Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2628 del 04/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 04/02/2010), n.2628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17469-2007 proposto da:

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

PIAZZA GIUSEPPE VERDI N. 10, presso lo studio dell’Avvocato TURCO

CHIARA, (c/o l’Ufficio della Funzione Affari Legali e Societari), che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3540/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/06/2006 R.G.N. 2789/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2 009 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Roma, ex art. 414 c.p.c. C.A., già dipendente dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a., premesso di aver prestato, nel corso del suo rapporto, lavoro straordinario con caratteristiche di continuità ed obbligatorietà nella misura risultante dalle buste paga allegate, deduceva che i compensi percepiti a tale titolo dovevano essere inclusi nella base di calcolo della 13^ e 14^ mensilità, del compenso percepito nel periodo di ferie annuale, dell’indennità di anzianità e del TFR. Istauratosi il contraddittorio l’Istituto Poligrafico contestava quanto dedotto dal ricorrente rilevando che l’accordo aziendale del 22.6.1974 e la contrattazione collettiva applicabile imponevano di escludere la computabilità dei compensi per lavoro straordinario nelle voci retributive indicate; eccepiva l’intervenuta prescrizione al ricalcolo del TFR; proponeva altresì domanda riconvenzionale tesa ad ottenere la compensazione delle somme eventualmente riconosciute con quanto corrisposto al lavoratore sulla base del predetto accordo aziendale.

Il giudice adito accoglieva parzialmente la domanda attorea condannando l’Istituto Poligrafico a corrispondere al lavoratore le somme relative alla inclusione nella base del computo del TFR del compenso per lavoro straordinario prestato, a far data dal 1 giugno 1993 sino alla cessazione dal servizio; rigettava ogni altra domanda.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato invocando, quale legittima clausola derogatoria di esclusione dello straordinario dalla base di calcolo del TFR, la disciplina contrattuale collettiva del 1992 che farebbe riferimento a quanto percepito per la prestazione lavorativa nell’orario normale.

Con sentenza in data 26.4.2006 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame compensando le spese di giudizio.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a. con un motivo di impugnazione.

L’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Col predetto motivo di gravame l’Istituto Poligrafico lamenta errata interpretazione del CCNL grafici del 1992, anche in violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c. ed in correlazione all’art. 1322 c.c..

Rileva in particolare il ricorrente che andava disattesa l’impostazione ermeneutica della Corte territoriale alla stregua della quale il CCNL del 1992 non avrebbe introdotto alcuna deroga al regime del calcolo del TFR, come previsto dall’art. 2120 c.c., e quindi non avrebbe inteso escludere la computabilità del compenso per straordinario nella base di calcolo del TFR. Per contro era pacifico che proprio l’art. 2120 c.c. consentiva all’autonomia delle parti tale possibilità, e questa facoltà era stata appunto esercitata nella contrattazione collettiva del 1992. A fronte della volontà espressa dalle parti di non calcolare il compenso per lavoro straordinario nel TFR, a nulla rilevava qualsivoglia riflessione sulla non occasionalità e continuità dello straordinario prestato atteso che la chiara dizione della norma pattizia manifestava il chiaro intento dei contraenti di escludere l’incidenza di quanto percepito fuori dell'”orario normale” nel calcolo del TFR. Il ricorso è improcedibile, a causa del mancato deposito dei CCNL in forma integrale, avendo il ricorrente depositato solo stralci, seppure ampi, delle normative contrattuali succedutesi nel tempo.

Invero, dopo alcune perplessità (Cass. sez. lav., 4.8.2008 n. 21080, per cui l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda va riferito sia alle norme collettive della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure mosse alla sentenza impugnata, sia ad ogni altra norma collettiva utile per l’interpretazione delle prime, sempre però che essa appartenga alla causa per essere stata dedotta e prodotta nei precedenti gradi di merito), la giurisprudenza maggioritaria di questa Corte (Cass. sez. lav., 11.2.2008 n. 6432, Cass. sez. lav., 5.2.2009 n. 2855, Cass. sez. lav., 2.7.2009 n. 15495) si è orientata nel senso che è necessario il deposito del testo integrale del contratto.

