Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26222 del 22/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 26222 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

SENTENZA

sul ricorso 9649-2010 proposto da:
VALENTINO BRUNO VLNBRN61C28L424G, domiciliato ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
STRADELLA FURIO con studio in 34125 TRIESTE, VIALE XX
SETTEMBRE 13 giusta delega in atti;
– ricorrente contro

AZIENDA OSPEDALIERA – ISTITUTI OSPITALIERI DI VERONA;
– intimata –

Nonché da:

1

Data pubblicazione: 22/11/2013

EX AZIENDA OSPEDALIERA DI VERONA 02573100233, in
persona

del

Commissario

e

Liquidatore

legale

rappresentante dott. SANDRO CAFFI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 118, presso lo
studio dell’avvocato PLANTADE FRANCOISE MARTE, che la

ELISABETTA VILLA giusta delega in atti;
– ricorrente incidentale contro

VALENTINO BRUNO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1173/2009 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 03/07/2009, R.G.N. 546/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/10/2013 dal Consigliere Dott. ADELAIDE
AMENDOLA;
udito l’Avvocato FURIO STRADELLA;
udito l’Avvocato ANDREA COLLETTI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale assorbito il
ricorso incidentale;

rappresenta e difende unitamente all’avvocato

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 29 giugno 2000 Bruno Valentino,
premesso che in data 7 novembre 1994 aveva subito un
infortunio sul lavoro dal quale erano residuati postumi
invalidanti nella misura del 20%; che, lamentando dolorabilità

presso l’Ospedale di Verona, a intervento di neurolisi e
copertura con lembo adiposo ulnare peduncolato; che,
rivisitato presso l’INAIL, si era visto riconoscere una
invalidità nella misura del 70%; che il peggioramento della
sue condizioni fisiche era stato determinato dalla negligente
e imperita esecuzione del trattamento chirurgico; che inoltre
egli non era stato posto in grado di prestare un consenso
valido e adeguatamente informato; che, in particolare, nessuna
informazione gli era stata fornita circa la possibile
ingravescenza dell’arto, convenne innanzi al Tribunale di
Verona l’Azienda Ospedaliera, per ivi sentirla condannare al
risarcimento dei gravi danni patrimoniali e non patrimoniali
subiti.
Costituitasi in giudizio, la convenuta Azienda Ospedaliera
contestò le avverse pretese.
Con sentenza del 15 dicembre 2005 il giudice adito rigettò la
domanda, compensando integralmente tra le parti le spese di
causa.

3

al braccio, in data 6 febbraio 1998 era stato sottoposto,

Proposto gravame principale dal Valentino e incidentale
dall’Azienda Ospedaliera, la Corte d’appello, in data 3 luglio
2009, li ha respinti entrambi.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte
Bruno Valentino, formulando tre motivi.

Ospedalieri di Verona, che propone altresì ricorso
incidentale affidato anch’esso a tre mezzi.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza

sono stati riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ.
2 n ricorso principale.

Nel motivare il suo convincimento il giudice di merito,
rilevato che dalla espletata istruttoria non erano emersi
elementi dai quali potesse evincersi che vi era stata
negligenza o imperizia del medico né nella scelta di
intervenire, né nella esecuzione dell’atto operatorio, ha
altresì ritenuto infondate le doglianze relative alla pretesa
violazione dei principi in ordine al consenso informato,
avendo la convenuta Azienda dato prova che il paziente era
stato reso edotto del fatto che gli esiti dell’operazione
potevano essere non ottimali

nel 20% dei casi e che in una

percentuale quantificabile nel 20-30% potevano altresì
verificarsi complicazioni. Considerato allora che tale termine
era

suggestivo

di eventi negativi ed era di immediata

4

Resiste con controricorso l’Azienda Ospedaliera Istituti

percezione, le censure svolte dall’appellante principale erano
destituite di fondamento.
3.1 Di tale valutazione si duole quindi l’esponente che con il

primo motivo di ricorso, lamentando violazione degli artt. 13,
comma l, e 32, comma 2, della Costituzione, 1337 e 1375 cod.

