Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26278 del 25/11/2013


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Civile Ord. Sez. U Num. 26278 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: PETITTI STEFANO

ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
OLIVERIO Luigi, rappresentato e difeso da se medesimo, ai sensi dell’art.
86 cod. proc. civ., con domicilio per legge presso la cancelleria civile della
Corte di cassazione, Piazza Cavour;
– ricorrente contro
GIORDANO Luigi;
– intimato avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 10196 del 2005, depositata
il 19 ottobre 2005;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26
febbraio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
< -11,k,1/4.kek.73-- e' QÀ.. sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Raffaele Ceniccola, che ha concluso chiedendo che venga disposta la notifica dell'ordinanza di integrazione del contraddittorio alle parti. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO L'Avvocato Luigi Oliverio ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 11 luglio 2005, con cui il Tribunale di Napoli, in parziale riforma della sentenza del giudice di Pace di Napoli, aveva condan- Data pubblicazione: 25/11/2013 nato gli appellati S.T. e T. s.a.s. e Oliverio Luigi, in solido tra loro, a pagare all'appellante, Avvocato Luigi Giordano, la somma di Euro 1.120,68, oltre interessi, a titolo di compenso professionale per aver partecipato alla difesa di detta società, in unione con l'Avvocato Oliverio, in un giudizio conclusosi con ordinanza recante la condanna della controparte a rimborsare alla società, assistita da essi difensori, le spese giudiziali per lire Alla pubblica udienza del 22 settembre 2011, fissata per la discussione del ricorso, il Collegio, nulla opponendo il P.G., ha disposto l'integrazione del contraddittorio nei confronti della S.T. e T. s.a.s., parte del giudizio di appello, mediante notifica del ricorso entro il termine di sessanta giorni (decorrente dalla data della stessa udienza, essendo stata l'ordinanza adottata direttamente nel corso dell'udienza medesima) e rinviando la causa a nuovo ruolo, senza disporre alcuna comunicazione alla parte che non aveva presenziato all'udienza. L'Avvocato Oliverio Luigi, difensore di se medesimo, all'udienza in camera di consiglio del 27 marzo 2012, fissata a seguito della mancata ottemperanza, da parte del ricorrente, all'ordinanza che disponeva l'integrazione del contraddittorio (come risultante dall'attestazione della cancelleria in data 24 gennaio 2012), ha chiesto la rimessione in termini per non essergli stata comunicata l'ordinanza 22 settembre 2011, mentre il P.G., nelle conclusioni scritte, ha chiesto l'improcedibilità del ricorso. La Seconda Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 6771 del 2012, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per la eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, in ordine alla questione - ritenuta di massima di particolare importanza - se l'ordinanza con la quale la Corte di cassazione, in assenza dei difensori delle parti costituite, disponga in udienza pubblica o in sede di adunanza camerale la rinnovazione della notificazione del ricorso o l'integrazione del contraddittorio, debba o no essere comunicata a cura della cancelleria ai difensori delle parti costituite. La trattazione del ricorso è stata quindi fissata per l'udienza del 26 febbraio 2013 dinnanzi a queste Sezioni Unite. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. La questione di massima di particolare importanza devoluta all'esame di queste Sezioni Unite è la seguente: se delle ordinanze adot- - 2 - 4.900.000. tate in udienza nel giudizio di cassazione in assenza dei difensori delle parti, ai quali l'avviso di udienza sia stato ritualmente notificato, e segnatamente dell'ordinanza con la quale venga disposta la integrazione del contraddittorio, debba o no essere dato avviso dalla cancelleria della Corte ai difensori delle parti non presenti. 