Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26280 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 18/11/2020, (ud. 30/09/2020, dep. 18/11/2020), n.26280

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 86-2020 proposto da:

B.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CLEMENTINA DI ROSA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – Commissione Territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Salerno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4251/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/08/2019 R.G.N. 2860/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/09/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 4251 del 2019, ha confermato il provvedimento rigetto, pronunciato dal Tribunale della stessa sede, del ricorso proposto da B.M., cittadino della (OMISSIS), avverso il diniego della competente Commissione territoriale in ordine alle richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 e della protezione umanitaria.

2. Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

3. Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,6,7,8 e 14 status di rifugiato e protezione sussidiaria – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere violato la Corte territoriale le suddette disposizioni non tenendo debitamente conto della vicenda persecutoria personale dettagliatamente narrata in sede di audizione e dell’attuale peggioramento del quadro sociopolitico della (OMISSIS), Paese di origine.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6 – protezione di carattere umanitario – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere violato la Corte di merito la disposizione in materia, non accertando correttamente la condizione di peculiare vulnerabilità oggettiva e soggettiva del richiedente.

4. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1 bis – omessa istruttoria ex affido – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè nel caso di specie l’istruttoria amministrativa e giudiziale era stata intollerabilmente limitata ad una valutazione superficiale ed inadeguata, omettendo il dovuto approfondimento della specifica vicenda personale del ricorrente, nonchè qualunque altra ponderata considerazione circa l’effettiva ed attuale situazione socio-politica del Paese di origine e di quelli ove il richiedente era transitato.

5. Con il quarto motivo il ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere valutato la Corte di appello la documentazione richiamata circa l’effettiva situazione socio-politica della regione di provenienza in termini di stabilità ed insicurezza, oltre che della peculiare situazione di vulnerabilità oggettiva e soggettiva del richiedente: in particolare, era stata omessa una adeguata ed approfondita valutazione della situazione attuale del Paese di origine del richiedente, delle COI (Country of Origin Information) e di tutte quelle che sarebbero state rinvenibili a seguito di una doverosa attività istruttoria.

6. Il primo motivo è inammissibile per la sua completa genericità e per il difetto di pertinenza critica delle argomentazioni svolte, del tutto teoriche, disancorate dalla fattispecie concreta, e non debitamente collegate alla ratio decidendi del provvedimento impugnato, essenzialmente fondata sul fatto che, anche a volere ritenere credibile il racconto del richiedente (questi, infatti, ha dichiarato che era scappato dal paese di origine nel mese di ottobre del 2015, per il degenerare di una spirale di violenza e minacce di morte da parte dello zio paterno che voleva imporre alla propria madre vedova di sposarlo; al rifiuto della donna e a seguito di vessazioni ed intimidazioni, il richiedente ha affermato che si era recato a casa dello zio per chiedere spiegazioni, esternando la sua rabbia e mettendo a soqquadro la casa; da qui fu minacciato di morte e, non potendo contare sulle Autorità locali incapaci di garantire sicurezza e legalità, aveva deciso di fuggire giungendo prima in Libia, ove fu oggetto di trattamenti disumani e degradanti e, poi, in Italia) si trattava di vicende di carattere prettamente personale e familiare, legate a questioni di eredità e di assetto della famiglia in seguito alla morte del padre del richiedente, in cui non erano ravvisabili persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica (presupposti dello status di rifugiato) e neppure in relazione alle ipotesi descritte al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) (Cass. n. 9043/2019) e in relazione alle quali non risulta che siano state coinvolte le competenti Autorità locali.

7. Anche il secondo motivo non si coordina con la ratio del provvedimento impugnato, che ha escluso la sussistenza sia della deduzione, che della prova di una situazione di vulnerabilità in capo al ricorrente, tanto in relazione al profilo oggettivo quanto a quello soggettivo, essendosi limitato il ricorrente a contrapporvi dei precedenti giurisprudenziali relativi a differenti casi concreti (Cass. n. 83 del 2020, Cass. n. 4370 del 2020).

8. Il terzo motivo è parimenti inammissibile.

9. I giudici di seconde cure, procedendo agli accertamenti di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 (Cass. n. 13449 del 2019; Cass. n. 8819 del 2020), hanno valutato, indicandole in modo dettagliato, le fonti da cui hanno rilevato, ai fini della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) che nella zona del paese da cui proveniva il richiedente non era ravvisabile alcun conflitto armato interno nè problemi di sicurezza in relazione ad episodi di violenza indiscriminata e ripetuta tali da rendere gravemente pericoloso un rientro in Patria (Rapporti Amnesty International 2014/2015 nonchè l’aggiornamento del 2016/2017; L’Immigration and Refugee Board of Canada).

10. Inoltre, deve precisarsi che la situazione dei Paesi di transito rileva soltanto ove vi sia una qualche connessione fra detti paesi ed il contenuto della domanda di protezione (cfr. ex aliis Cass. n. 31676 del 2018): ciò non è stato prospettato nè è emerso nella fattispecie in esame.

11. Il quarto motivo, infine, è anche esso inammissibile.

12. L’omesso esame denunciato non sussiste affatto sia perchè la Corte territoriale ha specificamente valutato la situazione socio-politica della (OMISSIS), secondo le informazioni attualizzate in suo possesso e debitamente indicate e citate, a fronte delle quali il ricorrente si è limitato ad esternare il proprio dissenso nel merito dell’accertamento di fatto così compiuto, con valutazione insindacabile in sede di legittimità, sia perchè la doglianza, come formulata, incontra il limite di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c. che, in ipotesi di cd. “doppia conforme” (ravvisabile nel caso di specie atteso che la sentenza della Corte di appello di Napoli ha respinto il gravame confermando il provvedimento di primo grado), non consente la proposizione di un motivo quale quello di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

13. La disposizione di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c. è applicabile, D.L. n. 83 del 2012, ex art. 54, comma 2 conv. in L. n. 134 del 2012, atteso che il ricorso in appello è del 2018 e la impugnata sentenza è stata pubblicata il 29.8.2019 (Cass. n. 24909 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014).

14. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

15. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite del presente giudizio non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva.

16. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali (Cass. Sez. Un. 4315/2020).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

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