Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26263 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9800-2018 proposto da:

G.S. in persona dell’Amministratore di sostegno Avvocato

ANNALISA PENCO, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

VITTORIO PETROCCO;

– ricorrente –

contro

D.P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 34, presso lo studio dell’avvocato FABIO PIACENTINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO IAVICOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 100/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 22/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI

MARCO.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 22/1/2018, la Corte d’appello di Genova ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da G.S. per la condanna di D.P.M. al risarcimento dei danni da responsabilità professionale, avendo il convenuto, in qualità di notaio, rogato un contratto di vitalizio tra l’attore e la società Letizia s.r.l. senza rilevare lo stato di incapacità naturale del G. al momento della conclusione del contratto;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come nessuna responsabilità potesse rinvenirsi nel comportamento del notaio, essendosi quest’ultimo limitato alla ripetizione, in forma pubblica ai fini della trascrizione, di una scrittura privata già conclusa tra le parti, con la conseguente attenuata rilevanza dell’adempimento dell’obbligo del notaio di procedere all’indagine sull’effettiva volontà negoziale delle parti ai fini della corrispondenza dell’atto agli scopi dagli stessi perseguiti attraverso la sua stipulazione;

che, sotto altro profilo, la corte territoriale ha evidenziato come, sulla base degli elementi di prova acquisiti, fosse rimasta comprovata l’oggettiva impossibilità, per il notaio convenuto, di percepire l’eventuale condizione di incapacità naturale del G. al momento della stipulazione dell’atto in forma pubblica, con la conseguente insussistenza di alcun profilo idoneo a giustificare il riconoscimento dell’invocata responsabilità professionale del notaio convenuto;

che, avverso la sentenza d’appello, G.S., unitamente ad Annalisa Penco, quale relativa amministratrice di sostegno, propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che D.P.M. resiste con controricorso;

che, a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., le parti hanno presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

preliminarmente, di dover pronunciare l’improcedibilità del ricorso, non avendo parte ricorrente provveduto al tempestivo deposito della copia notificata della sentenza impugnata nei termini imposti dall’art. 369 c.p.c.;

che, al riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, in tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata e il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell’improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, a nulla rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, ponendosi la procedibilità come verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità;

che, parimenti, il deposito di un’ulteriore istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, con ad essa allegata anche la relata di notifica della sentenza gravata, avvenuto in data successiva alla comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale non impedisce la menzionata sanzione, atteso che, da un lato, il detto deposito, a tal fine, deve avvenire entro il termine perentorio di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, e, dall’altro, non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 21386 del 15/09/2017, Rv. 645764 01);

che, peraltro, il ricorso deve ritenersi, in ogni caso, manifestamente infondato, oltre che affetto da ulteriori profili di inammissibilità;

che, infatti, con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, , del Regolamento Notarile, art. 67, della L. Notarile, art. 47, del codice deontologico notarile, art. 37 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato l’inesistenza dell’obbligo del notaio di accertare la reale volontà delle parti contraenti dallo stesso assistite, allorquando le stesse abbiano già precedentemente stipulato in altra forma l’atto da rogare, in contrasto con il contenuto dei parametri normativi specificamente indicati, e per avere erroneamente affermato l’oggettiva non percepibilità delle condizioni di incapacità del G. al momento della stipula dell’atto, in contrasto con il preciso significato degli indici di prova critica analiticamente richiamati in ricorso;

che, al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale, lungi dall’affermare l’inesistenza dell’obbligo del notaio di accertare la reale volontà delle parti contraenti dallo stesso assistite allorquando le stesse abbiano già in precedenza stipulato in altra forma l’atto da rogare, ha evidenziato come, in occasione del compimento del rogito in esame, il notaio D.P. ebbe effettivamente ad osservare le norme della legge e del regolamento notarile richiamate dal ricorrente, essendosi lo stesso “accertato che il contenuto (dell’atto) fosse chiaro alle parti e che le stesse intendessero sottoscriverlo”;

che, ciò posto, “ogni più approfondita indagine (doveva ritenersi) superflua alla luce del vincolo negoziale già esistente”, atteso che gli obblighi notarili connessi alla puntuale verifica della volontà delle parti, lungi dal riguardare l’esame del carattere viziato della volontà delle parti, devono ritenersi diretti ad assicurare che l’atto negoziale dallo stesso curato corrisponda all’effettiva volontà dei contraenti e che gli stessi abbiano raggiunto un’adeguata percezione del risultato perseguito e degli strumenti più opportuni ad ottenerlo;

che, sulla base di tali premesse, avendo le parti limitato l’incarico nella specie conferito al notaio alla mera ripetizione in forma pubblica (ai fini della trascrizione) di una scrittura privata tra le stesse già stipulata, correttamente il giudice a quo ha sottolineato la significativa attenuazione degli obblighi riferiti al controllo dell’effettiva volontà delle parti, in presenza di impegni già in precedenza irrevocabilmente espressi e reciprocamente assunti;

che, viceversa, con riguardo all’obbligo del notaio di astenersi dalla prestazione della propria opera in caso di sospetto sul mancato pieno possesso, da parte dei contraenti, delle proprie facoltà intellettive, la corte territoriale ha espressamente evidenziato come, nel caso di specie, nessun elemento di prova consentisse di affermare in modo certo l’oggettiva riconoscibilità delle condizioni di incapacità naturale del G. al momento del compimento dell’atto, sottolineando, in chiave analitica, i termini dell’insufficiente efficacia rappresentativa degli elementi probatori invocati dall’originario attore;

che, al riguardo, con riferimento alla contestazione dell’oggettiva non percepibilità delle condizioni di incapacità del G. al momento della stipula dell’atto, varrà evidenziare come il ricorrente si sia limitato ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente lo stesso nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

che, nel caso di specie, al di là del formale richiamo al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam della doglianza così avanzata dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;

che si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;

che, ciò posto, la doglianza così formulata deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;

che, con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione della L. Notarile, art. 28, dell’art. 1418 c.c. e dell’art. 643 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di considerare la rilevanza dello stato di bisogno del G. al momento della stipulazione dell’atto, anche ai fini del riscontro dell’avvenuta conclusione del contratto in esame ad esito del reato di circonvenzione di incapace consumato ai danni dell’odierno ricorrente e, pertanto, ai fini della verifica della nullità dell’atto rogato;

che, al riguardo, osserva il Collegio come la questione sollevata dal ricorrente con il motivo in esame (con particolare riguardo al tema relativo alla considerazione della rilevanza dello stato di bisogno del G. al momento della stipulazione dell’atto, ai fini del riscontro dell’avvenuta conclusione del contratto in esame ad esito del reato di circonvenzione di incapace consumato ai danni dell’odierno ricorrente in considerazione del relativo stato di bisogno e, pertanto, ai fini della verifica della nullità dell’atto rogato) non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, se si eccettui il rilievo, da parte del giudice a quo, dell’assoluta novità della domanda proposta dal G. in correlazione al dedotto concorso del D.P. nel reato di circonvenzione di incapace ai danni del ricorrente;

che, sul punto, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di puntuale e completa allegazione del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (cfr. ex plurimis, Sez. 2 -, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018, Rv. 650009 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018, Rv. 649332 01),

che, non avendo il ricorrente in alcun modo provveduto alle ridette allegazioni, il motivo deve ritenersi per ciò stesso inammissibile;

che, conseguentemente, sulla base delle gradate considerazioni svolte, dev’essere dichiarata l’improcedibilità del ricorso, cui segue la condanna del ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre l’attestazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del doppio contributo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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