2. Nell'ordinanza interlocutoria si è evidenziato che il codice di rito non prevede un'apposita disciplina in ordine alla comunicazione o meno, ciate all'udienza medesima e che, nell'unico precedente massimato (Cass., sez. 2, n. 440 del 2009), riguardante la medesima questione ricorrente nella specie, è stato applicato il principio generale di cui all'art. 176, comma secondo, cod. proc. civ., per il quale le ordinanze pronunciate in udienza "si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi". Tale principio, ha osservato la Seconda Sezione, non tiene conto della peculiarità del giudizio di cassazione che, essendo connotato, com'è noto, dall'impulso di ufficio, si esaurisce, di norma, in un'unica udienza e prescinde dalla presenza dei difensori delle parti, non obbligati a presenziare all'udienza pubblica e camerale, a differenza di quanto previsto per il giudizio di merito che è invece improntato ad un modello processuale caratterizzato da una sequenza procedimentale, in relazione alla quale ben si giustifica la previsione dell'art. 176, secondo comma, cod. proc. civ., avuto riguardo, fra l'altro, all'inserimento di tale norma nel capo 2^, libro 2^ del codice di procedura civile, riguardante l'istruzione della causa nel procedimento innanzi al Tribunale. La Seconda Sezione, quindi, ritenendo incerta l'applicabilità al giudizio di cassazione dell'art. 176, secondo comma, cod. proc. civ., anche alla luce del principio del giusto processo, comportante la necessità di assicurare l'effettività del diritto di difesa, del contraddittorio e della leale collaborazione tra le parti e il giudice - necessità diretta ad evitare un grave pregiudizio alla parte, nell'ipotesi di mancata comunicazione dell'ordinanza adottata in udienza, comportante nel caso di mancata esecuzione dell'ordine di integrazione del contraddittorio, l'inammissibilità del ricorso ovvero la sua improcedibilità ove sia stato omesso il deposito dell'atto di integrazione di cui all'art. 371-bis cod. proc. civ. (Cass. n. 10863 del - 3 - alle parti che non hanno presenziato all'udienza, delle ordinanze pronun- 2010) -, ha ravvisato la opportunità di rimettere gli atti al Primo Presidente per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. 3. Il Collegio ritiene che l'ordinanza con la quale in udienza viene disposto un adempimento (rinnovazione della notificazione del ricorso ovvero integrazione del contraddittorio) a carico di una parte, ove questa non abbia partecipato alla udienza pur se ritualmente avvisata, debba es- guentemente, ove detta comunicazione non sia stata disposta, non possano verificarsi le conseguenze di cui agli artt. 291, terzo comma, e 331, secondo comma, cod. proc. civ. 3.1. La possibilità di ritenere che l'ordinanza emessa in udienza possa ritenersi conosciuta dal difensore della parte che ha ricevuto l'avviso di fissazione dell'udienza pubblica (o dell'adunanza camerale) presuppone che possa essere configurato a carico del difensore l'onere di essere presente alla pubblica udienza ovvero all'adunanza camerale, così come l'art. 176, secondo comma, del codice di rito prevede per i difensori nel giudizio di primo grado, con disposizione applicabile anche al giudizio di appello, ai sensi dell'art. 359 cod. proc. civ. Invero, solo ove si ritenga sussistente un simile onere di partecipazione potrebbe predicarsi la insussistenza di un dovere di comunicazione, a cura della cancelleria, dei provvedimenti adottati dal Collegio che pongano a carico della parte non rappresentata adempimenti, dalla mancata osservanza dei quali possono discendere conseguenze processuali negative e irreparabili a carico della parte stessa. Un simile onere, tuttavia, non può ritenersi sussistente per il giudizio di cassazione. L'art. 176, secondo comma, cod. proc. civ., a tenore del quale «le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che avrebbero dovuto parteciparvi», è disposizione che presuppone un onere di partecipazione a carico delle parti, nel senso che la mancata comparizione dei difensori determina l'applicabilità della disciplina prevista dagli artt. 171, 181 e 309 cod. proc. civ. e l'adozione dei provvedimenti ivi indicati. L'esistenza di un siffatto onere è affermata da Cass. n. 837 del 1999, secondo cui «la mancata partecipazione di una delle parti all'udienza di discussione si risolve nell'inosservanza di un one4 sere comunicata alla parte stessa a cura della cancelleria e che, conse- re processuale le cui conseguenze gravano sulla parte stessa, sicché nel caso in cui l'udienza predetta abbia comunque avuto luogo, e sia stato in tal sede disposto un rinvio ad altra data, nessuna comunicazione di tale rinvio va data