Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2628 del 01/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 01/02/2017, (ud. 09/11/2016, dep.01/02/2017),  n. 2628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14481-2014 proposto da:

C.T. C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE GIORDANO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

CA.EN. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TRIONFALE 5637, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BATTISTA,

rappresentato e difeso dagli avvocati MERCURIO GALASSO, MONICA

GALASSO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

GIEMME S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1374/2013 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 28/11/2013 R.G.N. 1545/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. LORITO MATILDE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di L’Aquila con sentenza resa pubblica il 28/11/2013 confermava la pronuncia del Tribunale di Pescara con cui Ca.En. era stato condannato (in solido con la Giemme s.r.l.) a pagare in favore dell’appellata C.T., ex dipendente, con mansioni di cuoca, importi a titolo di differenze retributive e lavoro straordinario, nonostante l’eccezione di intervenuta prescrizione presuntiva ex art. 2955 c.c., n. 2, per le retribuzioni corrisposte a periodi non superiori al mese.

Detta pronuncia veniva riformata da questa Corte che, nel rinviare la cognizione della controversia alla medesima Corte distrettuale in diversa composizione, ha affermato il principio in base al quale “l’obbligo, imposto al datore di lavoro dalla L. 5 gennaio 1953, n. 4 di effettuare i pagamenti delle retribuzioni tramite cedolini paga, non interferisce in alcun modo con la disposizione di cui all’art. 2955 c.c., comma 1, n. 2, nè con quella di cui all’art. 2956 c.c., comma 1, n. 1, in tema di prescrizioni presuntive, attenendo detto obbligo all’aspetto pubblicistico del rapporto di lavoro, in funzione di controllo della regolarità degli adempimenti fiscali e contributivi connessi con il rapporto medesimo, mentre la disciplina delle prescrizioni presuntive riguarda i profili privatistici del rapporto. Ne consegue che la prescrizione presuntiva si applica anche ai rapporti di lavoro formalizzati per i quali il pagamento della retribuzione è accompagnato da consegna di busta paga, senza che da ciò possa derivare un pregiudizio per il lavoratore, la cui posizione resta garantita dalla declaratoria di incostituzionalità della norma… nella parte in cui consentiva che la prescrizione del diritto alla retribuzione decorresse durante il rapporto di lavoro, ferma la possibilità, in sede di giudizio, di deferire alla controparte che abbia eccepito la prescrizione presuntiva il giuramento decisorio”.

Il giudice designato, con sentenza resa pubblica il 28/11/2013, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava non dovute alla C., dovendosene presumere l’avvenuto pagamento, le somme richieste a titolo di differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori e di compenso per lavoro straordinario, e compensava fra le parti le spese dell’intero giudizio.

La cassazione di tale pronuncia è domandata dalla lavoratrice sulla base di tre motivi. Resiste il Ca. con controricorso illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deve darsi atto che il Collegio ha autorizzato la stesura di motivazione semplificata ai sensi del decreto del Primo Presidente in data 14/9/2016.

1.1 Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2955 c.p.c., comma 2, e art. 2948 c.p.c., comma 4.

La ricorrente, si duole che la Corte distrettuale abbia applicato la prescrizione presuntiva ad un credito, quello da lavoro straordinario, che soggiace invece alla disciplina della prescrizione breve quinquennale, così travisando il dictum espresso della Suprema Corte nella sentenza rescindente.

2. Il motivo è privo di pregio.

Come riportato nello storico di lite, questa Corte di legittimità, nel giudizio rescindente, ha avuto modo di rimarcare come la questione sottoposta al suo scrutinio riguardasse soltanto le differenze retributive conseguenti alla qualifica superiore e il compenso per lavoro straordinario.

Con riferimento, quindi, ai due citati emolumenti oggetto dell’appello, ha rilevato l’erroneità della pronuncia di merito laddove aveva ritenuto inapplicabile nella fattispecie la citata prescrizione presuntiva, riaffermando i dicta giurisprudenziali secondo cui la prescrizione presuntiva si applica anche ai rapporti di lavoro formalizzati per i quali il pagamento della retribuzione è accompagnato da consegna di busta paga.

