Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26247 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2495-2018 proposto da:

T.A.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato PIERO LASCALEIA;

– ricorrente –

contro

TR.MA.CO., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONIO CONO GERARDO DE PAOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 523/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 07/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Tribunale di Lagonegro, Sezione specializzata agraria, T.A.F. convenne in giudizio Tr.Ma.Co., chiedendo che fosse condannata a pagarle una somma equivalente a tutte le migliorie che il padre dell’attrice aveva apportato al fondo agricolo con annessa abitazione, di proprietà della convenuta, a far data dall’anno 1965. Aggiunse che il fondo era stato detenuto dal padre fino alla sua morte e che, dopo tale evento, la Tr. ne aveva ottenuto il rilascio a conclusione di un separato giudizio svoltosi davanti al Tribunale di Sala Consilina.

Si costituì in giudizio la convenuta chiedendo il rigetto della domanda sulla base della dedotta genericità della pretesa.

Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attrice al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata integralmente confermata dalla Corte d’appello di Potenza, Sezione specializzata agraria, con sentenza del 7 novembre 2017, con condanna dell’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

La Corte territoriale, dopo aver ricordato le modifiche normative in materia di migliorie agrarie, particolarmente in ordine alla necessità o meno del consenso del proprietario ai fini del riconoscimento del compenso per le stesse, ha osservato che le testimonianze assunte non avevano consentito di chiarire nè quali fossero le presunte migliorie nè quando le stesse dovessero essere collocate nel tempo; per cui la domanda doveva essere rigettata in considerazione della sua genericità.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Potenza ricorre T.A.F. con atto affidato a tre motivi.

Resiste Tr.Ma.Co. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e la controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione della L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 16; con il secondo si lamenta falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; con il terzo si lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione dell’art. 1651 c.c., norma abrogata dalla L. 11 febbraio 1971, n. 11, art. 29.

I tre motivi, contenenti quesiti di diritto a norma dell’abrogato art. 366-bis c.p.c., riassumono i criteri legislativi per il riconoscimento del diritto alle migliorie e lamentano un’erronea valutazione delle prove.

1.1. Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile.

Ed infatti – anche volendo trascurare il richiamo all’art. 366-bis cit., disposizione da tempo abrogata, e la prospettazione della censura di insufficiente e contraddittoria motivazione, anch’essa formulata alla luce del testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ormai non più vigente – è decisiva la circostanza che le tre censure, non organicamente distinte tra di loro, sono formulate in modo vago, contestando genericamente la valutazione delle prove, senza contenere alcuna precisa indicazione di quali sarebbero gli errori giuridici commessi dalla Corte d’appello (v. in argomento, tra le altre, Sezioni Unite, sentenza 20 marzo 2017, n. 7074).

Da tanto consegue che non è possibile cogliere quale sia il senso complessivo delle doglianze, che si risolvono in una sorta di riepilogo dei criteri legislativi per il riconoscimento del diritto al rimborso dei miglioramenti da parte dell’affittuario di fondo agricolo ed in una sollecitazione ad una diversa e non consentita decisione di merito.

2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, trattandosi di causa esente per legge (sentenza 31 marzo 2016, n. 6227, e ordinanza 22 maggio 2018, n. 12577).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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