Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26223 del 22/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 26223 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

PU

SENTENZA

sul ricorso 9650-2010 proposto da:
NIGRO ELISA NGRLSE44H58H703Q, domiciliata ex lege
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato MANCUSO DOMENICO
con studio in 84122 SALERNO, VIA DEI PRINCIPATI 17
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
1905

contro

CASA DI CURA PRIVATA CLINICA SALUS S.P.A., domiciliata
ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato,

1

Data pubblicazione: 22/11/2013

BUCCIARELLI CARMINE con studio in 84091 BATTIPAGLIA
(SA), VIA SALVATOR ROSA 122 giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 172/2009 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 18/02/2009, R.G.N. 46/2001;

udienza del 15/10/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato ALFONSO MANCUSO per delega;
udito l’Avvocato CARMINE BUCCIARELLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del ricorso,

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 11 gennaio 1990 Elisa Nigro,
premesso che nei primi mesi dell’anno 1970 era stata ricoverata
presso la Clinica Salus di Battipaglia per ivi essere
sottoposta a intervento chirurgico di colicistectomia ad opera

innumerevoli disturbi, che l’avevano costretta a lunghi periodi
di degenza e a ricoveri ospedalieri; che sottoposta in data 30
gennaio 1989 a nuovo intervento presso la Casa di Cura Sanatrix
di Roma, le era stato rinvenuto, all’interno dell’addome, un
corpo estraneo e cioè “una pezza laparatomica residua al
pregresso intervento di 18 anni prima”, convenne innanzi al
Tribunale di Salerno la Clinica Salus, chiedendo il
risarcimento dei danni subiti.
Costituitasi in giudizio, la convenuta contestò le avverse
pretese.
Con sentenza del 18 settembre 2000 il giudice adito accolse la
domanda e, dichiarata la responsabilità della clinica, la
condannò al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di
lire 66.150.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria
dalla data del fatto.
Proposto gravame principale da parte di Salus s.p.a. e
incidentale, da parte della Nigro, la Corte d’appello di
Salerno, in data 18 febbraio 2009, in parziale riforma della
impugnata sentenza, ha condannato la Clinica Salus s.p.a. al
pagamento, in favore di Elisa Nigro, della somma di euro

3

del dott. Renato Crimeni; che dopo l’operazione aveva accusato

121.898,27 all’attualità, oltre interessi, da calcolarsi sul
predetto importo, devalutato alla data del fatto e via via
rivalutato secondo gli indici ISTAT.
Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte
Elisa Nigro, formulando un solo motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1

Con l’unico mezzo la ricorrente denuncia violazione di

norme di diritto, nullità parziale della sentenza e del
procedimento, omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio
(ex art. 360, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., in relazione agli
artt. 112, 342, 132, n. 4, cod. proc. civ., 111, comma 6, della
Costituzione).
Oggetto

delle

critiche

è,

sotto

un

primo

profilo,

l’affermazione della Corte territoriale secondo cui
erroneamente il giudice di prime cure, dopo avere determinato
il danno con riferimento alla data della decisione, aveva
riconosciuto la rivalutazione e gli interessi sul capitale
rivalutato dalla data del fatto al saldo, laddove questi ultimi
andavano calcolati sulla somma devalutata al momento della
commissione dell’illecito e poi incrementata anno per anno, in
base agli indici ISTAT.
Secondo l’esponente la decisione farebbe malgoverno dei
principi giuridici in tema di formulazione dei motivi di
appello. E invero con le generiche censure e le conseguenti

4

Resiste con controricorso la Casa di Cura Salus s.p.a.

richieste conclusive – riportate nei loro punti salienti in
ricorso – nulla l’appellante avrebbe domandato, con chiarezza e
specificamente, in merito alla nuova determinazione di
interessi e rivalutazione, di talché la Corte d’appello avrebbe
giudicato

ultra

ed

extra petitum

nonché in violazione del

Nel quesito di diritto l’esponente chiede al giudice di
legittimità di accertare che la Corte d’appello di Salerno,
piuttosto che pronunciarsi, sulla base di motivi di gravame
generici e comunque poco chiari, in ordine al capo della
sentenza di primo grado relativo al computo di interessi e
rivalutazione, avrebbe dovuto, previa dichiarazione di
inammissibilità

ex

art. 342 cod. proc. civ., lasciare

inalterata sul punto la pronuncia impugnata, onde evitare di
operare una

reformatio in peius nei confronti dell’appellato-

appellante incidentale.
1.2

Sotto altro profilo, espressamente subordinato al mancato

accoglimento dei rilievi innanzi svolti, la ricorrente denuncia
vizi motivazionali con riferimento alla liquidazione del danno,
effettuata dal giudice di merito attraverso una asciutta
applicazione dei coefficienti tabellari in uso presso il
Tribunale di Milano, senza operare alcuna personalizzazione,
laddove andavano considerate sia la gravità delle lesioni, sia
la lunga sofferenza patita dalla vittima, ulteriormente
peggiorata nel corso degli anni. Ricorda, in particolare,
l’impugnante che la giurisprudenza di legittimità aveva

