Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26236 del 22/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 26236 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: MASSERA MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso 8689-2010 proposto da:
MAGNANO SALVATORE MGNSVT42R28E532A,

elettivamente

domiciliato in ROMA, P.ZZA PRATI DEGLI STROZZI 26,
presso lo studio dell’avvocato CARMINA FABRIZIO, che
lo rappresenta e difende giusta procura speciale del
Dott. Notaio ARTURO PITTELLA in Catania 01.10.13, Rep.
2013

n. 84367;
– ricorrente –

1970
contro

MESSINA ROSA MARIA MSSRMR31S35C351X, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI N. 87, presso lo

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Data pubblicazione: 22/11/2013

studio dell’avvocato MARCELLO MAGNANO DI SAN LIO, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CONTARINO ANGELO giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 360/2009 della CORTE D’APPELLO

1277/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 22/10/2013 dal Consigliere Dott. MAURIZIO
MAS SERA;
udito l’Avvocato FABRIZIO CARMINA;
udito l’Avvocato ANGELO CONTARINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

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di CATANIA, depositata il 30/03/2009, R.G.N.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

.1 – Con sentenza in data 9 – 22 novembre 2006 il Tribunale
di Catania – Sezione distaccata di Mascalucia – dichiarò la
risoluzione del contratto di locazione dell’immobile di
proprietà di Rosa Maria Messina, destinato a casa di riposo

Magnano e, in accoglimento della domanda riconvenzionale,
condannò la Messina a rimborsare al Magnano le somme di C.
3.935,56 per spese di adeguamento dell’impianto elettrico
dell’immobile e di E. 1.342,00 corrispondente alla metà
dell’imposta di registro a carico del locatore,
.2 – Con sentenza in data 16 – 30 marzo 2009 la Corte
d’Appello di Catania condannò la Messina al pagamento di
ulteriori C. 787,11 a favore del Magnano a titolo di
rimborso IVA con riferimento alla somma liquidata in primo
grado.
La Corte territoriale osservò per quanto interessa:
risultava provato l’inadempimento del Magnano mentre non
sussisteva la mora del creditore; al Magnano spettava la
restituzione dell’IVA sulle somme che il Tribunale aveva
ritenuto essergli dovute.
.3 – Avverso la suddetta sentenza il Magnano ha proposto
ricorso per cassazione affidato a tre motivi, illustrati
con successiva memoria.
La Messina ha resistito con controricorso.

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per anziani, per inadempimento del conduttore Salvatore

MOTIVI DELLA DECISIONE

.1.1 – Il primo motivo adduce motivazione insufficiente e
contraddittoria in ordine alla sussistenza della prova
della morosità quanto meno con riferimento alla mensilità
di luglio 2002 e alla gravità dell’inadempimento.

ipotizzato l’inadempimento del conduttore all’obbligo di
corrispondere le mensilità di giugno e luglio 2002, ma poi
ha riconosciuto che la prima era stata offerta, mentre per
la seconda ha ritenuto insufficiente l’invio di un vaglia
postale pochi giorni dopo la notifica dell’intimazione di
sfratto, senza considerare che esso era avvenuto entro il
termine di trenta giorni della scadenza, in tal modo
omettendo il necessario esame approfondito della gravità
dell’inadempimento del conduttore.
.1.2 – La censura, nei limiti entro cui è stata prospettata
(cioè sotto l’unico profilo del vizio di motivazione e non
anche della falsa applicazione di norma di diritto), è
manifestamente infondata, poiché dal raffronto tra il testo
della sentenza impugnata e le argomentazioni addotte dal
ricorrente si evince che queste non colgono nel segno, in
quanto non censurano affermazioni decisive della Corte
d’Appello.
Questa, premesso che il primo giudice aveva dapprima
motivato circa sussistenza e consistenza della mora dedotta
con la domanda e poi valutato la gravità dell’inadempimento
4

Assume il ricorrente che la Corte territoriale ha

ex art. 1455 c.c., ha evidenziato che il gravame si
incentrava specificamente solo sul primo dei predetti
accertamenti (pag. 5 della sentenza impugnata).
In tale situazione il ricorrente – qualora avesse invece
impugnato anche il secondo accertamento – avrebbe dovuto

al n. 4 del successivo art. 360, l’omessa pronuncia su un
motivo di appello, del quale avrebbe dovuto poi riferire le
pertinenti parti in ossequio al principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, al fine di
consentire alla Corte di valutare se fosse stata o meno
specificamente devoluta al giudice di appello anche la
valutazione della gravità dell’inadempimento.
Invece in questa sede il Magnano non ha denunciato neppure
la falsa applicazione dell’art. 1455 c.c., in ogni caso
necessaria per consentire alla Corte di compiere opportune
verifiche proprio in ordine alla gravità
dell’inadempimento.
Peraltro la sentenza impugnata (pag. 6) ha avvalorato la
statuizione del Tribunale con la considerazione che la
Messina, nel costituirsi nel giudizio di appello, aveva
ribadito, reiterando quanto già dedotto a fondamento della
domanda svolta in primo grado, che nel contratto inter
partes era stata pattuita la clausola risolutiva espressa
della locazione per l’omesso pagamento anche di una sola
mensilità.
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denunciare, ai sensi dell’art. 112 c.p.c. con riferimento

