Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26218 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 18/10/2018, (ud. 15/05/2018, dep. 18/10/2018), n.26218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1439-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

e contro

U.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 41/2015 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO SEZ.

DIST. DI BOLZANO, depositata il 21/07/2015 R.G.N. 12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/05/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STEFANO VISONA’ che ha concluso per infondatezza;

udito l’Avvocato ANTONIETTA CORETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso depositato il 22.11.2012 U.M. adiva il tribunale di Bolzano per ottenere il riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti sulla base del lavoro prestato per 80 giorni dell’anno 2011, sulla scorta di due rapporti di lavoro. Il tribunale di Bolzano rigettava la domanda sostenendo che nel computo del requisito minimo delle 78 giornate soggette a contribuzione nel 2011, richieste dalla legge (D.L. n. 86 del 1988, art. 7, comma 3 convertito nella L. n. 160 del 1988), non potesse tenersi conto delle giornate di ferie maturate e non godute all’interno di un rapporto di lavoro cessato per scadenza del termine ed in relazione alle quali il ricorrente aveva percepito l’indennità sostitutiva la quale, avendo natura risarcitoria, non sarebbe stata soggetta a contribuzione.

La Corte d’Appello di Trento sezione distaccata di Bolzano, con sentenza n. 2269/2013, accogliendo l’appello del lavoratore, riformava la sentenza di primo grado sostenendo, anzitutto, che in sede d’appello si discuteva se potessero essere computati i sette giorni di ferie non fruite durante il periodo lavorativo presso Hotel Erica S.a.S. e compensati mediante indennità sostitutiva corrisposta alla cessazione del rapporto (non era stato invece impugnato da parte dell’Inps il riconoscimento in sentenza di un giorno di ferie non godute alle dipendenze di S.W.). Nel merito, secondo la Corte, poichè, al contrario di quanto argomentato dal primo giudice e riaffermato dallo stesso INPS, l’indennità sostitutiva delle ferie era assoggettabile a contribuzione previdenziale a norma della L. n. 153 del 1969, art. 12 (quale che fosse la sua natura, risarcitoria o retributiva; Cass. 660/2015, tra le tante). la domanda andava accolta, ai sensi di legge ed in applicazione del criterio dettato dalla circolare INPS n. 273 del 31.12.1998, risultando che l’appellante “calcolando pure le domeniche” aveva maturato nove giorni (cui uno a titolo di ferie non godute) in occasione del primo rapporto lavorativo alle dipendenze di S.W. e 71 giorni (di cui sette a titolo di ferie non godute) in occasione del rapporto alle dipendenze dell’Hotel Erika sas, per un totale di 80 giornate.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps con due motivi illustrati da memoria. U.M. è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 7, comma 3, prima parte, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni ed integrazioni, vigente ratione temporis, con riferimento al D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 3 e art. 4, comma 1 e 2, (art. 360 c.p.c., n. 3); l’Inps lamenta che la Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, abbia riconosciuto al signor U.M. l’indennità disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti per l’anno 2011, nonostante che, pur sommando le giornate dichiarate dal datore di lavoro (nel caso di specie 62 giorni) e quelle indennizzate per ferie non godute (nel caso di specie otto giorni) mancasse il necessario requisito contributivo di “…almeno 78 giornate di attività lavorativa, per la quale siano stati versati o siano dovuti contributi per l’assicurazione obbligatoria”. I giudici di seconde cure avevano apoditticamente sostenuto che l’appellante avesse maturato un totale di 80 giornate lavorate ivi comprese quelle relative alle ferie non godute. In particolare, la Corte d’Appello aveva deciso la questione rimasta assorbita all’esito del giudizio di primo grado circa la computabilità o meno di tutte le giornate di calendario ai fini del raggiungimento del requisito delle 78 giornate lavorative, omettendo ogni valutazione circa il fatto, dirimente, dell’assoggettamento o meno a contribuzione di tutte le medesime giornate e facendo un generico ed esclusivo riferimento al computo delle domeniche per le quali non è previsto obbligo contributivo.