5

principio della non reformatio in peius.

ripetutamente escluso che le tabelle elaborate da alcuni uffici
giudiziari per la liquidazione del danno biologico rientrassero
nelle nozioni di fatto di comune esperienza di cui all’art.
115, comma 2, cod. proc. civ., e che esse fossero canonizzate
in norme di diritto, di talché il giudice che intendeva

motivazione, avrebbe dovuto dare conto dei criteri indicati
nelle tabelle.
2 Osserva preliminarmente il collegio che le critiche, ancorché
formulate in un motivo formalmente unico, sono, in realtà tra
loro profondamente eterogenee.
E invero, quelle volte a prospettare il malgoverno dei principi
giuridici che presidiano la formulazione dei motivi di appello,
ruotano intorno alla violazione del disposto dell’art. 342 cod.
proc. civ. (denunciata

ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ.),

nonché della regola della corrispondenza tra chiesto e
pronunciato (denunciata

ex artt. 112 e 360, n. 4, cod. proc.

civ.). Non a caso esse sono accompagnate dalla formulazione di
un quesito di diritto, ex art. 366 bis, prima parte, cod. proc.
civ., nella versione vigente,

ratione temporis.

Invece le censure relative alla quantificazione dei danni sono
articolate esclusivamente in chiave di mancanza e/o
insufficienza dell’iter argomentativo con il quale la Corte
d’appello ha giustificato la sua decisione, sì da mettere capo
a un momento di sintesi volto a circoscrivere il fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume

6

utilizzarle, per non incorrere nell’errore di omessa

omessa, contraddittoria o insufficiente, ai sensi della seconda
parte della norma processuale innanzi richiamata.
3 Le censure volte a denunciare il preteso

error in procedendo,

consistito nella mancata intercettazione della aspecificità dei

rivalutazione e interessi stabilita dal giudice di prime cure /
/
non colgono nel segno, ancorché l’esposizione delle ragioni
della scelta operata in dispositivo esiga alcune precisazioni.
Occorre muovere dalla considerazione che sulla questione dei
limiti dell’indagine che il giudice di legittimità è chiamato a
compiere in presenza della denuncia di vizi che, come nella
specie, attengono alla corretta applicazione di norme da cui è
disciplinato il processo che ha condotto alla decisione del
giudice di merito, ma, al tempo stesso, comportano anche la
verifica del modo in cui uno o più atti di quel processo siano
stati intesi e motivatamente valutati da parte dello stesso
giudice, sono intervenute, in tempi recenti, le sezioni unite
di questa Corte (confr. Cass. civ. sez. un. 22 maggio 2012, n.
8077). E invero, il principio, assolutamente consolidato,
secondo il quale, in caso di denuncia di errores in procedendo,
la Corte di cassazione è anche giudice del fatto (inteso qui,
ovviamente, come fatto processuale) ed è perciò investita del
potere di procedere direttamente all’esame e alla valutazione
degli atti del processo di merito (si vedano tra le altre,
Cass. civ. n. 14098 del 2009; Cass. civ. n. 11039 del 2006;
Cass. civ. n. 15859 del 2002) non sempre si armonizza

7

rilievi formulati dall’appellante in ordine alla decorrenza di

agevolmente con l’affermazione, pure assai frequente, che
assegna in via esclusiva al giudice di merito il compito
d’interpretare gli atti processuali di parte, e quindi
d’individuarne il significato ed il contenuto giuridico,
circoscrivendo il sindacato della Cassazione ai soli eventuali

eventualmente incorso nell’esposizione delle ragioni della
scelta operata in dispositivo (confr., a titolo d’esempio,
Cass. civ. n. 5876 del 2011; Cass. civ. n. 20373 del 2008;
Cass. civ. n. 7074 del 2005; Cass. civ. n. 19416 del 2004;
Cass. civ. n. 9471 del 2004).
4

