Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26270 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 18/11/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 18/11/2020), n.26270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7547-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrente –

contro

S.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato FRANCESCA RAMICONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 303/2014 del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata

il 12/09/2014 R.G.N. 268/2014.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con sentenza del 12.9.14, il tribunale dell’Aquila ha condannato l’INPS a corrispondere alla signora S.G. l’assegno di invalidità civile.

2. In particolare, all’esito di giudizio – promosso dall’INPS – di opposizione ad accertamento tecnico preventivo (ATP) dell’invalidità, il tribunale ha ritenuto che i requisiti sanitari per l’assegno richiesto risultassero da CTU espletata in altro giudizio, relativo a indennità di accompagnamento e pensione, conclusosi con il diniego della prestazione; il tribunale ha quindi condannato l’INPS al pagamento della prestazione, con decorrenza dalla domanda.

3. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per quattro motivi, cui resiste l’assistita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente, lamentando violazione degli artt. 112,443 e 445 c.p.c., art. 2909 c.c., deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – che la sentenza impugnata è viziata per non aver dichiarato improponibile la domanda giudiziaria per difetto di specifica domanda amministrativa relativa alla prestazione in questione.

5. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente, lamentando violazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3 conv. in L. n. 326 del 2003, nonchè artt. 100, 112,445 bis c.p.c., deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – che la sentenza impugnata è viziata per aver trascurato la decadenza dell’assistito dall’azione e per aver omesso di pronunciarsi sull’eccezione relativa, ritualmente sollevata dall’Istituto.

6. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente, lamentando violazione degli artt. 112 e 445 bis c.p.c., deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – vizio di ultrapetizione della sentenza, che ha pronunciato condanna dell’INPS, non richiesta dalla parte, in luogo di emettere mera pronuncia dichiarativa.

7. Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente, deducendo violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13, e art. 2697 c.c., lamenta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – che la sentenza impugnata ha condannato al pagamento della prestazione senza accertare i requisiti economici della prestazione richiesta, e trascurando inoltre che il giudizio di accertamento tecnico preventivo era limitato all’accertamento del solo requisito sanitario.

8. Il collegio ritiene di esaminare il secondo motivo di ricorso per il principio della “ragione più liquida” della decisione.

9. Risulta dagli atti che l’INPS abbia sollevato in causa l’eccezione di decadenza dell’assistita dall’azione giudiziaria D.L. n. 269 del 2003, ex art. 42, comma 3, conv. in L. n. 326 del 2003. L’INPS lamenta che su detta eccezione il tribunale non si sia pronunciato espressamente.

10. Invero, la sentenza impugnata ha espressamente affermato che, rispetto alla discussione sui requisiti sanitari, “ogni ulteriore e diversa questione relativa al successivo riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale, comunque esulante dall’accertamento dello stato invalidante, potrà essere oggetto di ulteriore procedimento giudiziale”; ha aggiunto poi che “riguardando l’opposizione dell’INPS non le risultanze dell’accertamento peritale, la stessa non può che ritenersi inammissibile”. Sulla base di quanto ora detto, può ritenersi che la sentenza abbia implicitamente ritenuto la questione di decadenza estranea all’oggetto del giudizio e quindi inammissibile. Non vi è dunque un vizio di omessa pronuncia.

11. Peraltro, l’INPS con il medesimo motivo evidenzia che l’assistita è comunque decaduta dall’azione giudiziale, e che tale decadenza coinvolgerebbe anche il procedimento per ATP.

12. Le parti controvertono sulla necessità di nuova domanda amministrativa dell’assistita, specifica per l’assegno di invalidità, all’esito della definizione del giudizio sulla spettanza della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento. Questo Collegio ritiene che, anche ad ammettere l’idoneità della domanda amministrativa già presentata dall’interessata (per le sole pensione ed indennità di accompagnamento) a fungere da domanda amministrativa anche per la “minore” prestazione oggi richiesta giudizialmente (l’assegno di invalidità), l’azione giudiziaria volta al conseguimento dell’assegno sarebbe inammissibile in ragione della maturazione del termine di decadenza, computato con riferimento alla (unica) domanda amministrativa presentata.

13. In questa sede, peraltro, si pone un ulteriore problema, se l’eccezione di decadenza poteva essere sollevata in un giudizio avente ad oggetto il mero accertamento delle condizioni sanitarie, destinato ad essere concluso con sentenza non appellabile. Secondo la configurazione del procedimento desumibile da Cass. Sez. Lav. 6010/2014, infatti, l’oggetto del giudizio in questione di accertamento tecnico preventivo è limitato, restando così esclusa ogni questione diversa dall’accertamento delle condizioni sanitarie.

14. L’INPS sostiene per converso che, il generale principio dell’interesse ad agire (che richiede la prova della necessità dell’attività giurisdizionale richiesta ai fini della tutela giurisdizionale di diritti) postula in ogni caso una verifica di alcune condizioni dell’azione (quali competenza, litispendenza, esistenza di domanda amministrativa, proposizione del ricorso nel rispetto del termine decadenziale, età dell’assistito astrattamente utile per beneficiare della prestazione richiesta), in mancanza delle quali l’attività espletata nell’accertamento delle condizioni sanitarie sarebbe inutiliter data, riferendosi a prestazione che comunque non potrebbe mai essere conseguita giudizialmente.

15. Tale ultima posizione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato sempre che non sarebbe ipotizzabile un accertamento mero delle condizioni sanitarie fine a se stesso, non finalizzato ad ottenere una prestazione.

