Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26258 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. I, 18/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 18/11/2020), n.26258

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11061/2019 proposto da:

J.I., elettivamente domiciliato in Roma, Via Federico Cesi

n. 72, presso lo studio dell’Avvocato Andrea Sciarrillo,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Massimo Petracci, giusta

procura speciale in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Ancona depositato in data

5/3/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/10/2020 dal cons. Dott. Alberto Pazzi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. con decreto depositato in data 5 marzo 2019 il Tribunale di Ancona respingeva il ricorso proposto da J.I., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

il Tribunale, fra l’altro:

i) riteneva che le dichiarazioni del migrante (il quale aveva raccontato di aver subito un’aggressione a fini estorsivi) fossero credibili, eccettuata la riconducibilità a motivi politici dell’accaduto, e dovessero essere qualificate come una vicenda di giustizia comune priva di una connotazione partitica;

ii) rilevava che alcuni degli aggressori erano stati arrestati dalla polizia;

iii) osservava di conseguenza, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), che non emergevano “elementi da cui desumere la sussistenza di una grave ed individuale minaccia nei confronti del richiedente perchè quest’ultimo riferisce, in parte, di episodi che sono stati risolti dal sistema di protezione del paese di provenienza, in altra parte troverebbero comunque tutela in caso di rientro” (pag. 5);

iv) reputava, sulla base delle informazioni disponibili, che la sola presenza dei civili nell’area di provenienza del migrante non costituisse un pericolo per la vita e l’incolumità fisica;

v) constatava infine l’inesistenza di problematiche soggettive del genere di quelle tipizzate dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. a – d, e di condizioni individuali di elevata vulnerabilità, anche causate dallo sradicamento dal contesto socio-economico nazionale, poichè nel paese di origine non erano segnalate compromissioni all’esercizio dei diritti umani e il ricorrente, depositando soltanto tre cedolini, non aveva dato prova di aver seriamente intrapreso un percorso di integrazione sociale e lavorativa in Italia;

2. ricorre per cassazione avverso questa pronuncia J.I. al fine di far valere due articolati motivi di impugnazione; il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1-bis e art. 116 c.p.c.: il Tribunale avrebbe giustificato la propria valutazione di non credibilità omettendo di fare ricorso ai criteri di legge in materia, così come non avrebbe esaminato con attenzione le dichiarazioni del migrante, che aveva compiutamente delineato la figura del suo persecutore e le ragioni del suo accanimento;

il collegio di merito, inoltre, avrebbe consapevolmente omesso di prendere in considerazione le informazioni riguardanti l’effettiva capacità dello Stato di provenienza di fornire protezione ai propri cittadini e le responsabilità del medesimo per violenze e sistematiche violazioni delle libertà fondamentali;

il Tribunale, per di più, avrebbe completamente travisato o parzialmente interpretato le fonti citate, minimizzando la situazione di instabilità politica esistente, al fine di ritenere non accordabile la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c; infine, il procedimento giudiziale di esame della domanda di protezione risulterebbe illegittimo in ragione della delega attribuita a un giudice onorario a presenziare all’udienza di comparizione, malgrado in questa materia non sia possibile fare ricorso ai magistrati onorari;

4. il motivo risulta in parte infondato, in parte inammissibile;

4.1 la valutazione di affidabilità delle dichiarazioni del richiedente asilo è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici indicati all’interno del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 oltre che di criteri generali di ordine presuntivo idonei a illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese (Cass. 20580/2019);

la norma in parola obbliga in particolare il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto a un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche a una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. 21142/2019);

il giudice di merito si è ispirato a questi criteri laddove, all’esito dell’esame delle dichiarazioni rese dal migrante, ha ritenuto che il narrato fosse credibile, ad eccezione della riconducibilità a motivi politici dell’aggressione denunciata, rilevando a quest’ultimo proposito – come previsto dall’art. 3, comma 5, lett. c), sopra citato – che il racconto offerto dal richiedente asilo non era stato adeguatamente circostanziato;

una volta constatato come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo sia il risultato di una decisione compiuta alla stregua dei criteri indicati dalla normativa in materia, è sufficiente aggiungere che la stessa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;

si deve invece escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito;

censure di questo tipo si riducono, infatti, all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce invece alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019);

