Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26237 del 22/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 26237 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: MASSERA MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso 8970-2010 proposto da:
DE

PICCOLI

CLAUDIA DPCCLD50T45D506H,

BORTOLUZZI

GUALTIERO BRTGTR47P25H092U, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9, presso lo studio
dell’avvocato DE ARCANGELIS GIORGIO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRACIS
t
2013

ALESSANDRO giusta delega in atti;
– ricorrenti –

1971
contro

ASSICURATRICE VALPIAVE S.P.A. 00075940524, in persona
del legale rappresentante elettivamente domiciliato in

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Data pubblicazione: 22/11/2013

ROMA, P.ZZA ADRIANA 15, presso lo studio dell’avvocato
PANINI ALBERIGO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PREGAGLIA ROBERTO giusta
delega in atti;
– controricorrente –

ZOPPE’ SILVANO, COSTA EGLE ANTONIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 364/2009 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 27/02/2009, R.G.N.
1358/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. MAURIZIO
MAS SERA;
udito l’Avvocato ALESSANDRO GRACIS;
udito l’Avvocato ALBERIGO PANINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha. concluso per il
rigetto dell’ottavo motivo, l’accoglimento del ricorso
p.q.r. degli altri motivi.

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nonchè contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

.1 – Con sentenza in data 9 febbraio – 4 aprile 2006 il
Tribunale di Belluno, preso atto della somme versate in
favore di Mario Scanu e Silvia d’Alpaos dalla Italiana
Assicuratrice S.p.A. a titolo di risarcimento danni

coinvolti, dichiarò cessata la materia del contendere sulle
loro domande, dichiarò inammissibile l’azione di regresso
tardivamente esercitata dalla Italiana Assicuratrice,
rigettò le domande proposte da Gualtiero Bortoluzzi e
Claudia De Piccoli, che in relazione al medesimo incidente,
avevano chiesto la condanna di Silvano Zoppè, Egle Antonia
Costa e Assicuratrice Val Piave S.p.A. al risarcimento dei
danni subiti da essi e dal figlio deceduto Simone
Bortoluzzi.
.2 – Con sentenza in data l giugno 2008 – 27 febbraio 2009
la Corte d’Appello di Venezia, ritenuta la responsabilità
concorsuale nella causazione del sinistro nella misura del
70% in capo a Simone Bortoluzzi e del 30% in capo ad Egle
Antonia Costa, condannò quest’ultima, in solido con lo
Zoppè e la Val Piave Assicuratrice, al pagamento in favore
solidale di Gualtiero Bortoluzzi e Claudia De Piccoli della
risultante sorte capitale di C. 90.827,40 con gli interessi
compensativi maturati sulla somma originariamente dovuta di
C. 67.665,49.

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conseguenti al sinistro stradale in cui essi erano rimasti

La Corte territoriale osservò per quanto interessa: la
mancanza di urto tra i veicoli impediva l’applicazione
dell’art. 2054, comma 2 c.c., ma non vanificava la
presunzione di cui al comma precedente nel caso di
accertamento del nesso di causalità tra la circolazione di

fatto escludeva il diritto del veicolo favorito solo in
caso di anticipo all’incrocio tale da consentire
l’attraversamento in assoluta sicurezza e senza alcun
rischio; la Volkswagen Golf condotta dalla Costa si era
immessa sulla strada percorsa dall’Alfa 155 condotta da
Simone Bortoluzzi, il quale aveva la possibilità di
avvistare l’ostacolo e procedeva a velocità eccessiva; agli
appellanti spettava sia il danno morale proprio, sia quello
jure hereditatis, considerato che la brevità del periodo di
sopravvivenza (10 giorni) aveva consentito al defunto di
percepire le conseguenze catastrofiche del sinistro e le
conseguenti paure e sofferenze; mancava la prova di un
pregiudizio psico-fisico a carico dei genitori; era
desumibile un danno patrimoniale dei medesimi in rapporto
alle aspettative di assistenza filiale e per il mancato
apporto – non continuativo, né professionale – di
consulenza aziendale; spettavano anche i risarcimenti per
il danneggiamento irreversibile dell’auto e per le spese
funerarie.

