Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26237 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 16/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15870-2018 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CESI N. 72, presso lo studio dell’avvocato FABIO SCUDELLARI

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI BONOTTO;

– ricorrente –

contro

B.U., S.D., elettivamente domiciliati in ROMA,

P.LE CLODIO 18, presso lo studio dell’avvocato GIULIO RAGAZZONI,

rappresentati e difesi dagli avvocati LARA SERENO, ROBERTA BOGNOLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 677/2018 della CORTE D’APPELLO di depositata

il 19/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPI

GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che con la sentenza di cui in epigrafe la Corte d’appello di Venezia, rigettò l’impugnazione proposta da V.M. avverso la decisione di primo grado, la quale, accogliendo la domanda di B.U. e S.D., aveva dichiarata estinta, ai sensi dell’art. 1055 c.c., una servitù di passaggio a favore di fondo intercluso, a carico del fondo degli attori;

ritenuto che avverso la statuizione d’appello il V. ricorre sulla base di unitaria censura e che gli intimati resistono con controricorso;

ritenuto il ricorrente lamenta omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, dolendosi del fatto che:

– la sentenza d’appello “si basa unicamente sulle risultanze della perizia d’ufficio disattendendo ogni altro elemento contrario emerso durante il processo”, non essendosi, in particolare, il CTU “curato di far comprendere al Giudice come la sorella dell’odierno ricorrente, proprietaria dell’immobile accanto a quello di V.M., possa raggiungere la propria abitazione atteso che, se utilizzasse il nuovo passaggio dovrebbe attraversare la casa del fratello”;

– della “insufficiente valutazione delle carte processuali” e, in particolare delle “contestazioni dell’odierno ricorrente”

– al contrario di quanto affermato dal consulente del giudice non era possibile raggiungere l’abitazione del ricorrente;

considerato che il motivo è inammissibile per il convergere di una pluralità di ragioni:

a) l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, unico vizio motivazionale oramai prospettabile davanti alla Corte di legittimità, è disciplinato dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, il quale introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629831);

b) è del tutto evidente che nel caso in esame, non solo il ricorrente non ha puntualmente allegato i luoghi e i contesti di cui sopra, ma la sentenza impugnata, lungi dall’avere omesso di esaminare un fatto decisivo, ha, sulla base degli accertamenti svolti dal CTU, verificato essere venuta meno, a seguito di opere d’impianto viario, l’interclusione, che aveva portato alla costituzione della servitù, con verbale di conciliazione giudiziale;

c) il ricorrente non condivide il risultato al quale era pervenuto il giudizio di merito, limitandosi a un sommario dissenso della relazione del CTLT, il cui invocato vaglio implicherebbe la inammissibile devoluzione del merito al giudizio di legittimità;

d) per l’ammissibilità della censura è, peraltro, necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice “a quo”, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (cfr., Sez. 1, n. 11482 del 03/06/2016,Rv. 639844; Sez. 1, n. 16368 del 17/07/2014, Rv. 632050; Sez. 1, n. 3224 del 12/02/2014, Rv. 630385); non solo non consta una tale elaborazione impugnatoria, ma il ricorrente, come si è anticipato, indugia su considerazioni non conoscibili da parte di questa Corte, la quale non ha accesso agli atti di merito;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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