Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26271 del 22/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26271 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: BOGNANNI SALVATORE

ORDINANZA
sul ricorso 10248-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
CERAGIOLI GIOVANNI (CRGGNN34B20B4550) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA VALLISNERI 11, presso lo studio
dell’avvocato PACIFICI PAOLO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GUERRINI ELIDO giusta procura a margine
del controricorso;

– controficorrente –

Data pubblicazione: 22/11/2013

avverso la sentenza n. 16/18/2010 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di FIRENZE del 25/01/2010,
depositata il 02/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE

è presente il P.G. in persona del Dott. ENNIO ATTIMO SEPE.

Ric. 2011 n. 10248 sez. MT – ud. 24-10-2013
-2-

BOGNANNI;

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione Sesta (Tributaria)
R.G. ric. n. 10248/11

Ricorrente: agenzia entrate
Controricorrente: Giovanni Ceragioli

Ordinanza
Svolgimento del processo

1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana n. 16/18/10, depositata il 2 marzo
2010, con la quale, accolto in parte l’appello di Giovanni Ceragioli contro la decisione di quella provinciale, l’opposizione,
inerente a tre avvisi di accertamento, due relativamente
all’Irpef, Iva e ritenute erariali per le annualità 1998-99, e
l’altro, pure per la prima imposta circa il reddito di fabbricati
per il 2000, veniva ritenuta parzialmente fondata. In particolare
il giudice di secondo grado osservava che alcune delle operazioni
passive di acquisto di vini erano in realtà insussistenti,
appurato dalla Guardia di finanza in sede di verifica,
l’attività vera e propria di carattere commerciale non era emersa,
atteso che tutte le operazioni di vendita risultavano insussistenti, e pertanto alcun ricarico poteva essere effettuato circa
un’attività non posta in essere in concreto. In ordine alle fatture passive registrate solo a matita, il giudice di appello rilevava che si trattava in realtà di acquisti realmente compiuti, e che
tale comportamento denotava soltanto un’irregolarità contabile, ma
non comportava la indeducibilità dei costi, né la indetraibilità
dell’Iva. Infine quanto ai redditi da fabbricati, per i quali la
prevista dichiarazione era stata omessa, gli stessi non potevano
essersi realizzati, perché gli immobili risultavano già ceduti a
terzi in epoca precedente. Ceragioli resiste con controricorso,
mentre la ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1

Oggetto: opposizione ad avvisi accertamento,

2

2. Pregiudizialmente va rilevato che il ricorso è formulato
col sistema c.d. dell’assemblaggio, per il quale la ricorrente lo
ha confezionato col riportarvi tutto il contenuto degli avvisi di
accertamento; dei ricorsi e delle sentenze dei gradi di merito,
così violando la relativa disposizione di legge circa la sommaria

lo sorreggono, sicchè esso è per tal verso inammissibile. Invero,
com’è noto, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali
è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la
vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a
soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in
quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a
leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la
scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenze n. 5698 del 11/04/2012,
n. 19255 del 2010).
3. Si tratta, com’è agevole notare, di vizio dirimente, che non
consente la delibazione dei motivi addotti a sostegno del ricorso,
i quali perciò rimangono assorbiti.
4. Ne deriva che il medesimo va dichiarato inammissibile.
5. Quanto alle spese del giudizio, esse seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la •rrente al
rimborso delle spese del giudizio a favore del controricorrente, e
che liquida in complessivi euro 100,00 per esborsi ed euro7.500,00(settemilacinquecento/00) per onorario, oltre a quelle
generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2013.

esposizione dei fatti della causa, e l’enunciazione dei motivi che

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