Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26263 del 22/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 26263 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

sentenza con motivazione semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di
questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

ricorrente

contro
BESATE Lina, BOLLEA Giovanna, FERRAROTTI Maria, RONZELLO Francesco Salvatore e ROSSO Giovanni, rappresentati e difesi, in
forza di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.
Pietro Frisani, con domicilio presso il suo studio in Roma,
piazza del Popolo, n. 18;
– controricorrenti –

3Q

Data pubblicazione: 22/11/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Milano depositato
in data 6 agosto 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5 novembre 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Salvato, il quale ha concluso
per raccoglimento del ricorso.
Ritenuto che la Corte d’appello di Milano, con decreto in
data 6 agosto 2012, in parziale accoglimento della domanda
proposta da Lina Basate, Giovanna Bollea, Maria Ferrarotti,
Francesco Salvatore Ronzello e Giovanni Rosso, ha condannato
il Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, in
favore di ciascun ricorrente, della somma di euro 2.000 a titolo di equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001,
n. 89, per l’irragionevole durata di un processo amministrativo dinanzi al TAR Piemonte, iniziato il 2 giugno 2000 e definito con decreto di perenzione del 15 marzo 2012;
che la Corte d’appello – premesso che, nel giudizio presupposto, la perenzione è maturata il 2 febbraio 2009 (data di
comunicazione del relativo avviso ai ricorrenti) e che non è
stata presentata alcuna istanza di prelievo – ha rilevato che
la durata complessiva del processo presupposto risulta pari a
circa otto anni (fino al giugno 2008, data di entrata in vigo-

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Giusti;

re del d.l. n. 112 del 2008) ed eccede il limite di ragionevolezza di tre anni;
che la Corte territoriale ha liquidato il danno morale in
euro 400 per anno di ritardo, tenuto conto sia della posta in

che per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Ministero ha proposto ricorso, con atto notificato il 5 dicembre 2012, sulla base di due motivi;
che gli intimati hanno resistito con controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una
motivazione semplificata nella redazione della sentenza;
che con il primo motivo (violazione dell’art. 2056 cod.
civ. e dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001) si censura che
la Corte d’appello abbia riconosciuto un indennizzo (ancorché
in misura ridotta) nonostante abbia escluso una lesione
dell’interesse alla durata ragionevole del giudizio, in ragione del sostanziale disinteresse all’esito della lite;
che con il secondo mezzo si lamenta contraddittoria motivazione su un fatto controverso;
che i due motivi – i quali, stante la loro connessione,
possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati;
che il giudice del merito, nel riconoscere l’equa riparazione a fronte dell’accertamento della violazione del diritto
alla ragionevole durata del processo, si è attenuto al principio per cui, in caso di violazione del termine di durata ra-

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gioco che del sostanziale disinteresse all’esito della lite;

gionevole del processo, il diritto all’equa riparazione di cui
all’art. 2 della legge n. 89 del 2001 spetta a tutti i soggetti che ne siano parti, indipendentemente dal fatto che essi
siano risultati vittoriosi o soccombenti, costituendo l’ansia

del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo, ad eccezione del caso in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio in difetto di una condizione soggettiva di
incertezza (Caso., Sez. VI-1, 23 dicembre 2011, n. 28592);
che non sussistono i vizi denunciati dal ricorrente, perché
la Corte territoriale – esclusa la computabilità del periodo
di durata del processo presupposto successiva al 25 giugno
2008, in ragione della mancata presentazione dell’istanza di
prelievo ed in applicazione dell’art. 54 del decreto-legge n.
112 del 2008 – per il periodo pregresso ha dato rilievo, correttamente (Cass., Sez. I, 10 febbraio 2011, n. 3271), alla
mancata attivazione di strumenti sollecitatori e al comportamento inerte dei ricorrenti in funzione riduttiva della misura
dell’indennizzo, anche tenendo conto della modesta entità della posta in gioco;
che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza.
PER QUESTI MOTIVI

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e la sofferenza per l’eccessiva durata i riflessi psicologici

La Corte rigetta il ricorso e

condanna il ricorrente al

rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida in complessivi euro 393, di cui euro 293 per
compensi, oltre ad accessori di legge.

zione civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 novembre
2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Se-

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