Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26257 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20967-2018 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI PORTA

PINCIANA 4, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO IMBARDELLI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI

GIOVANNELLI;

– ricorrente –

contro

S.G., S.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CASSIODORO 19, presso lo studio dell’avvocato CORRADO SELVANETTI,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SERGIO BIAGINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1230/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 31/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRASSO

GIUSEPPE.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto, per quel che qui rileva, che della vicenda processuale è opportuno ricordare quanto appresso:

– in accoglimento della domanda proposta da S.S. e S.G. il Tribunale condannò P.M. ad eliminare due finestre e una gronda dal suo fabbricato per violazione delle distanze;

– la Corte d’appello, in parziale riforma, condannò il P. “a ridurre e spostare le due finestre sul lato sud fino al rispetto della distanza minima di cm. 75 dal confine ed a demolire la gronda, rigettando la domanda per l’altra finestra”;

– la Corte di cassazione, accolto il primo motivo del ricorso proposto dal P., cassò con rinvio la sentenza d’appello, rinvenendo vizio motivazionale “circa la distanza di cm 47,50 dal fondo S. e la possibilità di esercitare veduta laterale ed obliqua, trattandosi di proprietà a martello, cosicchè dalle finestre del P. si può guardare sia lateralmente sia di sbieco, in violazione dell’art. 906 c.c. ed alla distanza minima di cm 75”;

– riassunto il processo, la Corte d’appello, in sede di rinvio rigettò l’appello del P.;

ritenuto che avverso quest’ultima statuizione P.M. ricorre sulla base di unitaria censura, ulteriormente illustrata da memoria, e che gli intimati resistono con controricorso;

ritenuto che il ricorrente denunzia omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, evidenziando, in sintesi, che:

– il CTU aveva errato ad escludere che il fabbricato dei S. fosse stato ricostruito difformemente, per forma e volumetria, dalla preesistente costruzione, affidandosi ad apprezzamenti empirici (tracce edilizie da intonaco), che erano contrastati irrefutabilmente dalle valutazioni del CTP;

– conferma di ciò si traeva da altra sentenza, divenuta definitiva, intervenuta fra le medesime parti, pubblicata il 30/4/2013, la quale aveva acclarato lo stravolgimento di sagoma della nuova costruzione dei S., che avrebbe dovuto rispettare la distanza dal confine “ma anche se lo avesse fatto permanevano sempre le violazioni delle distanze delle vedute oblique delle due finestre P. dal confine catastale dei S. perchè questa distanza dal confine rimane immutata”;

considerato che il ricorso è inammissibile per una convergente pluralità di ragioni:

a) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); conseguendone che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U. n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831);

b) la Corte d’appello, confermando la decisione di primo grado, ha condiviso l’apporto di sapere proveniente dal CTU, richiamato in sede di rinvio, facendolo consapevolmente proprio, dopo aver esaminato le risultanze di causa, fra le quali le osservazioni del CTP, di talchè non è configurabile omissione alcuna;

c) sotto altro profilo, per l’ammissibilità della censura volta a contestare le risultanze della CTU, si è più volte chiarito, essere necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina, come nel caso di specie, dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (cfr., Sez. 1, n. 11482 del 03/06/2016,Rv. 639844; Sez. 1, n. 16368 del 17/07/2014, Rv. 632050; Sez. 1, n. 3224 del 12/02/2014, Rv. 630385);

d) il richiamo alla sentenza che sarebbe intervenuta in altro giudizio non può sortire l’auspicato risultato, non solo perchè, appunto, si tratta di altro giudizio, ma, ancor prima, perchè trattasi di vicenda che non consta il dove e il quando siasi stata dedotta davanti al giudice di questo processo e, quindi, fatta oggetto di dibattito fra le parti;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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