Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26243 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. I, 18/11/2020, (ud. 13/10/2020, dep. 18/11/2020), n.26243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10797/2019 proposto da:

O.K., rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe

Lufrano, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato per

legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei

Portoghesi, 12;

– intimato –

avverso il decreto n. 2911/2019 del Tribunale di Ancona, Sezione

specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale

e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, depositato

il 05/03/2019.

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia,

nella Camera di consiglio del 13/10/2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Ancona, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con il decreto in epigrafe indicato ha rigettato l’impugnazione proposta da O.K. avverso la decisione della competente Commissione territoriale di rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

Il tribunale ha ritenuto la non credibilità del racconto del richiedente e la insussistenza dei presupposti di riconoscimento di ogni forma di protezione.

O.K. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con due motivi.

Il Ministero dell’Interno non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente – originario dell'(OMISSIS) – che nel racconto reso alla competente Commissione territoriale e reiterato dinanzi al tribunale aveva dichiarato di essere fuggito dal proprio Paese temendo per la propria incolumità dopo essere stato avvicinato dal gruppo criminale degli appartenenti all'(OMISSIS) che volevano convincerlo ad unirsi a loro – fa valere la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il tribunale aveva escluso erroneamente l’esistenza di un danno grave D.Lgs. n. 251 cit., ex art. 14, lett. b) e tanto perchè le minacce subite dal richiedente, in quanto provenienti da un soggetto non statuale rispetto al quale lo Stato non poteva o non voleva fornire protezione (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c)), avrebbero meritato un approfondimento istruttorio da condursi in via ufficiosa D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, dal giudice per verificare l’effettività del divieto legale alla luce di informazioni precise ed aggiornate sulla situazione generale del paese di provenienza.

L’ipotesi di protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 cit., art. 14, lett. c), minaccia grave ed individuale derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, non richiedeva l’esistenza di un rischio individualizzato. Il rapporto COI qualificava l'”Edo State”, paese di provenienza del richiedente, come uno degli Stati più violenti del Delta del Niger.

1.1. Il motivo, portatore di una duplice critica al decreto impugnato, è inammissibile.

1.1.1. In ordine alla protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), vero è che il tribunale ha escluso la credibilità del racconto e quindi resta escluso l’esercizio ufficioso dei poteri di cooperazione istruttoria.

Il dovere dell’Autorità Giudiziaria di cooperazione istruttoria, e, quindi, di acquisizione officiosa degli elementi istruttori necessari D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, comma 3, è infatti circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del Paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente.

Il giudice non può essere in tal modo chiamato a supplire a deficienze probatorie concernenti la situazione personale del richiedente medesimo, dovendo a tal riguardo soltanto effettuare la verifica di credibilità prevista nel suo complesso del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e nell’apprezzata non credibilità del racconto si realizza la non individualizzazione del rischio dedotto che è presupposto della protezione internazionale ed umanitaria (sulla sussidiaria: Cass. 29/05/2020 n. 10286; vd. anche: Cass. 24/05/2019 n. 14283).

1.1.2. Il ricorrente non si confronta poi con la motivazione impugnata nella parte in cui il tribunale nel distinguere tra le ipotesi relative alla invocata protezione sussidiaria e rispettivamente descritte alle lettere a) e b) e, quindi, alla lettera c) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, conclude quanto a quest’ultima che la “sola presenza di civili nell’area in questione – l’Osun State la cui situazione e scrutinata sub par. 5, p. 3 – non costituisce un pericolo per la vita e la loro incolumità in ragione di quanto esaminato al paragrafo corrispondente” (p. 8) e non cogliendo la ratio del provvedimento impugnato propone una critica generica e come tale inammissibile (Cass. 10/08/2017 n. 19989), critica che peraltro argomenta del tutto eccentricamente dalla situazione del diverso Edo State.

1.1.3. La censura pure contenuta in ricorso sulla mancata valutazione da parte del tribunale degli elementi integranti una valutazione di “individualizzante del rischio” si pone in contrasto con la dedotta violazione dell’art. 14, lett. c) cit. nella sua oggettiva rilevanza e come tale sortisce l’effetto di dare contenuto ad una critica inconcludente.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Il difetto di credibilità sul rifugio politico e la protezione sussidiaria non esclude l’obbligo di fornire una motivazione non meramente apparente a tale domanda che prescinda da un accertamento sulle diverse condizioni integrative del rimedio.

Il tribunale doveva vagliare l’esposto pericolo di morte per accertare, acquisendo informazioni sul paese di origine per accertare D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8, se le autorità (“nigeriane”) erano in grado di offrire protezione rispetto alle sofferte minacce e la condizione personale di vulnerabilità del richiedente la protezione umanitaria, che ben poteva consistere nella mancanza delle condizioni minime per condurre un’esistenza dignitosa in ipotesi di rimpatrio e nell’impedimento all’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione.

Il motivo è anch’esso inammissibile.

La proposta critica assertivamente riporta una astratta elencazione delle prerogative discendenti dal riconoscimento della protezione umanitaria senza però soffermarsi a dare indicazione degli elementi concreti che, relativi alla vicenda personale, siano espressivi sia di una individuale condizione di vulnerabilità che di una raggiunta integrazione nel Paese ospitante, estremi congiuntamente valutabili nella stima comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine nel raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, richiesta ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria.

Nulla sulle spese non avendo l’Amministrazione intimata articolato difese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

 

 

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