16. Si è infatti sempre affermata l’improponibilità di azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che integrino solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto che può costituire oggetto di accertamento giudiziale solo nella sua interezza, e ciò in quanto la tutela giurisdizionale è tutela di diritti (arg. ex art. 24 Cost., art. 2907 c.c.artt. 99 e 278 c.p.c.) e i fatti possono essere accertati dal giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sè, per gli effetti possibili e futuri. Solo in casi eccezionali, predeterminati per legge, possono essere accertati i fatti separatamente dal diritto che l’interessato pretende di fondare su di essi (lo stato dei luoghi, per urgenti esigenze probatorie: art. 696 c.p.c.; sulla verità di un documento: art. 220 c.p.c., sulla verificazione di scrittura privata e art. 221 c.p.c. sulla querela di falso). Non sono ritenute, quindi, di norma proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti pur giuridicamente rilevanti, ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva del diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziale solo nella sua funzione genetica del diritto azionato, e cioè nella sua interezza (v., fra le tante, per l’inammissibilità dell’azione di mero accertamento dello stato di invalidità civile, Cass. n. 6731 del 2014, Cass. n. 1035 del 2015 e numerose successive conformi).

17. Con la novella del 2011, il legislatore ha introdotto un accertamento giudiziale delle condizioni sanitarie (ATP), strumentale e preordinato all’adozione del provvedimento amministrativo dell’ente previdenziale di attribuzione di una prestazione, previdenziale o assistenziale, che dev’essere indicata nel ricorso; l’accertamento, divenuto definitivo con il decreto di omologa, sarà poi vincolante nei confronti dell’ente previdenziale competente per l’erogazione, che, ai sensi dell’art. 445-bis, comma 5 dovrà limitarsi all’accertamento della sussistenza dei requisiti extrasanitari.

18. Il nuovo procedimento di ATP va letto tenendo conto della volontà deflativa ed acceleratoria perseguita dal legislatore, impedendo, tuttavia, che l’accertamento del requisito sanitario si ponga come fattore a sè stante, avulso dal diritto sostanziale che si intende realizzare, di cui non a caso fa esplicita menzione il citato art. 445-bis, comma 1 laddove individua la legittimazione attiva in capo a “chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti” e ancora l’accertamento sanitario alla “pretesa fatta valere”.

19. In relazione a ciò deve ritenersi, come già affermato da questa Corte (Cass. Sez. Lav., sentenza n. 19267 del 17 luglio 2019) che l’ammissibilità dell’ATP presuppone, come proiezione dell’interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), che l’accertamento medico-legale, pur sempre richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad un concreto interesse del ricorrente che renda azionabile la pretesa alla detta prestazione: agli effetti dell’ammissibilità dell’ATP, occorre dunque che il giudice adito accerti sommariamente, nella verifica dei presupposti processuali, oltre alla propria competenza, anche la ricorrenza di una delle ipotesi per le quali è previsto il ricorso alla procedura prevista dall’art. 445-bis, nonchè la presentazione della domanda amministrativa, l’eventuale presentazione del ricorso amministrativo, la tempestività del ricorso giudiziario; quanto al profilo dell’interesse ad agire, occorre che il giudice valuti l’utilità dell’accertamento medico richiesto al fine del riconoscimento del diritto soggettivo sostanziale di cui l’istante si affermi titolare, utilità che potrebbe difettare ove manifestamente carenti, con valutazione prima facie, altri presupposti della prestazione previdenziale o assistenziale in vista della quale il ricorrente domanda l’accertamento tecnico (v., in tal senso, anche Cass. n. 5338 del 2014). All’esito positivo di tale verifica e ritenuti sussistenti, sulla base della prospettazione del ricorrente, i requisiti per dare ingresso all’accertamento tecnico, il giudice proseguirà nella procedura descritta dalla disposizione, dovendo altrimenti dichiarare il ricorso inammissibile.

20. Tale inammissibilità dell’ATP sussiste in particolare ove sia maturata la decadenza dall’azione giudiziaria per beneficiare della indicata prestazione, posto che ogni azione richiede un interesse ad agire; dunque, l’eventuale ricorrenza di eventuali situazioni impeditive al conseguimento della prestazione richiesta, quale la decadenza maturata in capo all’assistito, rivelando la carenza di interesse del ricorrente all’azione, rendono inammissibile la domanda giudiziale.

21. Con specifico riferimento al caso di specie, anche ad ammettere -come sopra detto – l’utilità dell’unica domanda amministrativa presentata dall’assistita, è pacifico che la comunicazione all’assistita del provvedimento di rigetto della domanda amministrativa sia del 4 novembre 2010, e che il ricorso giurisdizionale per ATP relativo alle condizioni per fruire dell’assegno sia stato depositato solo all’esito del giudizio introdotto dall’assistita per il conseguimento della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento, e precisamente solo in data 15 ottobre 2013, ben oltre il termine di decadenza.

22. Ne deriva che l’azione giudiziaria proposta dall’assistita è inammissibile in ragione dell’intervenuta decadenza.

– 23. La sentenza impugnata deve dunque essere cassata in relazione al motivo accolto, restando gli altri motivi assorbiti.

24. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando inammissibile la domanda dell’assistita.

25. Spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara inammissibile la domanda della S..

– Condanna la scorrente al pagamento in favore dell’INPS delle spese di lite, che si liquidano in Euro 2000 per competenze professionali, oltre Euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

 

 

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