Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26226 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 16/10/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 16/10/2019), n.26226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6268-2015 proposto da:

CREDITO EMILIANO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18,

presso lo studio dell’avvocato NUNZIO RIZZO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato AMALIA RIZZO;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 74, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE PORPORA,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALFREDO MAGGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1009/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/03/2014, R. G. N. 10956/2009.

Fatto

RILEVATO

1. Che la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata dichiarata,, la illegittimità dell’ordine di trasferimento presso la sede di (OMISSIS) adottato da Credito Emiliano s.p.a. nei confronti del dipendente M.A. e la illegittimità della sanzione della sospensione per cinque giorni dal lavoro e dalla retribuzione;

1.1. che in particolare il giudice di appello ha ritenuto che: a) la sentenza di primo grado non era incorsa in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato in relazione alla declaratoria di illegittimità – per assenza di giustificazione – del provvedimento di trasferimento; b) in relazione alla condotta contestata relativa alla mancata presentazione nei termini prescritti del certificato medico relativo alle assenza per malattia vi era prova dell’avvenuta consegna tempestiva dello stesso; c) in relazione ah seconda contestazione disciplinare relativa alla inottemperanza all’ordine di trasferta immediata, la sanzione applicata risultava del tutto sproporzionata alla luce delle circostanze concrete;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso il Credito Emiliano s.p.a. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. Che con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 244 e 110 c.p.c. nonchè omesso esame di fatto controverso e decisivo, oggetto di discussione tra le parti, censurando la sentenza impugnata per avere escluso la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato della sentenza di primo grado e per non avere ammesso il capitolo di prova, ritenuto generico, vertente sulle ragioni che avevano determinato il trasferimento;

2. che con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 2106 c.c. nonchè omesso esame di un fatto decisivo controverso, oggetto di discussione fra le parti, censurando la sentenza impugnata sul rilievo che il lavoratore solo in data 25.9.2000, ricevuta la lettera di contestazione, aveva provveduto a rimettere il certificato medico, di talchè – sostiene – la sanzione irrogata risultava del tutto proporzionata alla condotta tenuta del dipendente;

3. che il primo motivo di ricorso è inammissibile;

3.1. che, infatti, la sentenza impugnata, pur dando atto della ambiguità delle conclusioni spiegate con il ricorso di primo grado che chiedevano l’accertamento della illegittimità del trasferimento perchè non motivato, ha osservato che dalle complessive deduzioni formulate nel ricorso introduttivo emergeva che la impugnativa del trasferimento era stata effettuata per violazione dell’art. 2103 c.c. e perchè non risultavano valutate le condizioni personali e di famiglia dell’interessato, come prescritto dall’art. 110 c.c.n.l. e che, comunque, non vi era prova del rispetto dell’art. 110 c.c.n.l. e della necessità di sostituzione di una risorsa presso la sede di (OMISSIS), ulteriormente evidenziando la assoluta genericità del capitolo di prova articolato sul punto;

3.2. che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ove, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo” per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente – per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Cass. n. 15367 del 2014, Cass. n. 21226 del 2010, Cass. n. 6361 del 2007);

3.3. che parte ricorrente non ha osservato le prescrizioni imposte al fine della valida censura della sentenza di appello essendosi limitata ad una riproduzione solo parziale di alcuni passi del ricorso introduttivo, inidonei a consentire al Collegio la verifica ex actis della fondatezza della censura articolata;

3.4. che l’esame della doglianza relativa alla mancata ammissione della prova orale risulta assorbito dalla mancata impugnazione dell’affermazione della Corte di merito, configurante autonoma ratio decidendi, in ordine alla illegittimità del provvedimento di trasferimento in quanto adottato in violazione del disposto dell’art. 110 c.c.n.l. non avendo la società datrice dimostrato che, nel disporre il trasferimento vi era stata valutazione delle “condizioni personali e di famiglia dell’interessato” come stabilito dalla richiamata norma collettiva;

4. che il secondo motivo di ricorso è inammissibile;

4.1. che in relazione all’addebito relativo alla tardiva consegna del certificato medico relativo alla assenze dei giorni 7 ed 8 settembre 2009, la sentenza impugnata ha affermato che il M. aveva offerto la prova di avere tempestivamente mandato il figlio in banca con la certificazione nel termine contrattualmente previsto e che era, comunque, pacifico che dopo la contestazione della società aveva provveduto nuovamente all’invio;

4.2. che tale ricostruzione fattuale non risulta incrinata dalla censura articolata dalla società ricorrente, non coerente con l’attuale configurazione del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che esige la deduzione di omesso esame di un fatto

decisivo, e cioè di un fatto un fatto inteso nella sua accezione storico fenomenica, principale o primario (ossia costitutivo, impeditivo, estintivo o modificativo del diritto azionato) o secondario (cioè dedotto in funzione probatoria), evocato nel rispetto de gli oneri di allegazione e produzione posti a carico del ricorrente ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (Cass. Sez. Un, n. 8053 del 2014);

4.3. che, infatti, parte ricorrente si limita a contrapporre alla ricostruzione alla base della sentenza impugnata una diversa ricostruzione, senza neppure individuare lo specifico “fatto” la cui omissione aveva comportato la errata ricognizione della fattispecie concreta;

4.4. che la deduzione di violazione dell’art. 2106 c.c. è parimenti inammissibile giacchè la censura articolata non verte sul significato e sulla portata applicativa della norma in questione ma sulla concreta valutazione di proporzionalità della sanzione assertivamente affermata in relazione ad una ricostruzione fattuale della vicenda relativa alla consegna del certificato medico che non trova riscontro nella sentenza impugnata;

5. che alla inammissibilità del ricorso segue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza;

6. che sussistono i presupposti per l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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