Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26270 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. II, 18/10/2018, (ud. 20/04/2018, dep. 18/10/2018), n.26270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11319/2014 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

DELL’UMANESIMO 69, presso lo studio dell’avvocato CARMELA DEL PRETE,

rappresentato e difeso dall’avvocato VIRGINIO PALAZZO;

– ricorrente –

contro

D.C., C.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA NICANDRO 55, presso lo studio dell’avvocato BARBARA D’ANGELO,

rappresentati e difesi dagli avvocati FRANCESCO SPIRITO, MONICA

QUADRINO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6089/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/04/2018 d l Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO.

Fatto

RILEVATO

che il signor D.S. ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma che, riformando interamente la sentenza del Tribunale di Latina, ha rigettato la domanda da lui proposta avverso i signori D.C. e C.G., avente ad oggetto la demolizione del fabbricato in corso di costruzione da parte dei convenuti, poichè edificato in aderenza al proprio, in dedotta violazione delle NTA del Comune di Lenola, le quali imponevano il rispetto di una distanza minima di cinque metri dal confine;

che la corte capitolina ha posto a fondamento della propria decisione una triplice ratio decidendi, argomentando che:

1) la costruzione in aderenza rispetto al fabbricato di proprietà dell’attore, edificato sul confine, doveva considerarsi legittima sulla base della Delib. Consiglio Comunale Lenola 27 febbraio 2004, n. 5/2004, che ha offerto l’interpretazione autentica dell’art. 5 delle NTA del Comune nel senso che tale disposizione consentirebbe la costruzione in aderenza rispetto a pareti non finestrate di preesistenti fabbricati posti sul confine, quale quello di proprietà dell’odierno ricorrente;

2) anche qualora tale Delib. non potesse considerarsi come mera interpretazione, ma come provvedimento innovativo rispetto alla disciplina previgente, l’adesione alla menzionata Delib. Comunale n. 5 del 2004, manifestata dalla Regione Lazio con nota del 25.5.2005 varrebbe quale perfezionamento dell’iter amministrativo volto alla introduzione della disciplina innovativa, la quale risulterebbe idonea a legittimare anche situazioni non conformi alla disciplina urbanistica precedente;

3) in ogni caso, la costruzione in aderenza sarebbe stata da giudicare legittima in forza dell’accordo al riguardo concluso con la scrittura privata del 26.04.1985, sottoscritta dai danti causa degli odierni contendenti;

che i signori D.C. e C.G. hanno depositato controricorso;

che la causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio del 20 aprile 2018, per la quale entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che col primo motivo il ricorrente attinge la prima e la seconda ratio decidendi, lamentando l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in cui la corte di appello sarebbe incorsa non considerando in alcun modo la circostanza che la Delib. Consiglio Comunale Lenola n. 5 del 2004, posta a fondamento della decisione qui impugnata, aveva formato oggetto di annullamento da parte della sentenza del TAR Lazio, sez. di Latina, n. 1174/2010, depositata nel giudizio di merito giusta verbale dell’udienza del 4 giugno 2013;

che col secondo motivo il ricorrente attinge specificamente la seconda ratio decidendi, lamentando la violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c. e art. 5 delle NTA del Comune di Lenola, in cui la corte di appello sarebbe incorsa affermando l’idoneità della Delib. n. 5 del 2004, a legittimare la costruzione in aderenza, nonostante che tale Delib. non fosse stata adottata, come necessario per il contrarius actus, secondo il medesimo procedimento previsto per l’adozione del piano regolatore generale e nonostante che, comunque, secondo il ricorrente, l’innovazione recata con detta delibera non sarebbe stata applicabile alle costruzioni preesistenti;