alla parte assente (in virtù del principio di conoscenza o conoscibilità delle ordinanze pronunciate in udienza per le parti presenti o considerate tali), senza che, in contrario, possa, legittimamente invocarsi vedono l'obbligo di comunicazione del decreto di rinvio dell'udienza alle parti non presenti alla pronuncia del provvedimento), applicabile alla sola, diversa ipotesi del rinvio disposto prima (e fuori) dell'udienza dal giudice, su istanza di parte o d'ufficio» (in senso conforme, con specifico riferimento al processo del lavoro, Cass. n. 7866 del 2004, secondo cui «nel rito del lavoro nessuna norma impone al giudice di rinviare la decisione della causa in assenza del difensore di una delle parti, ove tale difensore risulti aver avuto legale conoscenza della data dell'udienza e non abbia addotto alcun legittimo impedimento, essendo, anzi, ai sensi dell'art. 420 cod. proc. civ., vietate le udienze di mero rinvio, onde è da ritenersi che la mancata partecipazione all'udienza di discussione si risolva nell'inosservanza di un onere processuale le cui conseguenze gravano sulla parte stessa»). In effetti, la situazione giuridica soggettiva della parte sembra correttamente definita "onere", perché dalla mancata presenza non deriva la necessità di applicare una sanzione, ma solo la perdita di facoltà o comunque il verificarsi di conseguenze sfavorevoli non afflittive. 3.2. Tale dovere, invece, non è configurabile per il giudizio di cassazione, il quale, come si è soliti affermare, è dominato dall'impulso d'ufficio (Cass. n. 8685 del 2012; Cass. n. 21153 del 2010; Cass. n. 12581 del 2004; Cass., S.U., n. 17295 del 2003; Cass. n. 4767 del 2003); il che comporta la non applicabilità in via analogica (Cass. n. 11200 del 2003) di disposizioni, quali ad esempio quelle in materia di interruzione, che, essendo previste per il giudizio di merito, postulano l'applicazione del principio dispositivo e non operano in un giudizio che, una volta iniziato con il deposito del ricorso, è destinato comunque a concludersi con una pronuncia della Corte, a prescindere dallo svolgimento di ulteriori attività da parte del ricorrente. - 5 - la disciplina dettata dagli artt. 82, 115 disp. att. cod. proc. civ. (che pre- Costituisce riprova del carattere officiddel giudizio di cassazione - SO inteso quale insorgenza del dovere della Corte di pronunciarsi sul ricorso per il fatto stesso che il ricorso è stato depositato ed a prescindere da comportamenti ulteriori delle parti - la previsione, contenuta nell'art. 26 della legge n. 183 del 2011 (rilevante ai fini che qui interessano, ancorché abrogata dall'art. 14 del decreto-legge n. 212 del 2011, convertito, pendenti davanti alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi avverso le pronunce pubblicate prima della data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, la cancelleria avvisasse le parti costituite dell'onere di presentare istanza di trattazione del procedimento, con l'avvertimento delle conseguenze di cui al comma 2; conseguenze consistenti in ciò che le impugnazioni si intendevano rinunciate se nessuna delle parti avesse dichiarato la persistenza dell'interesse alla loro trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla ricezione dell'avviso di cui al comma 1. Tale disciplina, che ha costituito un tentativo di porre rimedio all'arretrato dei procedimenti civili pendenti dinnanzi alla Corte di cassazione e alle Corti d'appello, presupponeva, infatti, l'esistenza di un obbligo, per la Corte di cassazione, di pronunciarsi una volta che il ricorso fosse stato depositato, a prescindere dai comportamenti successivi delle parti, a meno che tale comportamento non consistesse nella mancata presentazione nel termine previsto della istanza di interesse. 