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un veicolo e il danno subito dall’altro; la precedenza di

.3 – Avverso la suddetta sentenza il Bortoluzzi e la De
Piccoli hanno proposto ricorso per cassazione affidato a
nove motivi.
L’Assicuratrice

Val

Piave

S.p.A.

ha

resistito

con

controricorso.

hanno espletato attività difensiva.
I ricorrenti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

.1.1 – Il primo motivo lamenta omessa motivazione in ordine
all’efficienza causale delle singole serie eziologiche
riferibili a ciascun conducente.
Si censura il reparto delle responsabilità nella causazione
del sinistro come riconosciuto dalla sentenza impugnata, la
quale, secondo i ricorrenti, ha sottostimato l’omesso
rispetto dell’obbligo di precedenza da parte della Costa e
sopravvalutato la velocità eccessiva attribuita al
Bortoluzzi.
.1.2 – Osserva la Corte che la ricostruzione della dinamica
dell’incidente non è sostanzialmente in discussione e che,
comunque, essa è riservata al giudice di merito che, nella
specie, ha adeguatamente motivato le proprie scelte. In
particolare, la Corte d’Appello, premesso che non vi era
stato urto tra i due veicoli interessati al sinistro,
valutate le risultanze processuali a disposizione, ha
affermato che la Golf della Costa aveva superato la linea
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Gli altri intimati, Egle Antonia Costa e Silvano Zoppè, non

di arresto imposta dal segnale di stop e che l’Alfa del
Bortoluzzi, che procedeva a velocità certamente superiore
al 100 km/h, aveva subito uno sbandamento sulla sinistra a
causa della reazione istintiva del conducente innanzi alla
turbativa percepita, convergendo poi a destra (e uscendo

controllo del veicolo.
Ciò che viene censurata – a ragione – è l’apoditticità con
cui la sentenza impugnata ha percentualizzato le rispettive
colpe, esprimendole in termini numerici senza, però,
compiere il necessario esame comparativo dei rispettivi
comportamenti e della loro incidenza causale.
Al riguardo il Collegio ritiene di dover dare continuità
all’orientamento già espresso da questa stessa sezione
(Cass. Sez. III, n. 6752 del 2011) in base al quale, in
tema di sinistri stradali, l’accertamento in termini
percentuali del concorso di colpa della vittima nella
causazione del danno costituisce il frutto di un
procedimento logico e non matematico.
Ne consegue che il giudice di rinvio, in applicazione del
principio sopra ribadito, dovrà procedere – con totale
libertà di apprezzamento – al riesame comparativo dei
comportamenti dei due conducenti coinvolti nel sinistro
giustificando le rispettive percentuali di responsabilità
sulla base di osservazioni logiche idonee a sorreggerle.

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con le ruote dal cordolo laterale di scolo) con perdita di

.2.1 – Il secondo motivo adduce violazione degli artt. 24
Cost., 2727 e 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 138 e 139 D.Lgs.
n. 209.
La doglianza concerne il negato riconoscimento dei danni
psichici verosimilmente patiti dai genitori per la morte

si dolgono anche di non essere stati sottoposti dal giudice
d’appello a consulenza medico – legale e della mancata
assunzione della prova testimoniale.
Parte ricorrente ha poi spiegato che la censura – come le
successive – riguarda esclusivamente la posizione della
madre del defunto, Claudia De Piccoli.
.2.2 – Il terzo motivo lamenta motivazione contraddittoria
e incongrua su punto decisivo della controversia,
rappresentato dalla non ammissione della richiesta attività
istruttoria.
.2.3 – Il quarto motivo ipotizza violazione degli artt. 61
c.p.c., 138 e 139 c.d.a.
La censura riguarda ancora la mancata ammissione della
C.T.U. medico – legale quale fondamentale prova scientifica
dell’esistenza di un danno psichico costituente danno
biologico.
.2.4 – Il quinto motivo lamenta motivazione contraddittoria
e illogica nella negata ammissione della C.T.U.
psichiatrica.

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dell’unico loro figlio, ventenne e convivente. I ricorrenti

.2.5 – Il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 2059
c.c. Assumono i ricorrenti che la negata ammissione della
prova scientifica del danno biologico e della prova
testimoniale è stata determinata da una inesatta
distinzione tra danno morale e danno biologico psichico non

è rispettosa degli artt. 32 Cost. e 2059 c.c.
.3 – I cinque motivi sopra sintetizzati, che possono essere
esaminati congiuntamente in virtù della loro sostanziale
connessione, sono fondati nei limito di seguito precisati.
Questa stessa sezione ha ripetutamente affermato
(confronta, ex multis, Cass. Sez. III, n. 28423 del 2008)
che la morte di un prossimo congiunto può causare nei
superstiti sia una sofferenza morale per la perdita del
rapporto parentale, sia un danno biologico vero e proprio,
il quale tuttavia sussiste solo in presenza di una
effettiva compromissione dello stato di salute fisica o
psichica di chi lo invoca.
Ai fini della configurabilità del nesso causale tra un
fatto illecito ed un danno di natura psichica non è
necessario che quest’ultimo si prospetti come conseguenza
certa e inequivoca dell’evento traumatico, ma è sufficiente
che la derivazione causale del primo dal secondo possa
affermarsi in base ad un criterio di elevata probabilità, e
che non sia stato provato l’intervento di un fattore