Anche questa rilevante affermazione non ha formato oggetto
di specifica censura, così impedendo alla Corte di
esaminarla criticamente.
In ogni caso, con riferimento alle argomentazioni del
ricorrente, è agevole rilevare che in realtà la sentenza

circa i rispettivi comportamenti delle parti, ha spiegato
che, anche se si può sostenere la sufficienza dell’offerta
non formale per il mese di giugno, bastava la mora relativa
al mese di luglio a qualificare l’inadempimento e che
comunque l’offerta non formale non valeva a costituire il
creditore in mora. Quanto al pagamento a mezzo vaglia
postale, la Corte di merito ha recepito la motivazione del
Tribunale, che aveva posto in rilievo come il pagamento
dovesse essere effettuato entro il giorno cinque del mese,
mentre nell’occasione il Magnano aveva inviato il denaro
con un mezzo mai prima usato e solo dopo la notifica dello
sfratto.
Quanto sopra riferito esclude che la sentenza presenti i
denunciati vizi motivazionali. Infatti la contraddittorietà
della motivazione sussiste solo allorché in presenza di
argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di
comprendere la “ratio decidendi” che sorregge il “decisum”
adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria
allorché dalla lettura della sentenza non sussistano

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impugnata, in esito ad insindacabile accertamento di fatto

incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del
giudice. (Cass. n. 8106 del 2006).
Quanto alla insufficienza, non risulta che la sentenza
abbia obliterato elementi che potrebbero condurre ad una
diversa decisione ovvero che sia obiettivamente deficiente,

logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta
degli elementi acquisiti, al suo convincimento.
Dal momento di sintesi finale si evince come il ricorrente
in realtà critichi il contenuto decisorio della sentenza
impugnata, quindi chieda al giudice di legittimità di
sostituirsi al giudice di merito.
.2.1 – Il secondo motivo denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1241 – 1242 c.c.
Si assume che la sentenza impugnata, pur avendo pronunciato
su due controcrediti nascenti dall’unico rapporto di
locazione (da un lato il canone, dall’altro la restituzione
di somme sopportate dal conduttore per spese di spettanza
del proprietario), non ha rilevato la compensazione
impropria procedendo d’ufficio all’esecuzione dei relativi
conteggi.
.2.2 – La questione non risulta trattata dalla sentenza
impugnata, per cui, al fine di sfuggire alla sanzione di
inammissibilità per novità, il Magnano aveva l’onere – non
adempiuto – non solo di allegarne l’avvenuta deduzione
dinanzi al giudice di merito, ma anche, nel rispetto del

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nel complesso della sentenza medesima, il procedimento

principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di
indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva
fatto, al fine di consentire alla Corte, che non ha accesso
diretto agli atti, di eseguire la necessaria verifica
(Cass. n. 20518 del 2008).

menzionato dal ricorrente, stabilisce che il giudice non
può rilevare d’ufficio la compensazione; b) la Messina
aveva agito soprattutto per ottenere la risoluzione del
contratto e la restituzione dell’immobile (vedi art. 1243
c.c.). Infine, il quesito finale, necessario ai sensi
dell’art. 366-bis c.p.c., applicabile al ricorso, ratione
temporis, si rivela assolutamente astratto.
.3.1 – Il terzo motivo lamenta omessa pronuncia con
riferimento alla questione sollevata con il motivo
precedente.
.3.2 – La censura è inammissibile per duplice violazione
dell’art. 366, n. 4 c.p.c., mancando l’esposizione di
ragioni addotte a sostegno della censura, sia dell’art.
366-bis c.p.c. in quanto il quesito di diritto riproduce
alla lettera quello del secondo motivo.
.4 – Pertanto il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono il criterio
della soccombenza. La liquidazione avviene come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M.

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Peraltro occorre rilevare: a) proprio l’art. 1242 c.c.,

140/2012,

sopravvenuto

a

disciplinare

i

compensi

professionali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in

oltre accessori di legge.
Roma 22.10.2013.
Il Consigliere Estensore

Il Presiden

complessivi C. 3.200,00, di cui C. 3.000,00 per compensi,

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