tra la procedura di impugnazione e quella di primo grado che la precede, nel corso della quale deve essere consentito al richiedente di sostenere il colloquio personale, con la conseguenza che il giudice può decidere di non procedere all’audizione nel caso in cui ritenga di potere effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale svoltosi in occasione del procedimento di primo grado (cfr. Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017, in causa C-348/16, Moussa Sacko).

8. Il secondo ed il terzo motivo, da trattargf congiuntamente per la loro interferenza, non sono parimenti meritevoli di accoglimento.

9. Deve rammentarsi che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, secondo la normativa ratione temporis applicata che è quella di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e disposizioni consequenziali (cfr. Cass. n. 29459 del 2019), presuppone l’esistenza di situazioni non tipizzate di vulnerabilità dello straniero, risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, conseguenti al rischio del richiedente di essere immesso, in esito al rimpatrio, in un contesto sociale, politico ed ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali (Cass. n. 5358 del 2019).

10. La condizione di vulnerabilità del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza e alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio (cfr. Cass. n. 13709 del 2019; Cass. n. 9304 del 2019).

11. Orbene, il giudice di merito ha escluso la sussistenza di siffatta condizione di vulnerabilità perchè non erano stati allegati dall’appellante gli elementi rilevanti a tale scopo – tanto che era stato rilevato il vizio di specificità dei motivi di appello ex art. 342 c.p.c. – ai fini di operare la dovuta valutazione comparativa. Ciò per la mancanza di prospettazioni, quindi, sia in ordine alla sussistenza di un rischio di compromissione dei diritti fondamentali del ricorrente in caso di rimpatrio, sia relativamente all’assenza di prova di avere svolto alcuna attività in Italia che escludeva, pertanto, ogni radicamento rilevante sotto il profilo dell’art. 8 CEDU.

12. La Corte territoriale, pertanto, non ha potuto operare la doverosa effettiva valutazione comparativa al fine di verificare se il rimpatrio potesse determinare la privazione della titolarità e dello esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costituito dallo statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza, pervenendo ad una conclusione negativa, per la mancanza di idonee allegazioni ed evidenziando che comunque il carattere strettamente privato della vicenda che aveva indotto il migrante all’espatrio non poteva integrare i presupposti della protezione umanitaria.

13. Le censure di cui ai motivi di gravame non si confrontano con tale ratio decidendi, investendo, di contro, altri aspetti non attinenti alla decisione adottata riguardante solo la richiesta di protezione umanitaria.

14. Inoltre, va osservato che il vizio ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 sussiste solo quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito: ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso di specie ove la Corte ha chiaramente specificato il suo percorso decisionale.

15. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.

16. Nulla va disposto in ordine alle spese non avendo il Ministero resistente svolto attività difensiva.

17. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali (Cass. Sez. Un. 4315 del 2020), come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

 

 

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