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corrispondente alla nomofilachia delle sezioni Unite e non

successivo tale da disconnettere la sequenza causale così
accertata (Cass. Sez. III, n. 13530 del 2009).
Quanto alla prova, occorre ribadire (Cass. Sez. III, n.
10527 del 2011) che la morte di una persona cara
costituisce di per sé un fatto noto dal quale il giudice

scomparso abbiano patito una sofferenza interiore tale da
determinare un’alterazione della loro vita di relazione e
da indurli a scelte di vita diverse da quelle che avrebbero
altrimenti compiuto, sicché nel giudizio di risarcimento
del relativo danno non patrimoniale incombe al danneggiante
dimostrare l’inesistenza di tali pregiudizi.
In questo quadro va esaminata l’istanza di ammissione della
consulenza tecnica (sulla prova testimoniale vedi
appresso), negata dalla Corte territoriale. Anche al
riguardo giova dare continuità all’orientamento di questa
sezione, secondo cui (Cass. Sez. III, n. 6155 del 2009) la
consulenza di ufficio, non essendo qualificabile come mezzo
di prova in senso proprio, perché volta ad aiutare il
giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella
soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze,
è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al
prudente apprezzamento del giudice di merito. Questi può
affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i
fatti accertati o dati per esistenti (consulente
deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi
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può desumere, ex art. 2727 c.c., che i congiunti dello

(consulente percipiente), e in tal caso è necessario e
sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a
fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che
l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche.
Nella specie la parte aveva certamente addotto il fatto

serie di elementi ritenuti utili a supportarla.
La Corte d’Appello ha espresso il proprio diniego in esito
ad una valutazione globale conclusa con l’affermazione
apodittica che non sono stati allegati elementi di prova
significativi.
Pertanto, ritenuta la configurabilità e l’autonomia del
danno biologico di natura psichica la sentenza va annullata
sul punto demandando al giudice di rinvio di stabilire se,
sulla base delle presunzioni e degli elementi di fatto
addotti dalla ricorrente, ricorrano le condizioni per
disporre una consulenza tecnica di natura percipiente al
fine di accertare e valutare il danno psichico lamentato
dalla De Piccoli.
.4.1 – Il settimo motivo lamenta motivazione insufficiente
sui criteri seguiti per la liquidazione del danno morale.
.4.2 – Dal testo della sentenza risulta che il danno morale
è stato liquidato – come inevitabile – in via equitativa
con esplicita considerazione delle peculiarità del caso
concreto. Le tabelle cui la Corte territoriale ha fatto
riferimento costituiscono uno dei parametri per la
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posto a fondamento della pretesa risarcitoria e indicato un

liquidazione del danno comunemente utilizzati dai giudici
di merito e sono di conoscenza generalizzata.
Il momento di

sintesi

finale si risolve in una

manifestazione di dissenso rispetto al contenuto decisorio
stigmatizzato.

1223 c.c. e motivazione contraddittoria in relazione al
mancato riconoscimento dei danni per le spese sostenute nel
corso dei tentativi di avere un altro figlio.
.5.2 – Premesso che le argomentazioni addotte a sostegno
della censura non dimostrano alcuna contraddittorietà nel
tessuto motivazionale della sentenza impugnata, è agevole
rilevare che, a mente dell’art. 1223 c.c., il risarcimento
riguarda le conseguenze immediate e dirette dell’evento che
ha cagionato il danno. La Corte territoriale, che ha
considerato

la

circostanza

indicata ai

fini

della

liquidazione del danno morale per evidenziare il dolore
patito dai genitori a causa della perdita del figlio, ha
negato che ne fosse provata la diretta e necessaria
derivazione dalla perdita del figlio; in tal modo ha
sottolineato la carenza probatoria del nesso causale.
Anche questo motivo è assistito da un quesito che non
postula l’enunciazione di un principio di diritto, ma ha
carattere valutativo, mentre il momento di sintesi non
dimostra il vizio di motivazione denunciato, non essendo
contraddittorio valutare

il
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ricorso all’inseminazione

.5.1 – L’ottavo motivo rappresenta violazione dell’art.

artificiale al fine di esaltare le sofferenze conseguenti
alla morte del figlio e negare la risarcibilità del
relativo costo, per inadeguatezza dell’indispensabile nesso
causale.
.6.1 -I1 nono motivo lamenta motivazione insufficiente

.6.2 – Il tema, sostanzialmente ripetitivo di quelli già
trattati in precedenza, trascura le peculiarità del
giudizio di appello, non dimostrando di avere sottoposto
alla Corte di merito specifico motivo di appello avverso il
rigetto dell’istanza da parte del Tribunale; la censura
risulta priva sia di idonee argomentazioni dimostrative,
sia del momento di sintesi prescritto dall’art. 366-bis
c.p.c.
.7 – Pertanto il ricorso è accolto nei limi sopra
specificati. Il giudice di rinvio, che si designa nella
medesima Corte territoriale in diversa composizione,
provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa in
relazione e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Corte di Appello di Venezia in diversa
composizione.
Roma 22.10.2013.

circa il rigetto delle prove testimoniali.

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