Nell’ottica descritta, del tutto immune dalle critiche formulate si palesa l’iter motivazionale seguito dalla Corte territoriale laddove ha accertato l’estinzione del credito vantato dalla lavoratrice e comprensivo degli importi rivendicati a titolo di compenso per lavoro straordinario, uniformandosi alla regola giuridica enunciata ed alle premesse logico – giuridiche della decisione (vedi sul punto, ex plurimis, Cass. 16/10/2015, n. 20981).

3. Con il secondo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 233, 421 e 437 c.p.c.. Si lamenta che sia stato dichiarato inammissibile il giuramento decisorio deferito al Ca., giacchè la formula verteva sul pagamento delle singole poste retributive e non sulla estinzione del debito accertato nella sentenza di primo grado per i titoli descritti. Si osserva, per contro, che la maturazione dei singoli ratei era progressiva e che il giuramento deferito atteneva, di conseguenza, ai frazionamento dei singoli importi dovuti per ogni singolo periodo.

4. Il motivo va disatteso.

Occorre premettere che, come già affermato da questa Corte in numerosi suoi approdi (cfr. Cass. 15/05/2007, n. 11195), in tema di prescrizione presuntiva, mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta.

Al fine di paralizzare tale presunzione di pagamento unici mezzi idonei sono, dunque, quanto alla posizione del debitore opponente la prescrizione presuntiva, l’ammissione di non avere estinto l’obbligazione, quanto a quella del creditore, il deferimento al debitore del giuramento decisorio, la cui formula deve comprendere la tesi del debitore relativa all’estinzione del debito (vedi Cass. 24/09/2004, n. 19240).

5. Orbene, a siffatti principi la Corte distrettuale si è conformata, laddove ha affermato con motivazione congrua ed esente da vizi logici, che la parte appellata aveva deferito il giuramento decisorio in riferimento ad una serie di circostanze che, in quanto disancorate dall’oggetto del giudizio di rinvio, non erano idonee a consentire l’accoglimento ovvero il rigetto delle domande basate sui fatti ai quali il giuramento si riferiva. Le circostanze oggetto della prova, attenevano infatti al pagamento di singoli importi mensili (a titolo di salario, festività, tredicesima mensilità,…) ma non recavano alcun tipo di riferimento all’oggetto specifico del giudizio di appello.

Siffatta valutazione espressa dalla Corte di merito, per quanto sinora detto, non è suscettibile di emendamento in questa sede di legittimità ove si considerino i principi, più volte affermati da questa Corte, secondo i quali la valutazione (positiva o negativa) della decisorietà della formula del giuramento è rimessa all’apprezzamento del giudice del merito, il cui giudizio circa l’idoneità della formula a definire la lite è sindacabile in sede di legittimità con esclusivo riferimento alla sussistenza di vizi logici o giuridici attinenti all’apprezzamento espresso dal predetto giudice (vedi Cass. 7/05/2014, n. 9831, Cass. 13/11/2009, n. 24025).

La statuizione espressa al riguardo dalla Corte territoriale, congrua e completa, si sottrae, dunque, alla censura all’esame.

6. Con il terzo motivo la cui proposizione è subordinata all’accoglimento della istanza di correzione di errore materiale ex art. 287 c.p.c., si denuncia violazione dell’art.2055 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto il giudice di rinvio, di dover applicare la prescrizione presuntiva di cui all’art. 2955 c.c., n. 2, al credito rivendicto per differenze retributive relative alle superiori mansioni.

Al di là di ogni considerazione in ordine alla inammissibilità, in sede di legittimità, della proposizione di istanza di correzione di errore materiale avente ad oggetto la sentenza di merito affermata da questa Corte (vedi Cass. 23/3/2015, n. 5727) secondo cui l’istanza di correzione dell’errore materiale deve essere proposta al giudice di merito che ha emesso la sentenza viziata e non alla Corte di legittimità, anche nel caso in cui avverso quella sentenza sia stato già proposto ricorso per cassazione, va rimarcato che la censura è priva di fondamento per le ragioni già indicate in relazione al primo motivo di ricorso.

In definitiva, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso è rigettato.

Il governo delle spese del presente giudizio segue il principio della soccombenza nella misura in dispositivo liquidata.

Occorre, infine, dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida Euro 100,00 per esborsi ed in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2017

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