2.- Col secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, art. 7, comma 3, prima parte, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, e successive modificazioni ed integrazioni, vigente ratione temporis, anche con riferimento al combinato disposto dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Con tale motivo l’INPS si duole in via subordinata che la Corte territoriale, nel riformare la sentenza di primo grado, abbia riconosciuto al signor U.M. l’indennità disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti per l’anno 2011, ancorchè non si fosse comunque dimostrata la sussistenza nel medesimo anno di riferimento del necessario requisito contributivo di almeno 78 giornate di attività lavorativa, per le quali siano stati versati o siano dovuti i contributi per l’assicurazione obbligatoria, pur sommando le giornate dichiarate dal datore di lavoro (nel caso di specie 62 giorni) e quelle indennizzate per ferie non godute (nel caso di specie otto giorni). I giudici d’appello avevano del tutto omesso di considerare al riguardo che l’assoggettamento o meno a contribuzione delle medesime giornate lavorative è attestato dalla dichiarazione del datore di lavoro prevista dalla legge sicchè in ossequio al principio dell’onere della prova, assolto dall’Istituto con la produzione delle dichiarazioni dei datori di lavoro di cui alla L. n. 86 del 1988, art. 7, comma 5 convertito in L. n. 160 del 1988 ed al principio di non contestazione, avrebbero dovuto escludere la sussistenza in capo alla controparte del requisito contributivo di almeno 78 giornate di attività lavorativa, per le quali siano stati versati o siano dovuti contributi ai fini del riconoscimento dell’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti per l’anno 2011, anche con l’inclusione del computo delle giornate di ferie non godute.

3.- I due motivi di ricorso, possono essere trattati unitariamente in quanto volti a censurare la sentenza in relazione all’esistenza (in iure ed in fatto) del requisito contributivo delle 78 giornate richiesto dalla legge ai fini dell’attribuzione dell’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti.

4.- Le censure dell’Inps si appuntano, preliminarmente, sulla questione relativa al criterio di computo delle giornate richieste dalla legge ai fini del riconoscimento dell’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti. L’Inps non contesta più invece (dopo averlo contestato per due gradi) che anche le ferie non godute dal lavoratore (ed indennizzate tanto nel primo che nel secondo dei rapporti di lavoro che vengono in rilievo) siano computabili, in quanto coperte da contribuzione, ai fini del requisito delle 78 giornate lavorative; talchè sul punto la sentenza è passata in giudicato.

5.- Resta appunto la questione relativa al computo complessivo delle giornate, dal momento che l’Istituto previdenziale afferma che il ricorrente avesse lavorato nel 2011 soltanto 62 giorni e maturato 8 giorni per ferie non godute; talchè anche computando quest’ultime non poteva raggiungersi il requisito minimo richiesto di 78 giornate.

6.- Ora, sebbene anche la sentenza impugnata sostenga che nel giudizio d’appello si discutesse soltanto del computo delle ferie non godute, in realtà la medesima pronuncia ha affrontato e risolto anche la questione preliminare relativa ai criteri di computo delle giornate – ovvero se dovesse applicarsi un computo per calendario oppure per giornate di lavoro effettivo, cioè effettivamente pagate – richiamando e trascrivendo l’orientamento sostenuto dall’Inps in sede amministrativa (circolare n. 273 del 31.12.1998) il quale ammette che ai fini del requisito contributivo in discorso oltre alle giornate di lavoro effettivo (nel caso di specie 62) vadano computate anche quelle relative “ad assenze per festività, ferie, riposi ordinari e compensativi, periodi di maternità e di malattia e situazioni assimilabile purchè retribuite, coperte di contribuzione obbligatoria e comunque relative ad un periodo complessivamente considerato come lavorativo”.