malgoverno dei principi elaborati dalla giurisprudenza di
legittimità in punto di consenso informato. Secondo la stessa
versione dei fatti accolta dal decidente, invero, i sanitari
si sarebbero limitati a indicare genericamente le percentuali
di insuccesso dell’intervento (inteso come riuscita non
ottimale), senza indicare al paziente a quali rischi egli, in
concreto,

andava incontro, così fornendo, in definitiva, una

informazione niente affatto completa ed esaustiva. In
particolare – sostiene – il paziente non era stato reso edotto
del possibile peggioramento delle sue condizioni,
peggioramento consistito, nella fattispecie, nella totale
perdita funzionale del braccio.
3.2

Con il secondo mezzo, il ricorrente, denunciando vizi

motivazionali, critica l’omessa considerazione di una
circostanza decisiva, quale la tempistica della contestata
informativa, posto che dalla espletata istruttoria era emerso
che la stessa era stata fornita in limine,

e cioè pochi minuti

prima dell’intervento.
3.3 Con il terzo motivo, infine, deduce violazione degli artt.

1218 e 2697 cod. civ.

5

civ., sostiene che il giudice di merito avrebbe fatto

Evidenzia che, in base ai principi che presidiano la materia,
l’informazione che il medico deve fornire al paziente deve
essere anche preventiva, al fine di consentirgli di sottoporsi
consapevolmente al trattamento sanitario proposto. Nella
fattispecie, dalla istruttoria espletata, e segnatamente dalla

informativo era stato adempiuto quando il Valentino si trovava
già in ospedale in procinto di essere operato.
4 I motivi, che si prestano a essere esaminati congiuntamente,

per la loro evidente connessione, sono infondati.
Per ragioni di chiarezza espositiva sembra utile evidenziare
che l’esponente non muove alcuna critica alla sentenza
impugnata nella parte in cui la stessa, confermando la
decisione di prime cure, ha ribadito l’insussistenza di
elementi probatori in base ai quali attribuire al medico che
praticò l’operazione una imperizia o una negligenza, e tanto
sia con riguardo alla scelta della terapia chirurgica, sia con
riguardo alla sua esecuzione.
La relativa statuizione deve pertanto ritenersi ormai passata
in giudicato.
Tanto premesso, si osserva.
5 n positivo apprezzamento espresso dalla Corte territoriale

in ordine all’adempimento dell’obbligo del consenso informato
è, a ben vedere, contestato dal ricorrente sotto due profili
distinti, ancorché strettamente connessi: da un lato, la
completezza dell’informazione, la quale sarebbe stata generica

6

deposizione del teste Manfredi, era emerso che l’onere

e

carente,

soprattutto

con

riguardo

alla

possibile

accelerazione del processo ingravescente che ha portato alla
perdita della funzionalità dell’arto; dall’altro, la tardività
della sua somministrazione, intervenuta dopo il ricovero del
paziente e, anzi, poco tempo prima dell’intervento.
il primo aspetto, le censure attengono a profili di

stretto merito della valutazione del decidente, incensurabili
in questa sede ove, come nella fattispecie, congruamente
motivati.
Tanto va affermato, anzitutto, con riguardo al significato
peggiorativo di un quadro clinico già compromesso attribuito
dalla Corte d’appello al termine “complicanze”, non potendosi
ragionevolmente disconoscere la prognosi negativa in esso
insita.
Non è poi senza rilievo che la Curia veneziana, dato per
certo, sulla base delle argomentate conclusioni del consulente
tecnico, che l’aggravamento si sarebbe verificato in ogni
caso, ha ritenuto solo ipotetico che l’atto chirurgico ne
avesse velocizzato la comparsa, specificando che neppure erano
stati offerti elementi (non indicabili, secondo l’esperto),
per quantificare in termini temporali tale accelerazione.
Ne deriva, stante la problematicità del quadro fattuale di
riferimento, la sostanziale congruità della valutazione del
decidente, peraltro formulata sulla base di un puntuale esame
degli esiti della compiuta istruttoria.