Orbene,

muovendo dalla considerazione della diversa

latitudine che assume la cognizione del giudice di legittimità,
a seconda che sia denunciato un error in iudicando o un error
in procedendo,

posto che oggetto dello scrutinio, in

quest’ultimo caso, non è il contenuto della scelta decisoria
adottata dal giudice di merito sul rapporto sostanziale dedotto
in giudizio, che è fatto anteriore al processo, ma il modo
stesso in cui il processo si è svolto, di talché il

fatto da

verificare si colloca all’interno di una sequenza che è ancora
in corso, le sezioni unite hanno formulato il seguente
principio di diritto, al quale il collegio intende dare
continuità: quando col ricorso per cassazione venga denunciato
un vizio che comporti la nullità del procedimento o della
sentenza impugnata, ed in particolare un vizio afferente alla
nullità dell’atto introduttivo del giudizio per

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vizi di motivazione nei quali detto giudice di merito sia

indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni
poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve
limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e
logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha
vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare

fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in
conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito.
5 Venendo al caso di specie, nell’atto di gravame, trascritto

nel suo contenuto essenziale in ricorso e direttamente
esaminato dal collegio, in applicazione dei principi testé
richiamati, l’impugnante ebbe a censurare la disposta
liquidazione della maggior somma dovuta sia per interessi
legali che per rivalutazione monetaria a far tempo dal 1970
sull’importo riconosciuto per sorta capitale, segnatamente
evidenziando che

la liquidazione di una somma a titolo di

cumulo di interessi e della rivalutazione monetaria a far tempo
dal 1970 (e non già, a tutto voler concedere, dal momento in
cui è stato rivendicato il risarcimento del danno con la
notifica dell’atto di citazione),

aveva dell’incredibile, sia

perché nessuna prova aveva fornito l’attrice sul maggior danno
pretesamente subito, sia alla luce del constante orientamento
della Corte di cassazione, essendo pacifico che,

in forza delle

regole di responsabilità da inadempimento delle obbligazioni
sussiste un divieto di cumulo tra rivalutazione e interessi,

9

direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si

oggi esteso anche al cediti di lavoro, previdenziali,
assistenziali.
6 Ora, a giudizio del collegio, siffatto contenuto espositivo

si è risolto in una critica adeguata e specifica della
decisione impugnata, tale da consentire al giudice del gravame

censure formulate dall’appellante alla statuizione del
Tribunale, in punto di criteri di calcolo di interessi e
rivalutazione monetaria sulla somma dovuta a titolo di danni
(confr. Cass. civ. 17 dicembre 2010, n. 25588).
Ne deriva che il denunziato malgoverno dell’art. 342 cod. proc.
civ., nel testo applicabile ratione temporis, non sussiste.
7 Destituito di ogni fondamento, oltre che alquanto bizzarro, è

poi il richiamo a un preteso divieto di reformatio in peius che
sarebbe stato violato dalla Corte territoriale.
Questo divieto, invero, non esiste nel sistema processuale
civile, per la dirimente considerazione che esso sarebbe, a
tacer d’altro, in contrasto con lo stesso sistema delle
impugnazioni.
8

Prive di pregio, infine, sono le critiche in ordine alla

quantificazione dei danni, operata dal giudice di merito
attraverso l’utilizzazione delle tabelle in uso presso il
Tribunale di Milano.
In disparte il rilievo che questa Corte ha riconosciuto ai
criteri di liquidazione del danno biologico predisposti dal
Tribunale di Milano l’idoneità a garantire l’uniformità di

10

di percepire con certezza e chiarezza il contenuto delle

U1\_

giudizio a fronte di casi analoghi, reputando

intollerabile e

non rispondente ad equità che danni identici possano essere
liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti
Uffici giudiziari

(confr. Cass. civ.7 giugno 2011, n. 12408),

le censure difettano di decisività. L’esponente non specifica

tenuto conto, così venendo meno al suo obbligo di
personalizzare la liquidazione. Del tutto generico è, a tal
fine, il richiamo alla

gravità

delle lesioni e alla lunga

sofferenza patita della vittima, trattandosi di elementi che
nulla dicono, in realtà, sulla pretesa insufficienza delle
somme riconosciute a titolo di danno biologico e di danno
morale.
In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.
La soccombente rifonderà alla controparte vittoriosa le spese
di giudizio, nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
complessivi euro 11.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi),
oltre IVA e CPA, come per legge.
Roma, 15 ottobre 2013

per vero di quali indici, in concreto, il decidente non avrebbe

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