che col terzo motivo il ricorrente attinge la terza ratio decidendi denunciando la violazione di legge in cui la corte di appello sarebbe incorsa fondando la propria decisione, in via gradata, sulla scrittura privata del 26.4.1985, senza considerare, per un verso, che le disposizioni dettate dalla disciplina edilizia ed urbanistica comunale, essendo volta a tutelare interessi di natura pubblicistica, non sarebbero derogabili da convenzioni tra privati e, per altro verso, che la suddetta convenzione non essendo stata sottoscritta dall’odierno ricorrente, non sarebbe che col quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., nella parte in cui la corte avrebbe applicato il criterio della soccombenza nel porre le spese dei due gradi di merito a carico dell’odierno ricorrente, senza compensare le stesse in considerazione dl fatto che la Delib. Consiglio Comunale Lenola n. 5 del 2004, posta a fondamento della decisione, era stata emanata dopo l’instaurazione del giudizio;

che il primo motivo – da riqualificare come denuncia di omesso esame di fatto decisivo, ai sensi del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – è fondato, perchè la corte territoriale, nel fondare la propria decisione sull’interpretazione autentica delle NTA (prima ratio decidendi) o su una modifica delle NTA (seconda ratio decidendi) recata dalla Delib. Comunale n. 5 del 2004 – ha completamente omesso di esaminare il fatto, evidentemente decisivo, che tale delibera era stata annullata in sede giurisdizionale, come dedotto e documentato nel giudizio di merito mediante la produzione della sentenza del TAR Lazio, sez. di Latina, n. 1174/2010; nè, ai fini del giudizio sulla fondatezza del mezzo di gravame, può attribuirsi rilievo alle circostanze, dedotte nel controricorso, che la parete aderente sarebbe non finestrata e che la possibilità di costruire in aderenza sarebbe stata riconosciuta già nella Delib. Consiliare n. 61 del 1987, nonchè, nuovamente, nella ulteriore Delib. Consiliare n. 52 del 2012; tali circostanze sono infatti estranee alle motivazioni della sentenza gravata – che fonda il riconoscimento del diritto di costruire in aderenza dei signori D.C. e C.G. esclusivamente sulla Delib. n. 5 del 2004 – nè possono formare oggetto di accertamento in questa sede, cosicchè la loro prospettazione non osta alla cassazione della sentenza gravata, salva la possibilità della loro riproposizione in sede di rinvio;

che il secondo motivo, attingendo una ratio decidendi pur essa fondata sulla Delib. Comunale n. 5 del 2004, risulta assorbito dall’accoglimento del primo;

che il terzo mezzo – mentre è inammissibile là dove censura la sentenza gravata per aver ritenuto la convenzione del 26.04.1985 opponibile all’odierno ricorrente, in quanto la doglianza difetta di specificità, perchè non attinge l’affermazione della corte distrettuale che ha fondato tale opponibilità sul rilievo che D.S. è erede universale del sottoscrittore della convenzione D.G. – va invece giudicato fondato là dove censura l’affermazione della sentenza gravata secondo cui la suddetta convezione avrebbe validamente derogato alla disciplina delle NTA, giacchè in tema di distanze legali nelle costruzioni le prescrizioni contenute nei piani regolatori e nei regolamenti edilizi comunali, essendo dettate, contrariamente a quelle del codice civile, a tutela dell’interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati e tali deroghe, se concordate, sono invalide, nè tale invalidità può venire meno per l’avvenuto rilascio di concessione edilizia, poichè il singolo atto non può consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte, con gli indicati strumenti urbanistici (così, Cass. 9751/10, conf. Cass. 2117/04);

che il quarto mezzo, relativo alla regolazione delle spese, è assorbito;

che quindi in definitiva il ricorso va accolto con riferimento al primo mezzo e, nei sensi di cui in motivazione, al terzo mezzo, con assorbimento del secondo e del quarto, e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla corte di appello di Roma, perchè la stessa proceda a nuovo esame della controversia.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e, nei sensi di cui in motivazione, il terzo mezzo di ricorso, dichiara assorbiti il secondo ed il quarto mezzo, cassa la sentenza gravata e rinvia ad altra sezione della corte di appello di Roma, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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