Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2622 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 05/02/2020), n.2622

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sul ricorse 10308-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro Tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 95/2012 della CCMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 28/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2019 dal Consigliere Dott.ssa ZOSO LIANA MARIA TERESA;

adito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato SUBRANI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. L’agenzia delle entrate impugna con tre motivi la sentenza della

commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, che ha accolto l’appello proposto dalla contribuente D.R. avverso la decisione della commissione tributaria provinciale di Salerno. La contribuente aveva proposto con procedura Docfa l’accatastamento di un immobile di sua proprietà sito in Praiano con la categoria A/4 classe 1 e l’ufficio aveva attribuito la categoria A/2 classe 10. Proposto ricorso da parte della contribuente, la CTP di Salerno, recependo il provvedimento adottato in autotutela dall’agenzia del territorio, aveva attribuito la categoria A/2 classe 8. Con la sentenza impugnata la CTR ha osservato che l’avviso di accertamento non era adeguatamente motivato poichè in esso erano indicati solamente in modo generico ed astratto immobili similari ed, inoltre, l’agenzia del territorio non aveva proceduto al previo sopralluogo. Infine non si rinvenivano validi elementi addotti dall’agenzia con riguardo alle caratteristiche costruttive e strutturali nonchè alla esistenza di elementi di pregio tali da attribuire all’immobile un diverso classamento rispetto ad altri.

2. La contribuente non si è costituita in giudizio.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’avviso di accertamento adottato a seguito di denuncia effettuata con procedura Docfa doveva ritenersi sufficientemente motivato, indicando esso i dati oggettivi dell’immobile e la classe attribuita.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’avviso di accertamento adottato a seguito di denuncia effettuata con procedura Docfa non necessita di previo sopralluogo di talchè la sentenza impugnata è viziata sul punto.

3. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione circa un fatto controverso decisivo, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la CTR ha omesso di considerare che l’ufficio può assolvere nel corso del giudizio l’onere della prova in ordine alla sussistenza dei presupposti del classamento. Nel caso che occupa la CTR non aveva dato conto dei rilievi concernenti le caratteristiche specifiche dell’immobile che erano tali da determinare la legittimità dell’attribuzione della categoria A/2 classe 8.

4. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato. Ciò in quanto, trattandosi di immobile a destinazione abitativa, e dunque di immobile che appartiene alla categoria ordinaria, ai fini del classamento, il metodo di stima non è la stima diretta, ma è la metodologia comparativa, basata sulle caratteristiche estrinseche ed intrinseche dell’immobile ed sulla sua ubicazione, in relazione alla tariffa prevista per la classe d’appartenenza, mentre è solo per gli immobili a “destinazione speciale” (come gli alberghi) il cuì valore scaturisce dalla sommatoria di più fattori che risulta necessaria la stima diretta con sopralluogo (cfr. Cass. n. 5600 del 06/03/2017). Nella giurisprudenza di legittimità è andato consolidandosi l’orientamento nel senso che: “qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura disciplinata dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, convertito in L. n. 75 del 1993, e dal D.M. n. 701 del 1994 (cd. procedura DOCFA), l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati”; mentre, in caso contrario – e cioè nell’ipotesi in cui la discrasia non derivi dalla stima del bene ma dalla divergente valutazione degli elementi di fatto indicati dal contribuente – Pia motivazione dovrà essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso” (Cass. n. 12777 del 23/05/2018; Cass. n. 31809 del 07/12/2018, Cass. n. 12497 del 26/05/2016). Si tratta di orientamento che si pone in linea con quanto stabilito da Cass. 23237/14, la quale (richiamando Cass. ord.3394/14) ha affermato che: “in ipotesi di classamento di un fabbricato mediante la procedura Docfa, l’atto con cui l’amministrazione disattende le indicazioni date dal contribuente deve contenere un’adeguata – ancorchè sommaria motivazione, che delimiti l’oggetto della successiva ed eventuale controversia giudiziaria, affermando, appunto, che l’Ufficio non può ‘limitarsi a comunicare il classamento che ritiene adeguato, ma deve anche fornire un qualche elemento che spieghi perchè la proposta avanzata dal contribuente con la Dofca viene disattesa. Nel farsi carico di alcune precedenti pronunce in materia, Cass. 23237/14 cit. ha rilevato come il principio così da essa accolto “contrasta solo in apparenza con la giurisprudenza citata dalla ricorrente (cfr., da ultimo, Cass. n. 2268 del 2014) secondo cui, in ipotesi d’attribuzione della rendita catastale a seguito della procedura Docfa, l’obbligo di motivazione è soddisfatto con l’indicazione dei dati oggettivi e della classe, trattandosi di elementi conosciuti o comunque facilmente conoscibili per il contribuente e tenuto conto della struttura fortemente partecipativa dell’atto”; posto che quest’ultimo indirizzo deve trovare applicazione solo nel caso in cui “gli elementi di fatto indicati nella dichiarazione presentata dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e risultino, perciò, immutati, di tal che la discrasia tra la rendita proposta e la rendita attribuita sia la risultante di una valutazione tecnica sul valore economico dei beni classati: in tal caso, risulta evidente come la presenza e la adeguatezza della motivazione rilevino, non già ai fini della legittimità dell’atto, ma della concreta attendibilità del giudizio espresso”. Diversamente deve però avvenire allorquando “la rendita proposta con la Dofca non venga accettata in ragione di ravvisate differenze relative a taluno degli elementi di fatto indicati dal contribuente”; ipotesi in cui l’Ufficio dovrà, appunto, specificarle, sia per consentire al contribuente di approntare agevolmente le consequenziali difese, che per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate; principio questo che si pone in consonanza con la più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 9626 del 2012; ord. 19814 del 2012; n. 21532 dei 2013; n. 17335 del 2014; n. 16887 del 2014), che, in tema di motivazione degli atti di modifica del classamento, ha, appunto, affermato che è necessaria l’enunciazione delle relative ragioni per consentire al contribuente il pieno svolgimento del suo diritto di difesa e per circoscrivere l’ambito dell’eventuale futuro giudizio”. Ne deriva che nel caso di specie, ove gli elementi fattuali sono rimasti immutati, era sufficiente che l’avviso di accertamento contenesse i dati identificativi dell’immobile, la categoria, la classe e la consistenza.

5. Il secondo motivo è parimenti fondato. Invero questa Corte ha già avuto modo di precisare che, ai sensi del D.L. n. 70 del 1988, art. 11, convertito dalla L. n. 154 del 1988, del D.L. n. 853 del 1984, art. 4, comma 21 e del D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, oltre che del D.P.R. n. 1148 del 1949, artt. 1, 6 e 7, per gli immobili che appartengono alla categoria ordinaria, ai fini del classamento, il metodo di stima non è la stima diretta, ma è la metodologia comparativa, basata sulle caratteristiche estrinseche ed intrinseche dell’immobile e sulla sua ubicazione, in relazione alla tariffa prevista per la classe d’appartenenza, mentre è solo per gli immobili a “destinazione speciale” (come gli alberghi) il cui valore scaturisce dalla sommatoria di più fattori, che risulta necessaria la stima diretta con sopralluogo (cfr. Cass. n. 5600 del 06/03/2017; Cass. n. 3103 del 16/02/2015; Cass. n. 22886 del 25/10/2006).

6. Il terzo motivo di ricorso è ammissibile e fondato. E’ ammissibile in quanto la sentenza impugnata risulta emessa in data antecedente al 12 settembre 2012, sicchè non trova applicazione il nuovo dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 5 con le limitazioni che esso prevede.

Il motivo è, poi, fondato in quanto la CTR non ha dato conto delle ragioni per le quali ha implicitamente disatteso le argomentazioni svolte dall’agenzia delle entrate basate sulla sussistenza delle caratteristiche specifiche dell’immobile, proprie della categoria A/2 e non già della categoria A/4, avuto riguardo, in particolare, allo sviluppo degli ambienti, alla effettiva possibilità di utilizzazione, alla buona fruibilità degli spazi interni ed alla presenza di due bagni.

7. Dall’accoglimento dei motivi di ricorso deriva che l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Campania che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in altra composizione, anche per le altre.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 febbraio 2020

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