Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26240 del 28/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/09/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 28/09/2021), n.26240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18334-2018 proposto da:

I.S., in proprio e già socio amministratore e legale

rappresentante della Società “LA FRITTORIA SNC”, elettivamente

domiciliato in ROMA, Via RODI 32, presso lo studio dell’avvocato

EMILIA ROSA FARAGLIA, rappresentato e difeso dall’avvocato VALENTINA

LO BARTOLO;

– ricorrenti –

contro

B.F., “LA FRITTORIA DI B.F. & C. SAS”,

in persona del suo Amministratore Unico, elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato CARLA RIZZO,

rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO CAZZOLA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 435/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DOLMETTA

ALDO ANGELO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- I.S. ha presentato avanti al Tribunale di Pesaro, sezione distaccata di Fano, domanda intesa a sentire dichiarare l’esclusione del socio B. dalla s.n.c. “La Frittoria di B.F. & C.” e comunque lo scioglimento della società per insanabile dissidio fra i soci. Costituendosi, il convenuto ha chiesto in via riconvenzionale subordinata l’esclusione di I.S. dalla società in nome collettivo.

Nelle more del giudizio, un collegio arbitrale adito da B., sulla scorta di clausola compromissoria contenuta nello statuto della società, ha dichiarato, con apposito lodo, l’esclusione di I. dalla società, condannandolo anche a risarcire danni e spese. In appendice a questo giudizio, B. ha chiesto e ottenuto sequestro conservativo di beni di I..

2.- Con sentenza depositata nell’agosto 2012, il Tribunale ha rigettato le domande di I., rilevando in particolare che la domanda di esclusione dell’altro socio rientrava nella competenza arbitrale e ritenendo assorbita ogni ulteriore richiesta.

3.- I.S. ha appellato la pronuncia avanti alla Corte di Appello di Ancona. Questa, con sentenza depositata in data 10 aprile 2018, ha respinto la domanda di scioglimento della società in nome collettivo, pure respingendo la richiesta di revoca del sequestro.

4.- Condivisa la decisione del primo giudice di ritenere di competenza arbitrale la domanda di esclusione di soci, la Corte territoriale ha ritenuto di dovere invece esaminare la domanda di scioglimento della società in questione, che era stata pretermessa dal primo giudice.

In proposito, ha rilevato che, nel precisare le conclusioni del primo grado, l’appellante “non ha riproposto le istanze istruttorie avanzate tra cui quelle, di estrema importanza, destinate a suffragare in fatto la dedotta impossibilità di funzionamento della società”, con conseguente decadenza da tali istanze.

Ciò posto, la sentenza ha ritenuto che, nel caso di specie, era stata dichiarata (dal collegio arbitrale) l’esclusione di uno dei due soci: perciò, “a prescindere della indimostrata impossibilità di funzionamento, non è possibile dichiarare lo scioglimento della società in quanto l’esclusione stessa fa venire meno la dedotta impossibilità di funzionamento”.

5.- Avverso questo provvedimento Stefano Irti propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi.

Resiste, con controricorso, Filippo B..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6.- I motivi di ricorso risultano intestati nei termini che qui di seguito vengono riportati.

Primo motivo: “violazione e falsa applicazione delle risultanze processuali ex artt. 112,115,116 c.p.c. Travisamento e omessa disamina degli atti e di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5”.

Secondo motivo: “omesso esame di fatto storico decisivo per l’esito del giudizio” ovvero l'”esistenza di un insanabile dissidio esistente tra i soci”.

Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione ex art. 2272 c.p.c., n. 2 e 360 c.p.c., n. 5, nella parte in cui la Corte del merito ha affermato che la “irreversibilità possa essere superata mediante l’esclusione del socio inadempiente””.

Quarto motivo: “violazione e falsa applicazione delle norme ex art. 671 c.p.c. e s.s., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, nella parte in cui la Corte del merito ha affermato che la “dichiarata incompetenza del giudice del primo grado per motivo della compromissione in arbitri, non solo non inficia, ma fonda la competenza del Tribunale ordinario alla cognizione del procedimento cautelare che dunque non deve essere revocato””.

7.- Il primo motivo di ricorso assume che il giudice del merito ha errato nel ritenere non riproposte, in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, le istanze istruttorie formulate in precedenza. In realtà, queste sono state “richiamate integralmente”: nel verbale di udienza leggendosi, così) che “l’avv. Benedetti si riporta alle memorie ex art. 183 c.p.c.”.

8.- Il motivo non è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la “riproposizione delle istanze istruttorie deve essere specifica, sicché è inammissibile il mero rinvio agli atti di giudizio di primo grado”. Si tratta di un vero e proprio onere di reiterazione delle istanze istruttorie: il “mero richiamo ai precedenti atti difensivi” fa ritenere abbandonate le istanze, che non potranno essere riproposte in sede di impugnazione (cfr., tra le altre, Cass., 23 marzo 2016, n. 5812; Cass., 27 febbraio 2019, n. 5741).

9.- Il secondo e il terzo motivo di ricorso vanno trattati in modo congiunto, in ragione della loro stretta contiguità.

Con questi motivi, il ricorrente assume, in particolare, che il dissidio, nel concreto corrente tra i soci, aveva raggiunto, e anche superato, il livello della insanabilità: ” B.F. giungeva finanche a sporgere querela penale ex art. 513 c.p. nei confronti del proprio socio I. innanzi al Tribunale di Pesaro”. La Corte di Appello – si aggiunge – ha errato a non esaminare questo dissidio, ritenendo la questione superata dall’avvenuta esclusione del socio I. dalla società in nome collettivo.

In realtà, l’esclusione in discorso è stata “disposta, come risulta per tabulas, in forza di un lodo arbitrale illegittimo infatti è stato gravato a sua volta da ricorso avanti alla Suprema Corte al numero 27370/2015”.

10.- Il secondo e il terzo motivo non possono essere accolti.

La proposizione di un ricorso per cassazione avverso la sentenza, che ha respinto l’impugnazione proposta nei confronti di un lodo arbitrale, non rende in sé stesso “illegittimo” il lodo, come per contro sembra ritenere il ricorrente (che, infatti, non si cura nemmeno di riportare le ragioni della ritenuta illegittimità del lodo). Sì che il terzo motivo si manifesta in sé stesso inammissibile.

Inammissibile, poi, è pure il secondo motivo, posto che il suo esame suppone la mancata sussistenza, in fattispecie, dell’esclusione del socio, in ragione dei richiamato principio (non contestato in sé stesso dal ricorrente), per cui l’avvenuta esclusione del socio comporta comunque il venire meno della conflittualità interna alla compagine sociale.

11.- Il quarto motivo di ricorso è assorbito dal mancato accoglimento del secondo e del terzo motivo: la stessa proposizione di questo motivo muove, infatti, dalla premessa per cui il giudice del merito avrebbe dovuto dichiarare sciolta la società per insanabile dissidio tra i soci.

12.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 8.100,00 (di cui Euro 100,00, per esborsi), oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 23 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

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