Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26261 del 06/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 06/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 06/12/2011), n.26261

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27417-2010 proposto da:

COMUNE DI CASTELLO DI CISTERNA in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio dell’avvocato MORRICO ENZO, rappresentato e difeso dagli

avvocati MORANTE ROBERTO, DE FALCO LIBERATO FRANCESCO, giusta

deliberazione n. 3 dell’11.11.2010 e giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C. (OMISSIS) vcd. R., elettivamente

domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avv. CERVONE BENIAMINO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1575/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

9.4.2010, depositata il 27/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

E stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti. “Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva:

1. In data (OMISSIS) la piccola Ru.An., mentre percorreva in bicicletta una strada del parco (OMISSIS), restò incastrata con la ruota in un tombino privo di chiusura e non segnalato, riportando lesioni guarite con postumi permanenti.

Con citazione notificata l’8 agosto 1999 R.A. e C. C., ih proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sulla minore, convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli il predetto Ente, chiedendo il risarcimento dei danni patiti in conseguenza del sinistro.

Il convenuto, costituitosi in giudizio, contestò la domanda. Con sentenza del 7 febbraio 2007 il giudice adito la rigettò.

Proposto gravame da C.C., vedova di R.A., deceduto nelle more, la Corte d’appello di Napoli, in data 27 aprile 2010 l’ha invece accolta, per l’effetto condannando il Comune di Castello di Cisterna al pagamento in favore di C.C., in proprio e nella qualità, della somma di Euro 12.000,00, oltre accessori. Secondo il decidente parte attrice aveva dimostrato i fatti costitutivi della pretesa azionata: segnatamente aveva provato che la caduta era stata determinata dalla presenza sulla strada di un tombino privo di chiusino, per incuria e mancata manutenzione, di talchè, considerato che la strada dove i fatti si erano verificati faceva parte del demanio comunale, l’Ente convenuto era tenuto a risarcire i danni.

2. Il Comune di Castello di Cisterna ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.

Resiste con controricorso C.C..

3. Il ricorso, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, è soggetto alla disciplina dettata dall’art. 360 bis, inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a). Esso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., per esservi rigettato.

4. A prescindere dai profili di inammissibilità dell’impugnazione proposta nei confronti di RU.An., impugnazione notificata alla genitrice, nella qualità di legale rappresentante, pur essendo la stessa divenuta nelle more maggiorenne – alla stregua del principio per cui è inammissibile l’impugnazìone notificata al genitore del minore clic abbia raggiunto la maggiore età nel corso del giudizio, benchè l’evento non sia stato dichiarato nè notificato, atteso che lo stato di incapacità per minore età è per sua natura temporaneo e il raggiungimento della maggiore età, costituendo un evento prevedibile nell’an e nel quando, è sottratto a forme di pubblicità (confr. Cass. civ. 28 luglio 2005, n. 15783;

Cass. civ. 16 novembre 2005, n. 23082) – l’unico motivo di ricorso, col quale l’impugnante denuncia violazione del principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c., è, per certi aspetti inammissibile, per altri infondato.

4.1 Anzitutto gli ampi richiami a documenti pretesamente dimostrativi che il tombino in prossimità del quale si era verificato l’incidente era, all’epoca dei fatti, perfettamente coperto, sono gravemente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza. E invero il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell’omessa o erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere, riguardante il c.d. contenente, va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere assolto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento. La violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (Cass. civ. 4 settembre 2008, n. 22303). Nella fattispecie entrambi sono rimasti inadempiuti.

4.2 Sotto altro, concorrente profilo, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, ormai assurto a diritto vivente, per cui, in tema di responsabilità per danni da beni di proprietà della Pubblica amministrazione, l’ente pubblico risponde dei pregiudizi subiti dall’utente, secondo la regola generale dell’art. 2043 c.c., norma che non limita affatto la responsabilità della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un’insidia o di un trabocchetto, di talchè, secondo la disciplina propria dell’illecito aquiliano, graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene, che va considerata fatto di per sè idoneo – in linea di principio – a configurare il comportamento colposo della P.A., mentre incomberà a questa dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l’impossibilità di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo (confr. Cass. 6 luglio 2006, n. 15383). A ciò aggiungasi che siffatto ordine di idee ha a suo tempo ricevuto il significativo avallo della Corte costituzionale la quale, chiamata a scrutinare la conformità con gli artt. 3, 24 e 97 Cost., degli artt. 2051, 2043 e 1227 c.c., ha ritenuto infondato il dubbio proprio in ragione della aderenza ai principi della Carta fondamentale del nostro Stato dell’interpretazione affermatasi nella giurisprudenza di legittimità (confr. Corte cost. n. 156 del 1999).

4.3 Infine le contestazioni del positivo apprezzamento della prova offerta dagli attori sui fatti costitutivi della pretesa azionata attengono a questione di stretto merito. E invero, attraverso la surrettizia evocazione di vizi di violazione di legge, in realtà inesistenti, il ricorrente contesta la valutazione del materiale istruttorio, svolgendo critiche volte esclusivamente a sollecitare una rilettura dei fatti e delle prove, preclusa in sede di legittimità (confr. Cass. civ. 4 maggio 2009, n. 10232; Cass. civ. 19 marzo 2009, n. 6669)”.

Ritiene il collegio di dovere fare proprio il contenuto della sopra trascritta relazione, alla quale il ricorrente non ha del resto neppure replicato.

Il ricorso è respinto.

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700,00 (di cui Euro 1.500,00 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2011

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