Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26242 del 22/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26242 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 17614-2011 proposto da:
BARONE VINCENZA nata

a

PALMI

il

28/10/1968,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI
BOCCHERINI 3, presso lo studio dell’avvocato DE CARIA
ALDO, rappresentata e difesa dall’avvocato COSTANTINO
SALVATORE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

2660

I.N.P.S.

SOCIALE

C.F.

ISTITUTO

NAZIONALE

80078750587,

rappresentante pro tempore,

in

DELLA

persona

PREVIDENZA
del

legale

elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 22/11/2013

in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati CORETTI ANTONIETTA, DE ROSE EMANUELE, STUMPO
VINCENZO, TRIOLO VINCENZO, giusta delega in atti;
– controricorrente

di REGGIO CALABRIA, depositata il 11/06/2010 R.G.N.
729/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/09/2013 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
BRONZINI;
udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 770/2010 della CORTE D’APPELLO

Udienza 24.9.2013, causa n. 15

R.G.

n. 17614/11

La Corte di appello di Reggio Calabria con sentenza del 11.5.2010 rigettava l’appello di
Barone Vincenza nei confronti dell’Inps avverso la sentenza del Giudice del lavoro di
Palmi con la quale era stata dichiarata inammissibile la domanda di indennità di
maternità per il periodo di astensione facoltativa ed era stata rigettata quella concernente
il periodo di astensione obbligatoria. La Corte di appello circa la prima domanda
osservava che nessuna censura era stata proposta. Circa l’altra domanda osservava
invece che non era stata offerta alcuna prova dell’avvenuta iscrizione ( come bracciante
agricola) per l’anno precedente il parto ( era stata prodotta solo documentazione circa il
1995, mentre il parto era del 1997); era stato provato solo il versamento di contributi per
52 giorni ma non che fossero stati versati per l’effettivo svolgimento di un rapporto di
lavoro subordinato. Ora, alla stregua della prova espletata, doveva escludersi che vi
fosse stato un effettivo rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze del padre della
Barone; le testimonianze offerte dal padre e dalla cognata di questa erano state troppo
generiche in ordine alle modalità della prestazione.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la Barone con due motivi: resiste
l’INPS con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il motivo proposto si allega la violazione degli artt. 115, 116 c.p.c.; l’ incongruità
insufficienza o contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata; l’ omessa
lettura e l’erronea interpretazione delle risultanze probatorie; la violazione degli artt.
2094 e 2697 c.c. Risultano provati tutti gli elementi costitutivi della subordinazione alla
tregua delle risultanze probatorie.
Il motivo appare infondato. Si contesta invero l’accertamento di merito effettuato dai
Giudici di primo e secondo grado circa l’insussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato tra le parti. La Corte territoriale ha richiamato le prove effettuate,
provenienti peraltro dal padre della ricorrente ( presunto datore di lavoro) e dalla
cognata della stessa ed ha osservato che le dichiarazioni rese non dimostravano
l’esistenza di quel minimo di direttive e controlli in merito alla prestazione lavorativa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 2697 c.c., nonché l’errore e/o
l’omessa lettura dei dati documentali. Era stata provata documentalmente l’iscrizione
nell’anno precedente il parto; inoltre l’INPS nulla aveva provato in contrario, omettendo
persino di depositare i verbali ispettivi.
Il motivo appare infondato. Anche a voler ammettere che sia stata provata l’iscrizione
nell’anno precedente il parto, in ogni caso la Corte di appello ed il Giudice di prime
cure hanno escluso che sia stata svolta attività di lavoro di tipo subordinato. Questa
Corte ha infatti precisato che” l’iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli svolge una
funzione di agevolazione probatoria, che viene meno qualora l’INPS disconosca la
sussistenza dei requisiti di legge; in tal caso, nel giudizio avente ad oggetto
l’attribuzione di prestazioni previdenziali (nella specie, indennità di maternità), lo
“status” di bracciante agricolo può essere accertato “incidenter tantum”, con onere della
prova a carico del lavoratore e senza obbligo di sospensione ex art. 295 cod. proc. civ.
in pendenza di distinta controversia per la reiscrizione nell’elenco ” ( cass. n.
28716/2011). Pertanto l’onere della prova gravava sulla lavoratrice anche in presenza
del requisito dell’iscrizione (posto che certamente l’INPS aveva contestato la
sussistenza dei requisiti di legge), onere che non è stato assolto per le ragioni già
ricordate.
Si deve quindi rigettare il ricorso; stante l’epoca di proposizione del ricorso e la natura
della domanda nulla sulle spese.

2

che potesse caratterizzare il rapporto come di lavoro subordinato e non come lavoro
autonomo. I detti testi per la Corte non avevano infatti riferito nulla in ordine
all’organizzazione del lavoro e al controllo della prestazione lavorativa; i due testi
avevano, infatti, dichiarato che la ricorrente veniva accompagnata sul fondo e poi
riaccompagnata a casa e che solo saltuariamente il padre- datore di lavoro si fermava ad
aiutare la figlia che lavorava unitamente alla nuora. Non è quindi emerso un orario
preciso, né l’esistenza di puntuali direttive sul lavoro ed un controllo sulla prestazione
eseguita. Correttamente la Corte territoriale ha osservato che I ‘esistenza di un
compenso giornaliero è elemento di per sé inidoneo a connotare il rapporto come di tipo
subordinato. La Corte di appello ha pertanto esercitato il potere di valu azione delle
prove testimoniali e di libero apprezzamento dell’attendibilità dei testi in modo prudente
e razionale, ancorandolo a precisi riscontri tratti dalle risultanze testimoniali. Non si
sono aprioristicamente giudicate inattendibili le dichiarazioni dei testi parenti
strettissimi della ricorrente, ma si sono analizzate le loro testimonianze con attenzione;
la Corte territoriale ha quindi mostrato ed indicato con precisione le ragioni per cui le
dette dichiarazioni erano troppo generiche nel dimostrare alcuni” elementi” sintomatici
del contratto di cui all’art. 2094 c.c. e cioè l’obbligo di seguire le direttive del datore di
lavoro o di superiori gerarchici, il controllo sulla prestazione lavorativa, l’esistenza di
un preciso orario di lavoro. La motivazione pertanto appare congrua e logicamente
coerente; mentre le censure sono di merito, dirette ad una ” rivalutazione del fatto”,
inammissibile in questa sede.

P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24.9.2013

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