Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26231 del 19/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep.19/12/2016), n. 26231
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 16864-2015 proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi n. 12
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI
PINO giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 2141/2015 della CORTE D’APPELLO di REGGIO
CALABRIA, depositato il 09/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
P.A. con ricorso del 25 ottobre 2011 chiedeva alla Corte di Appello di Reggio Calabria la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un’equa riparazione per il mancato rispetto del termine ragionevole, previsto dall’art. 6, par. 1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata in Italia con la L. n. 848 del 1955, in relazione alla durata di una causa civile davanti al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con ricorso depositato il 2 aprile 2004, avente ad oggetto la reintegrazione nel possesso e il risarcimento del danno.
Si costituiva il Ministero della Giustizia, contestando la fondatezza della domanda e deducendo l’insussistenza dei presupposti del diritto alla riparazione ed il difetto di prova del tipo di danno sofferto, in conseguenza delle asserite lungaggini dell’iter processuale. La Corte di appello di Reggio Calabria con decreto n. 2141 del 2015 accoglieva per quanto di ragione la domanda proposta da P.A. e, per l’effetto, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore di parte ricorrente della somma di Euro 7.250 per la durata non ragionevole della causa presupposto di complessivi otto anni; nonchè al pagamento delle spese processuali che liquidava in Euro 3.585,70 oltre esborsi ed accessori come per legge.
La cassazione di questo decreto è stato chiesta dal Ministero della Giustizia con ricorso affidato ad un motivo. Piccolo Annunziata ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.= Con l’unico motivo di ricorso il Ministero della Giustizia lamenta la violazione della L. n. 55 del 2014, art. 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Secondo il ricorrente la Corte di Appello di Reggio Calabria avrebbe applicato erroneamente il D.M. n. 55 del 2014, invece, che il decreto n. 140 del 2012 ed avrebbe erroneamente proceduto ad una liquidazione per fasi.
1.1.= Il motivo è infondato. Come ha già chiarito la Corte distrettuale, il D.M. n. 55 dei 2014, art. 28 contiene una norma espressa di diritto intertemporale, con cui si è previsto che le disposizioni di “nuovo conio” si applicano alle liquidazioni successive all’entrata in vigore del DM. stesso e, anche ai processi pendenti alla data della sua entrata in vigore. A sua volta, la liquidazione andava calcolata sulla base delle tabelle e della suddivisione in fasce previste per il giudizio avente natura contenziosa e tenuto conto dei criteri di cui al D.M. n. 55 del 2014, agli artt. 4 e 5. Come ha già affermato questa Corte in altra occasione: “ai fini della liquidazione delle spese processuali, il processo camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa” (Cass. n. 25352 del 17/10/2008).
Pertanto, la liquidazione effettuata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria è corretta perchè coerente con i principi indicati.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragion del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 700,00, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta civile – 2, della Corte di Cassazione, il 22 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016