Ciò in primo luogo in forza del dettato letterale dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), il quale prevede che gli atti processuali, i documenti e i contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda devono essere depositati insieme al ricorso a pena di improcedibilità, norma che non sembra prevedere deroghe, consentendo il deposito solo di stralci del contratto collettivo da interpretare.

Al riguardo conviene in primo luogo richiamare i rilievi già svolti sul punto nei giudizi ex art. 420 bis cod. proc. civ., per decidere se essi possano valere anche quando non si tratta di quella speciale procedura, ma del normale ricorso per cassazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in cui si assume che la sentenza impugnata abbia violato o falsamente applicato i contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro.

E’ stato precisato (Cass. sez. lav. 21.9.2007 n. 19560) che, in sede di applicazione dell’art. 420 bis c.p.c. la Corte di legittimità – nell’enunciare, in funzione nomofilattica, un principio – è tenuta ad operare come se l’oggetto del suo esame fosse una norma giuridica e non, invece, un negozio di natura privatistica.

Si è aggiunto, nella sentenza citata, per quanto attiene specificamente ai poteri della Corte di Cassazione, che nell’interpretazione del contratto, essa non è condizionata dalle domande delle parti e dal loro comportamento, potendo ricercare liberamente all’interno del contratto collettivo (da depositarsi ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) ciascuna clausola – anche se non oggetto dell’esame delle parti e del primo giudice – comunque ritenuta utile alla interpretazione.

Di conseguenza non si dubita che in quei procedimenti sia necessario depositare il contratto collettivo nella sua interezza (Cass. sez. lav., 16.7.2009 n. 16619).

Ritiene il Collegio che alla stessa conclusione si debba pervenire in relazione all’ambito dell’interpretazione che compete alla Corte nel caso in cui venga proposto ordinario ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Ed invero il procedimento ex art. 420 bis c.p.c., trova necessario fondamento nella nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, e nulla autorizza a ritenere che, nell’un caso, l’analisi della contrattazione collettiva debba essere più limitata rispetto a quanto previsto per l’altro. E’ poi innegabile che la interpretazione resa ex art. 420 bis, oltre avere effetto anticipatorio, abbia una maggiore forza cogente, stante il disposto dell’art. 146 bis disp. att. c.p.c. in cui, richiamando il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 64, comma 7 si sancisce l’influenza della decisione della Corte in altri processi in cui si controverta sulla medesima questione.

La statuizione ha quindi effetti diversi, tuttavia nessuna disposizione diversifica il processo interpretativo da applicare in caso di ricorso normale ed in caso del ricorso per saltum. Invero, la nomofilachia, cui le nuove norme sono finalizzate, sarebbe pregiudicata ove si ritenesse che, nell’un caso, l’interpretazione debba essere astretta alle clausole contrattuali esaminate nei gradi di merito, mentre, nell’altro, la interpretazione si possa svolgere a tutto campo, reperendo nel contratto altre clausole, non esaminate, che però potrebbero risolvere ogni margine di incertezza.

Ed invero, se fosse precluso alla Corte, anche in sede di ricorso ordinario, di applicare il criterio sistematico, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre, la decisione che ne sortirebbe sarebbe sicuramente meno affidabile e meno “resistente” rispetto ad altri interventi, sentenze rese ex art. 420 bis c.p.c., che si possono invece giovare di questo fondamentale criterio ermeneutico.

Deve pertanto affermarsi il principio di diritto per cui la produzione di meri stralci del contratto collettivo nazionale di lavoro non corrisponde alla prescrizione di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Alla stregua di quanto il ricorso va dichiarato improcedibile.

Nessuna statuizione va adottata per quel che riguarda le spese relative al presente giudizio di cassazione, non avendo l’Istituto intimato svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2010

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