Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26265 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18361-2018 proposto da:

P.V., M.S., M.V.L.,

M.M., M.C., M.G., nella qualità di

eredi di MI.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 28, presso lo STUDIO LEGALE ALESSI, rappresentati e

difesi dagli avvocati ENRICO CARUSO, GUIDO SINATRA, CARLO ALESSI;

– ricorrenti –

contro

BANCA DI GIRGENTI SPA IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in

persona del Commissario liquidatore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DONIZEITI 7, presso lo studio dell’avvocato

GIROLAMO BONGIORNO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CARMELO LATINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 856/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI

MARCO.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 10/5/2017, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha disposto la sospensione, fino alla definizione del procedimento penale specificamente indicato in sentenza, del giudizio instaurato dalla Banca di Girgenti s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, per la dichiarazione di inefficacia, ex art. 2901 c.c., di taluni atti di disposizione posti in essere da Mi.Gi. (asserito debitore della banca attrice) nei confronti della moglie P.V. e delle figlie M.S. e M.M.;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come il giudizio promosso con l’azione revocatoria avanzata dalla Banca di Girgenti s.p.a. fosse stato già in precedenza sospeso in attesa della definizione del procedimento penale per bancarotta fraudolenta avviato nei confronti di Mi.Gi., già componente del consiglio di amministrazione della medesima banca;

che tale sospensione era stata motivata dal giudice civile in ragione della necessità di accertare l’effettiva sussistenza del credito della Banca di Girgenti s.p.a. (costituitasi parte civile) nei confronti del Mi.;

che ad esito del procedimento penale, la Corte di cassazione aveva disatteso i ricorsi proposti avverso la sentenza d’appello in relazione ai relativi capi penali, ed aveva tuttavia disposto il rinvio al giudice civile competente in grado di appello ai fini della liquidazione del danno rivendicato dalla Banca di Girgenti s.p.a. nei confronti (anche) del Mi.;

che, avendo le parti riassunto il giudizio proposto ex art. 2901 c.c. dalla Banca di Girgenti s.p.a., gli eredi del Mi. (nelle more deceduto) avevano eccepito l’estinzione del giudizio, in ragione della tardività dell’atto di riassunzione;

che, ciò posto, il tribunale (con decisione sul punto confermata dalla sentenza d’appello), nel disattendere l’eccezione di estinzione, evidenziava come il giudizio ex art. 2901 c.c. dovesse ritenersi ancora sospeso, poichè la causa pregiudicante (espressamente indicata in quella finalizzata all’individuazione dell’effettivo credito della Banca di Girgenti s.p.a. nei confronti del Mi.) non era stata ancora definita, attesa la prosecuzione della fase di rinvio a seguito della sentenza della Corte di cassazione penale;

che, avverso la sentenza d’appello, M.G., P.V.L., M.S., M.M., M.V. e M.C., tutti in qualità di eredi di Mi., propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

che la Banca di Girgenti s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa, resiste con controricorso;

che nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., i ricorrenti e la Banca di Girgenti s.p.a. ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con l’unico motivo d’impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 75 c.p.p., comma 3, dell’art. 622c.p.p. e dell’art. 615c.p.p., comma 3, degli artt. 295,297 e 307 c.p.c., nonchè per vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare l’intervenuta estinzione del giudizio promosso ex art. 2901 c.c. dalla Banca di Girgenti s.p.a., essendo decorso il termine utile per la riassunzione a seguito della pronuncia della sentenza della Corte di cassazione con la quale era stato definito il giudizio penale pregiudicante, atteso che il termine per la riassunzione del processo sospeso decorre, a seguito della pronuncia della Corte di cassazione, dalla data della lettura in udienza del relativo dispositivo;

che il motivo è inammissibile;

che, al riguardo, osserva il Collegio come i ricorrenti abbiano prospettato il vizio in esame senza cogliere in modo specifico la ratio individuata dal giudice a quo a sostegno della decisione assunta;

che, sul punto, varrà richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 4 (Sez. 3, Sentenza n. 359 del 11/01/2005, Rv. 579564 – 01, sul punto ribadita da Cass., Sez. Un. 7074 del 2017, in motivazione);

che, nella specie, avendo la corte territoriale confermato la sospensione del giudizio evidenziando come la causa pregiudicante non fosse stata ancora compiutamente definita (essendo ancora sub iudice il punto concernente la liquidazione del credito della Banca di Girgenti s.p.a. nei confronti del Mi., espressamente indicato, nell’originario provvedimento di sospensione del giudizio ex art. 2901 c.c., quale ragione della disposta sospensione del processo), l’odierna censura dei ricorrenti, nel riproporre la questione dell’intervenuto decorso del termine per la riassunzione del giudizio sospeso (peraltro, sulla base dell’errato presupposto costituito dalla pretesa decorrenza del termine per la riassunzione del processo civile a far data dalla pronuncia del dispositivo della sentenza penale), dimostra di non essersi punto confrontata con la decisione impugnata, con la conseguente inammissibilità della censura per le specifiche ragioni in precedenza indicate;

che, conseguentemente, sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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