3.3. Nel giudizio di cassazione, dunque, la partecipazione del difensore delle parti all'udienza di discussione, della cui fissazione gli stessi siano stati ritualmente e tempestivamente avvisati, non comporta l'insorgenza di un onere in capo al difensore di essere presente alla detta udienza, rientrando la partecipazione effettiva del difensore nell'ambito della esplicazione delle attività connesse all'esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che, trattandosi di esercizio di facoltà, non può essere ipotizzato alcun effetto negativo per la parte che non se ne avvalga, e segnatamente quello di considerare comunque presente il difensore all'udienza della quale ha avuto l'avviso di fissazione, con la conseguenza della perdita del diritto alla comunicazione dei provvedimenti eventualmente adottati dal Collegio direttamente in udienza. Né dal mancato e- - 6 - con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2012), che nei procedimenti civili sercizio della facoltà di partecipare all'udienza di discussione può ritenersi discenda un onere di diligenza, a carico del difensore, di attivarsi presso la cancelleria della Corte al fine di acquisire informazioni in ordine all'esito della udienza stessa. Ciò, ovviamente, non ha nulla a che vedere con la rilevanza della funzione del difensore anche nel giudizio di cassazione, nel senso che la delle facoltà delle quali il difensore può scegliere di avvalersi, non comporta affatto la connotazione della detta attività in termini di non significatività o di mera complementarietà rispetto agli scritti difensivi già depositati (ricorso, controricorso ed eventuale memoria ex art. 378 cod. proc. civ.). Invero, la scelta del difensore di partecipare o no all'udienza di discussione può dipendere da molteplici fattori, peraltro tutti accomunati dalla valutazione dello stesso difensore in ordine alla necessità di una integrazione, nei limiti consentiti, delle difese già svolte ovvero della replica alle difese avversarie. Quel che rileva, dunque, è solo che il difensore sia stato avvisato ritualmente e tempestivamente dello svolgimento dell'udienza di discussione e che sia, quindi, stato posto in condizione di parteciparvi e di effettuare tutte le valutazioni di sua competenza in ordine alle migliori modalità di esercizio del diritto di difesa nella fase considerata. Dalla sua mancata comparizione all'udienza di discussione non potrà, allora, farsi discendere alcuna conseguenza processuale negativa per la posizione della parte rappresentata. E non vi è dubbio che la mancata comunicazione, da parte della cancelleria, dell'ordinanza che ponga a carico della parte non comparsa l'obbligo di effettuare taluni adempimenti, il cui mancato assolvimento può comportare la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, si configuri esattamente come una conseguenza negativa, che risulterebbe priva di giustificazione non essendo predicabile l'onere del difensore di partecipare all'udienza di discussione; e ciò tanto più nel caso in cui il difensore abbia già svolto adempimenti difensivi in vista dell'udienza, quali il deposito dei documenti di cui all'art. 372 cod. proc. civ. o della memoria ex art. 378 cod. proc. civ. 4. La soluzione qui non condivisa non potrebbe neanche fondarsi sulla qualificazione della disposizione di cui all'art. 176, secondo comma, riconduzione della partecipazione all'udienza di discussione nell'ambito come un principio generale dell'ordinamento processuale. Una tale qualificazione, invero, non appare praticabile sulla base del semplice rilievo che l'applicazione della detta disposizione al procedimento esecutivo è veicolata dal disposto dell'art. 487, secondo comma, cod. proc. civ., a norma del quale, appunto, «per le ordinanza del giudice dell'esecuzione si osservano le disposizioni degli articoli 176 e seguenti in In effetti, desta perplessità attribuire carattere di principio generale ad una norma che, in realtà, è espressamente richiamata, e su tale assunto ritenerla applicabile ad un giudizio, quello di legittimità, regolato da una disciplina particolare, in ragione della peculiarità della sua struttura, al quale, oltretutto, non possono applicarsi analogicamente le norme processuali previste esclusivamente per i giudizi di merito. In ogni caso, pur rinvenendosi pronunce di questa Corte che definiscono la disposizione di cui all'art. 176, secondo comma, cod. proc., civ., principio di carattere generale (v., da ultimo, Cass. n. 18184 del 2010), non può non rilevarsi come la detta affermazione non valga ad escludere la rilevanza dell'esplicito rinvio contenuto nell'art. 487, secondo comma, cod. proc. civ. Certamente, e con più specifico riferimento al giudizio di legittimità, non costituisce un precedente significativo in senso contrario l'ordinanza n. 440 del 2009, secondo cui «al verbale di udienza, sia essa pubblica o camerale, deve attribuirsi fede privilegiata, fino a querela di falso, sia