7

6 Sotto

7 Per quanto riguarda il secondo profilo, invece, le critiche

attengono a una questione non trattata nella sentenza
impugnata, e quindi nuova. Il decidente non si è invero
affatto occupato della tempistica della informazione, al fine
di stabilire se la stessa fosse o meno stata tale da renderla

dedotta in giudizio esigeva acquisizioni istruttorie e
apprezzamenti particolarmente rigorosi.
Ne deriva che il ricorrente aveva l’onere, rimasto affatto
inadempiuto, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione
dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in
quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar
modo alla Corte di controllare

de visu

la veridicità di tale

asserzione (confr. Cass. civ. sez. lav. 28 luglio 2008, n.
20518; Cass. civ. l ° , 31 agosto 2007, n. 18440). Non è
superfluo in proposito ricordare che i motivi del ricorso per
cassazione devono investire a pena dì inammissibilità,
questioni già comprese nel

“thema decidendum” del giudizio di

appello, di modo che, salvo che si prospettino profili
rilevabili d’ufficio, è preclusa la proposizione di doglianze
che, modificando la precedente impostazione, pongano a
fondamento delle domande e delle eccezioni titoli diversi o
introducano, comunque, piste ricostruttive fondate su elementi
di fatto nuovi e difformi da quelli allegati nelle precedenti

8

praticamente inutile. E invece tale aspetto della fattispecie

fasi processuali (confr. Cass. civ., sez. 1 0 , 13 aprile 2004,
n.6989).
Il

ricorso

principale

deve,

in

definitiva,

essere

integralmente rigettato.
9 n ricorso incidentale.

degli artt. 91, 99, 112 e 132 cod. proc. civ., ex art. 360, n.
3, cod. proc. civ. Oggetto delle critiche è la mancata
indicazione, nel dispositivo della sentenza impugnata, della
somma riconosciuta a titolo di spese, diritti ed onorari alla
parte vittoriosa, e tanto pur dopo l’affermazione che le spese
seguivano la soccombenza.
Con il secondo mezzo, denunciando violazione degli artt.
91,99, 112 e 132 e 156 cod. proc. civ.,

ex art. 360, n. 4,

cod. proc. civ., l’impugnante sostiene che la mancata
liquidazione delle spese, diritti ed onorari, integra gli
estremi della omessa pronuncia.
Con il terzo motivo, infine, lamenta vizi motivazionali con
riferimento alla medesima questione.
7

Le critiche,

che si prestano a essere esaminate

congiuntamente per la loro evidente connessione, sono fondate.
La Corte territoriale, invero, pur dopo avere statuito in
ordine alla condanna dell’appellante al pagamento delle spese
processuali, ha omesso di determinare la somma dovuta a tale
titolo.

9

Con il primo motivo l’Azienda Ospedaliera lamenta violazione

Ne deriva che,

in accoglimento del proposto ricorso

incidentale, la sentenza impugnata deve essere,

in parte qua,

cassata. Peraltro, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito,
con la determinazione delle somme che Bruno Valentino deve

gravame.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e
vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il
ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la
sentenza impugnata in relazione ai motivi del ricorso
incidentale accolto e, pronunciando nel merito, condanna Bruno
Valentino a rifondere all’Azienda Ospedaliera Istituti
Ospedalieri di Verona le spese del giudizio di gravame,
liquidate in complessivi euro 5.150,00 (di cui euro 3.000,00
per onorari). Condanna Bruno Valentino al pagamento delle
spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi
euro 3.200,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e
CPA, come per legge.
Roma, 15 ottobre 2013
Il Consigliere est.

Il Presi
dk

rifondere alla controparte a titolo di oneri del processo di

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