Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2622 del 01/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 01/02/2017, (ud. 09/11/2016, dep.01/02/2017),  n. 2622

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26748-2013 proposto da:

D.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TARVISIO 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO FARSETTI,

rappresentato e difeso dagli avvocati LUCIANA VERDE, GIOVANNI VERDE,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore e quale mandataria di ENEL S.P.A. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, (STUDIO

LEGALE PESSI E ASSOCIATI) presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

GIUSEPPE GENTILE, che la rappresenta e difende, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3863/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/06/2013 R.G.N. 7361/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito l’Avvocato MASSIMO FARSETTI per delega avvocati VERDE GIOVANNI

e VERDE LUCIANA;

udito l’Avvocato GENTILE GIOVANNI GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza 26 giugno 2013, la Corte d’appello di Napoli rigettava l’appello proposto da D.L. avverso la sentenza di primo grado, che ne aveva respinto le domande di: inquadramento nella categoria di Dirigente di base A con decorrenza dal 1 settembre 1988, o in subordine nella categoria di quadro QM 32% (e in entrambi i casi di condanna della datrice Enel Distribuzione s.p.a., anche quale mandataria di Enel s.p.a. al pagamento delle relative differenze retributive); di risarcimento del danno conseguente a demansionamento e dequalificazione, nonchè a mobbing in misura non inferiore a Euro 800.000,00; accertamento del diritto alla corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 31, comma 30 e 31 del CCNL di categoria, con relativa condanna a somme specificamente indicate, nonchè al pagamento delle somme a titolo di straordinario dal giugno 1979 al maggio 1982 corrispondente al nuovo inquadramento richiesto, oltre che di integrazione del T.f.r., di incentivazione all’esodo e di integrazione contributiva.

A motivo della decisione, la Corte territoriale, preliminarmente ritenuta la prescrizione nei limiti del decennio (dal 21 dicembre 1989) anteriore alla raccomandata di formale richiesta (21 dicembre 1999) della domanda di maggior qualifica, ne escludeva pure la ricorrenza dei requisiti, tanto per la principale di dirigente quanto per la subordinata di quadro QM 32% (in assenza dei requisiti scrutinati di elevato grado di professionalità, autonomia decisionale, discrezionalità delle scelte e ampiezza illimitata nella realizzazione degli obiettivi aziendali).

Essa escludeva quindi il demansionamerito (per il complesso assetto riorganizzativo interessante tutti i dipendenti, senza alcun pregiudizio specifico per la condizione lavorativa di D.L.) e così pure, per difetto di prova il mobbing denunciati; ed analogamente il compenso per lavoro straordinario in particolare da maggio 1979 a maggio 1982, in quanto (oltre che non provato) prescritto e l’indennità prevista dall’art. 31, comma 30 e 31 del CCNL di categoria, in assenza dei suoi presupposti.

Con atto notificato il 21 novembre 2013, D.L. ricorre per cassazione con tre motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste Enel Distribuzione s.p.a., in proprio e nella qualità, con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 2943 c.c., u.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per omessa considerazione delle numerose lettere prodotte, in allegato al blocco di documenti n. 4 (all. D del ricorso introduttivo) e specificamente indicate nelle date, di rivendicazione di qualifica superiore, pertanto interruttive della prescrizione decennale (dal 21 dicembre 1989) per essa e quinquennale (dal 21 dicembre 1994) per le relative differenze retributive, in quanto di essa interruttive.

Con il secondo, il ricorrente deduce in subordine l’omesso esame della stessa circostanza del mezzo precedente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento all’art. 2943 c.p.c., u.c., art. 115 e 116 c.p.c..

Con il terzo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 2103 c.c., in riferimento all’art. 18 CCNL di settore del 22 aprile 1986, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per esclusione della qualifica di quadro superiore, a causa di erronea interpretazione delle norme denunciate nell’omessa valutazione della propria operatività, nelle mansioni svolte, “in stretta contiguità con la struttura aziendale”, con valorizzazione del mancato conferimento di procura rappresentativa, invece irrilevante.

Osserva il collegio come D.L. abbia esclusivamente fondato il proprio ricorso sull’impugnazione della sentenza “limitatamente alla parte in cui è stata rigettata la sua domanda di inquadramento in un Quadro di livello superiorè rispetto a quello attribuitogli” (così in premessa dei motivi, a pg. 3 del ricorso): e quindi sull’art. 18 CCNL di settore del 22 aprile 1986.

Ma egli ne ha omesso la produzione.

E non soltanto nell’accezione più rigorosa, secondo cui un tale onere può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, in quanto adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c.; neppure potendo, a tal fine, considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale indicazione del documento nell’elenco degli atti (Cass. 4 marzo 2015, n. 4350).

Ma neppure in quella più attenuata, secondo cui: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle fasi, mediante il deposito di quest’ultimo, specificandosi, altresì, nel ricorso l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia rinvenibile; b) se il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che lo stesso è depositato nel relativo fascicolo del giudizio di merito, benchè, cautelativamente, ne sia opportuna la produzione per il caso in cui quella controparte non si costituisca in sede di legittimità o la faccia senza depositare il fascicolo o lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso, oppure attinente alla fondatezza di quest’ultimo e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante il suo deposito, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass. s.u. 7 novembre 2013, n. 25038).

Poichè non risulta che D.L. abbia assolto in alcun modo a detto onere di produzione (come, al di là del dato di evidenza, si inferisce pure dalle sue argomentazioni al p.to 4 di pgg. da 15 a 17 della memoria comunicata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.), il suo ricorso deve essere dichiarato improcedibile, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, con assorbimento di ogni altra questione e la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna D.L. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida per ciascuna in Euro 100,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2017

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