4.2 il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, laddove prevede che le dichiarazioni del migrante vadano considerate veritiere se l’autorità competente a decidere sulla domanda ritiene, fra l’altro, che le stesse siano coerenti e plausibili e nel contempo non siano in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, indica un criterio di coerenza interna, razionale ed esterna a cui il giudice si deve necessariamente attenere nell’apprezzare l’attendibilità del racconto del richiedente asilo nella sua complessità;

il criterio di coerenza esterna con le informazioni sul paese di origine vale dunque quale elemento concorrente nella metodica di valutazione della credibilità del narrato del migrante e non può essere utilizzato, secondo un procedimento inverso, per escludere dal novero delle risultanze istruttorie disponibili alcune delle dichiarazioni già ritenute credibili dal giudice sulla base degli altri criteri, anche perchè il carattere generale di questo tipo di informazioni non può valere a smentire quanto narrato dallo stesso migrante rispetto alla sua specifica vicenda in termini apprezzati come verosimili;

il collegio di merito ha quindi opportunamente valutato le dichiarazioni rese dallo stesso migrante al fine di apprezzare l’efficienza della polizia nel dargli protezione in passato e rispetto alla possibilità di continuare a offrire tutela in caso di rimpatrio;

4.3 non può neppure essere predicata l’erronea valutazione da parte del giudice di merito delle cd. fonti privilegiate di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3;

sul punto la censura si caratterizza per la sua genericità, perchè tenta di fornire un quadro generale di inefficienza e insicurezza del paese di origine omettendo però di contrastare puntualmente i rilievi del collegio di merito, che dai report disponibili ha ricavato la dimostrazione dell’esistenza di un sistema giudiziario non inefficiente relativamente alle vicende privatistiche;

la critica quindi, mirando in realtà a un’inammissibile rivisitazione del giudizio di merito già espresso dal Tribunale, non indica un oggettivo travisamento delle fonti informative disponibili e propone invece una diversa interpretazione delle stesse, senza peraltro premurarsi di valorizzare, nell’ambito delle notizie offerte, quelle pertinenti alle precipue caratteristiche della vicenda narrata;

4.4 ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile a una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018);

il Tribunale si è ispirato a simili criteri laddove ha escluso, prendendo in esame una serie di informazioni aggiornate sulla situazione all’epoca esistente, che il paese di provenienza del migrante, pur in presenza di violenze rivolte al partito islamista e di iniziative verso i vertici del (OMISSIS), sia teatro di persecuzioni generalizzate;

non rivestiva poi alcun valore la situazione di instabilità politica addotta dal ricorrente, ove la stessa non rivestisse caratteristiche tali da dare origine a quella condizione di violenza generalizzata necessaria per il riconoscimento della forma di protezione in discorso; la critica quindi, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca in realtà di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dal Tribunale, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018);

4.5 nessun vizio discende dalla delega a un giudice onorario dello svolgimento dell’udienza di comparizione;

a questo proposito la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto occasione di precisare che non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito il giudice onorario di Tribunale abbia proceduto all’audizione del richiedente, rimettendo poi la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, poichè il D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10 recante la riforma organica della magistratura onoraria, consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici onorari, compresa l’assunzione di testimoni, mentre l’art. 11 medesimo decreto esclude l’assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari solo per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non rientrano quelli di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (Cass. 4887/2020);

5.1 il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, la nullità del decreto impugnato in ragione di una sostanziale carenza di pronuncia sul punto: il Tribunale, a dire di parte ricorrente, avrebbe dovuto valutare che il raggiungimento di un’integrazione sociale, personale e lavorativa nel paese di accoglienza poteva costituire un elemento di valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza di una condizione di vulnerabilità, alla luce del rischio di subire una deprivazione dei diritti umani in conseguenza della vicenda che aveva indotto il migrante alla fuga;

5.2 il motivo è inammissibile;

il Tribunale ha accertato, in fatto, l’inesistenza di ragioni di carattere umanitario tali da consentire il riconoscimento della forma di protezione residuale in questione;

in particolare, a giudizio del collegio di merito il migrante non avrebbe dimostrato di aver positivamente intrapreso un percorso di integrazione sociale e lavorativa, non valendo a tale scopo la produzione di tre cedolini paga;

inoltre, il Tribunale ha posto in rilievo come non siano segnalate compromissioni all’esercizio dei diritti umani nel paese di provenienza, dove il migrante non si troverebbe nella condizione di non poter soddisfare i suoi bisogni primari e le ineludibili esigenze di vita;

a fronte di questi accertamenti, che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito, la doglianza da un lato sviluppa deduzioni astratte e di principio, che non scalfiscono la ratio decidendi, dall’altro intende non tanto denunciare un vizio processuale attinente al contenuto della motivazione, quanto piuttosto proporre nella sostanza una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017);

6. in conclusione, in forza delle ragioni sopra illustrate, il ricorso deve essere respinto;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

 

 

 

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