Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26260 del 28/09/2021

Cassazione civile sez. lav., 28/09/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 28/09/2021), n.26260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2589/2020 proposto da:

H.M.A., (ALIAS S.A. ALIAS S.A.),

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PAOLO TACCHI VENTURI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2956/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/07/2019 R.G.N. 2240/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. H.M.A. (alias S.A. alias S.A.) cittadino del Bangladesh, espatriato per dichiarate ragioni economiche e giunto in Italia attraverso la Libia, dove era restato a lavorare per due anni, chiese al Tribunale di Venezia il riconoscimento della protezione internazionale, o in subordine il riconoscimento del suo diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, misure già negategli in sede amministrativa dalla Commissione territoriale.

2. Il Tribunale rigettò le domande e la Corte di appello di Venezia investita del gravame dal richiedente asilo ha confermato il provvedimento di primo grado.

3. La Corte territoriale ha ritenuto insussistenti le condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato e quelle previste per il riconoscimento della protezione sussidiaria osservando che non era emerso che la fuga era stata determinata dall’esistenza di un grave danno ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ed inoltre neppure era ravvisabile la minaccia grave alla vita o alla persona derivante da una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale ai sensi del citato art. 14, lett. c). Del pari ha escluso il diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

4. H.M.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza ed ha articolato quattro motivi. Il Ministero dell’Interno si è limitato a depositare tardivamente una memoria di costituzione al fine di partecipare alla discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

5. Il primo motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione del principio di specializzazione dell’organo giudicante composto da un magistrato della sezione specializzata un applicato ed un ausiliario è infondato.

5.1. Questa Corte, in fattispecie consimile, ha affermato che “la composizione mista di Collegi destinati alla trattazione specialistica della materia del lavoro, con un magistrato della Sezione Lavoro e due delle Sezioni civili della Corte, stabilita prima dell’udienza fissata per la discussione è legittima in quanto frutto di una straordinaria procedura di “assegnazione interna” temporanea cui il Presidente della Corte ha fatto ricorso per fronteggiare l’allarmante situazione di sofferenza della Sezione Lavoro a fronte un elevato numero di procedimenti pendenti accompagnato da una grave scopertura di organico (Cass. n. 10410 dell’1/06/2020); – pertanto, la suddetta composizione è stata reputata conforme al principio di precostituzione del giudice naturale di cui all’art. 25 Cost., art. 6 CEDU e art. 47 CDFUE, trovando la sua solida base nella normativa, primaria e secondaria del CSM, che disciplina l’istituto della “assegnazione interna” dei magistrati; – non dissimile rispetto a tale ipotesi deve ritenersi quella relativa al caso di specie, nel quale i giudici civili sono stati chiamati a far parte dei collegi addetti alla protezione internazionale proprio per far fronte all’esigenza straordinaria ed urgente dettata dall’enorme mole di impugnazioni e dalla necessità di tutela dei diritti fondamentali ad essi sottesi” (cfr. Cass. 30/09/2020 n. 29448).

6. Il secondo motivo di ricorso con il quale è denunciata, in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, l’apparenza della motivazione ritenuta sostanzialmente inesistente e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, D.P.R. n. 394 del 1999, artt. 11 e 29 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 bis, deve essere dichiarato inammissibile.

6.1. Le deduzioni del ricorrente – il quale si duole dell’omessa valutazione dell’età, delle condizioni personali, del viaggio e della condizione del paese di origine, dove non esisterebbe una rete parentale e amicale che gli possa garantire una sussistenza libera e dignitosa mentre in Italia si era creato forti relazioni personali tra compagni di scuola e colleghi di lavoro che perderebbe in caso di rimpatrio – sono del tutto generiche e non consentono al Collegio di apprezzare, dalla lettura del ricorso l’effettiva esistenza delle carenze denunciate.

6.2. Neppure è possibile comprendere in che termini si è svolto il libero esame del richiedente del quale si deduce ancora genericamente che non sarebbero state approfondite circostanze che avrebbero dovuto essere il primo termine di paragone per una compiuta motivazione.

7. E’ generica la censura oggetto del terzo motivo di ricorso.

7.1. Pur dolendosi della pretesa utilizzazione di fonti internazionali inidonee e non conferenti rispetto al caso di specie tuttavia il ricorrente trascura di chiarire rispetto a cosa l’indagine avrebbe dovuto essere svolta e neppure indicata l’esatta area geografica di riferimento sicché non è possibile comprendere in che modo l’ampia e documentata motivazione abbia trascurato invece aspetti rilevanti e decisivi.

8. Anche l’ultimo motivo di ricorso è inammissibile.

8.1. La Corte territoriale ha dato atto del fatto che il ricorrente è arrivato in Italia attraverso la Libia dove si era trattenuto per ragioni di lavoro per circa due anni. Era perciò necessario che in ossequio al principio di specificità delle censure dettato dall’art. 366 c.p.c., il ricorrente quanto meno allegasse dove come e quando le diverse circostanze che assume essere state trascurate erano state allegate davanti al giudice.

8.2. Peraltro va rammentato che il permesso di soggiorno per motivi umanitari non può essere accordato automaticamente per il solo fatto che il richiedente abbia subito violenze o maltrattamenti nel paese di transito, ma solo se tali violenze per la loro gravità o per la durevolezza dei loro effetti abbiano reso il richiedente “vulnerabile” ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5; ne consegue che è onere del richiedente allegare e provare come e perché le vicende avvenute nel paese di transito lo abbiano reso vulnerabile, non essendo sufficiente che in quell’area siano state commesse violazioni dei diritti umani (cfr. Cass. 16/12/2020 n. 28781).

9. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio atteso che il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente senza svolgere alcuna attività giudiziaria. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

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