Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26243 del 16/10/2019
Cassazione civile sez. VI, 16/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26243
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. CIGNA Mario – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 944-2018 proposto da:
L.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
FEDERICI 2, presso lo studio dell’avvocato MARIA CONCETTA
ALESSANDRINI, rappresentato e difeso dagli avvocati RENATO LANCUBA,
VINCENZO GRIMALDI;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3525/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 26/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO
FRANCESCO MARIA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Il Dott. L.R. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, la Presidenza del Consiglio dei ministri chiedendo che fosse dichiarato il suo diritto a percepire un’adeguata remunerazione in relazione alle due specializzazioni da lui conseguite nel periodo 19821985 e nel periodo 1987-1991.
A sostegno della domanda espose di aver svolto attività professionale per l’intero periodo dei due corsi e di non aver percepito alcuna remunerazione.
Si costituì in giudizio la Presidenza del Consiglio, eccependo la prescrizione del diritto e chiedendo nel merito il rigetto della domanda. Il Tribunale rigettò la domanda in accoglimento dell’eccezione di prescrizione e compensò le spese di lite.
2. La sentenza è stata impugnata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 26 maggio 2017, ha rigettato l’appello, ha confermato la pronuncia di primo grado ed ha compensato le ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso il Dott. L.R. con atto affidato a due motivi.
Resiste la Presidenza del Consiglio dei ministri con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e la parte controricorrente ha depositato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 c.c., sostenendo che la Corte di merito avrebbe errato nel far decorrere il decennio della prescrizione dal 27 ottobre 1999.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame e vizio di motivazione per non avere la Corte di merito considerato che la prima specializzazione conseguita dal ricorrente si era svolta a cominciare da una data anteriore al 1983.
3. I due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente, sono entrambi privi di fondamento.
Questa Corte, con una giurisprudenza ormai consolidata, ha stabilito che, a seguito della tardiva ed incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari – realizzata solo con il D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257 – è rimasta inalterata la situazione di inadempienza dello Stato italiano in riferimento ai soggetti che avevano maturato i necessari requisiti nel periodo che va dal 1 gennaio 1983 al termine dell’anno accademico 1990-1991. La lacuna è stata parzialmente colmata con la L. 19 ottobre 1999, n. 370, art. 11, che ha riconosciuto il diritto ad una borsa di studio soltanto in favore dei beneficiari delle sentenze irrevocabili emesse dal giudice amministrativo; ne consegue che tutti gli aventi diritto ad analoga prestazione, ma tuttavia esclusi dal citato art. 11, hanno avuto da quel momento la ragionevole certezza che lo Stato non avrebbe più emanato altri atti di adempimento alla normativa Europea. Nei confronti di costoro, pertanto, la prescrizione decennale della pretesa risarcitoria comincia a decorrere dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore del menzionato art. 11 (sentenza 17 maggio 2011, n. 10813, più volte confermata in seguito; v., tra le altre, l’ordinanza 20 marzo 2014, n. 6606 e l’ordinanza 10 gennaio 2019, n. 461; le stesse Sezioni Unite (vedi il paragrafo 5.3 della sentenza n. 30649 del 2017 hanno indirettamente avallato l’orientamento.
Nella specie, la Corte romana ha fatto buon governo di tale principio e, avendo accertato che il primo atto di interruzione della prescrizione era costituito dall’atto di citazione, notificato nel dicembre 2009, ha ritenuto correttamente che il diritto dell’odierno ricorrente fosse prescritto.
4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi giuro 3.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 16 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019