della provenienza dal cancelliere che lo redige e degli atti da questi compiuti, sia dei fatti che egli attesta essere avvenuti in sua presenza, per cui, in difetto della descritta querela e di una sentenza che accerti la non veridicità del verbale, trova applicazione il principio generale di cui all'art. 176, secondo comma, cod. proc. civ., per il quale le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi»; in detta fattispecie, infatti, il difensore della parte onerata dell'adempimento era presente, secondo le risultanze del verbale d'udienza, sicché non potrebbe predicarsi altro che la conoscenza effettiva del contenuto dell'ordinanza risultante dal verbale. 5. Da ultimo, non può non considerarsi la sproporzione esistente tra l'ipotetico mancato assolvimento di un onere in capo al difensore (ma, si - 8 - quanto applicabili e quella dell'articolo 186». è detto, la partecipazione all'udienza di discussione nel giudizio di legittimità costituisce, per il difensore, esercizio di una facoltà difensiva) e le conseguenze che da quella inottemperanza possono discendere a carico della parte. La conseguenza del mancato adempimento all'ordine impartito all'udienza di discussione alla quale il difensore della parte onerata non zione della notificazione del ricorso o di integrazione del contraddittorio conseguenza assai probabile, se non certa, in caso di mancata conoscenza della ordinanza che ha impartito quell'ordine - invero, consiste nella inammissibilità del ricorso (Cass., S.U., n. 10463 del 2003; Cass. n. 10863 del 2010); consiste, cioè, in una sanzione irrimediabile e irreversibile applicata in mancanza di una disposizione che positivamente imponga l'onere di partecipazione del difensore alle udienze della Corte di cassazione e sul presupposto di una asserita conoscibilità della stessa affermata facendo applicazione al giudizio di legittimità di una disposizione relativa al giudizio di merito e, per via del richiamo contenuto nel citato art. 487, secondo comma, cod. proc. civ., al processo di esecuzione. Costituisce, del resto, principio condiviso dal Collegio, quello per cui dinnanzi a due possibili interpretazioni alternative della norma processuale deve essere preferita quella maggiormente aderente al dettato costituzionale; e il principio del giusto processo, come introdotto dal novellato art. 111, primo comma, Cost., impone di discostarsi da interpretazioni suscettibili di ledere il diritto di difesa della parte ovvero ispirate ad un formalismo funzionale non già alla tutela dell'interesse della controparte ma piuttosto a frustrare lo scopo stesso del processo, che è quello di consentire che si pervenga ad una decisione di merito (Cass. n. 3362 del 2009). 6. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: «l'ordinanza con la quale la Corte di cassazione disponga, in udienza pubblica o in sede di adunanza camerale, la rinnovazione della notificazione del ricorso o l'integrazione del contraddittorio, quando sia emessa in assenza delle parti costituite, rappresentate dai rispettivi difensori, deve essere comunicata a cura della cancelleria». 7. Per effetto dell'ora affermato principio, poiché, nel caso di specie, - 9 - sia comparso pur se ritualmente e tempestivamente avvisato, di rinnova- la integrazione del contraddittorio è stata disposta dal Collegio con ordinanza adottata in udienza in assenza delle parti costituite, del mancato adempimento al detto onere non può tenersi conto; ne consegue che, ferma la necessità della integrazione del contraddittorio già disposta dal Collegio della Seconda Sezione con ordinanza emessa all'udienza pubblica dell'Il maggio 2011, deve assegnarsi alle parti un nuovo termine di ses- dalla comunicazione della presente ordinanza, disponendosi altresì la prosecuzione del giudizio dinnanzi alla Seconda Sezione. PER QUESTI MOTIVI La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, assegna per l'integrazione del contraddittorio disposta con ordinanza emessa all'udienza in data 22 settembre 2011, il termine di giorni sessanta dalla comunicazione della presente ordinanza; rinvia la causa a nuovo ruolo dinnanzi alla II Sezione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di cassazione, il 26 febbraio 2013. santa giorni per effettuare la integrazione del contraddittorio, decorrente

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