7. Va esclusa pertanto la fondatezza della censura di apoditticità rivolta all’affermazione con la quale la Corte territoriale ha deciso la causa sostenendo che il ricorrente ha maturato 80 giorni di contributi “calcolando pure le domeniche”, oltre ai giorni di ferie non goduti ed indennizzati (che l’INPS più non contesta). Nell’effettuare tale accertamento la Corte mostra infatti di aderire al primo criterio di computo sopra indicato, conformandosi così alla costante giurisprudenza di questa Corte la quale ha affermato che ai fini del raggiungimento del requisito contributivo previsto per l’acquisizione del diritto all’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti devono ritenersi utili non soltanto le giornate di effettiva prestazione del lavoro ma anche quelle non lavorate, comunque interne ad un periodo considerato come lavorativo e per le quali sussiste l’obbligo di contribuzione, quali le assenze per festività, le ferie, riposi ordinari e compensativi, i periodi di maternità e di malattia e le situazioni assimilabili. Deve cioè aversi riguardo all’intera durata del rapporto lavorativo in essere, dovendo considerarsi utili tutte le giornate comunque interne al periodo complessivamente lavorato, per le quali sussista l’obbligo di contribuzione (da ultimo, sentenza n. 5746 del 12/03/2014). Ed è proprio a fronte di tale interpretazione estensiva che l’INPS ha modificato il proprio precedente orientamento (circolare n. 139/1988) adeguandosi alle elaborazioni giurisprudenziali e riconoscendo che la contribuzione possa maturare anche nei giorni di riposi ordinari, come sono senz’altro da considerare le domeniche (D.Lgs. n. 66 del 2003, ex art. 9 secondo cui “Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni ad un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all’art. 7”).

8. Detto ciò, è invece escluso che possa rilevare in contrario quanto l’INPS desume dal D.P.R. n. 818 del 1957, artt. 3 e 4secondo cui la contribuzione è calcolata sulla retribuzione e “la retribuzione giornaliera per coloro che sono retribuiti a mese si ottiene dividendo la retribuzione complessiva… per 26 nel caso che la retribuzione stessa si riferisca a tutte le giornate lavorative comprese nei detti periodi di paga; e per il numero delle giornate effettivamente retribuite se è inferiore a quelle delle giornate lavorative comprese nel periodo di paga ai fini del limite minimo di retribuzione giornaliera”.

L’INPS pare infatti dedurre da tali indicazioni normative – che attengono all’individuazione del quantum della retribuzione giornaliera assoggettabile a contribuzione – la conclusione secondo cui il lavoratore possa acquisire in un mese il diritto a vedersi computare al massimo 26 contributi giornalieri; il che va però escluso sia perchè le norme citate non possono condizionare il diritto del lavoratore a vedersi accreditati tutti i contributi per i quali maturi il relativo titolo, anche in mancanza di effettiva prestazione; sia perchè tale tesi non rispecchia il sistema di calcolo ampio individuato dalla costante giurisprudenza ai fini del requisito contributivo utile per il diritto all’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti, come sopra indicato.

9.- Per quanto concerne invece la censura secondo cui il lavoratore avrebbe in realtà maturato soltanto 62 contributi giornalieri (in base al lavoro effettivo svolto) essa va ritenuta anzitutto infondata e pertanto correttamente disattesa dalla Corte in forza del diverso criterio di computo prescelto in base alla legge. In ogni caso la stessa censura va pure ritenuta non conforme al principio di autosufficienza posto che l’Inps non riproduce, nè allega al ricorso, le dichiarazioni del datore o le buste paga da cui trae il proprio assunto; nè, trattandosi di elementi su cui la sentenza nulla dice, indica quando e dove gli stessi documenti sarebbero stati prodotti.

10. Sulla scorta delle considerazioni che precedono la sentenza si sottrae alle censure di cui al ricorso che deve essere rigettato. Nulla per le spese non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma-1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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