Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26213 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 18/11/2020), n.26213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 636/14 R.G., proposto da:

G.A., rappresentato e difeso, giusta procura in margine al

ricorso, dall’avv.to Gaffuri Alberto Maria e dall’avv.to D’Ayala

Valva Francesco, presso quest’ultimo elettivamente domiciliato in

Roma, Via Viale Parioli n. 43;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 85/64/2013 depositata il 06/05/2013, non notificata.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con avviso di accertamento, per l’anno 2004, l’Agenzia delle entrate rideterminava, nei confronti di G.A., esercente attività di smaltimento rifiuti, maggiore Irpef (per Euro 456.542,00), maggiore addizionale regionale (per Euro 14.247,00), maggiori contributi previdenziali (per Euro 2.161,00), maggiore Irap (per Euro 3568,00) oltre sanzioni ed interessi; l’Ufficio, a seguito di verifica fiscale, aveva ipotizzato che il contribuente, attraverso una semplice movimentazione contabile, aveva artificiosamente estinto una passività aziendale insussistente, per Euro 718.000,00 che, dunque, costituiva sopravvenienza attiva tassabile; rilevava altresì, che il contribuente aveva spesato per l’esercizio 2004 costi per Euro 299.638,24, che, tuttavia erano di competenza dell’esercizio 2003.

G.A. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Brescia contestando la ricostruzione dell’Ufficio e deducendo che la registrazione della fattura come “anticipo clienti” era stato frutto di un errore contabile trattandosi di una somma di cui l’impresa era creditrice verso i terzi; in particolare, la voce era stata estinta in parziale compensazione del prezzo di acquisto di complesso immobiliare dalla procedura fallimentare, sicchè non era venuta meno alcuna componente negativa del reddito che poteva generare una componente attiva.

La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso e compensava le spese di lite.

2. Il contribuente impugnava tale decisione innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia chiedendo l’integrale riforma della sentenza di prime cure.

La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza in epigrafe, accoglieva parzialmente l’appello dichiarando legittimo il recupero a tassazione effettuato dall’Ufficio limitatamente alla somma di Euro 718.000,00, in quanto costituente una sopravvenienza attiva tassabile D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 88, mentre, in relazione all’ulteriore importo di Euro 299.638,24, recuperato a tassazione dall’Ufficio sull’ipotesi che trattavasi di costi inerenti all’anno 2003 e non invece all’anno 2004, la Commissione tributaria regionale accoglieva il ricorso, sul rilievo che “i relativi costi quand’anche sostenuti nel 2003 risultano correlati ai ricavi conseguiti nel successivo anno 2004 e – secondo il criterio di competenza – risultano deducibili in quest’ultimo esercizio”.

3. Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidandosi ad un unico motivo. Ha resistito con controricorso l’Amministrazione finanziaria, la quale ha proposto ricorso incidentale affidandosi a sei motivi. Il contribuente ha resistito con controricorso al ricorso incidentale ed ha presentato memoria ex art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo ed unico motivo di ricorso principale, G.A. deduce la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 5-bis, per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto la sussistenza di una sopravvenienza attiva che, invece, avrebbe potuto determinarsi solo se si fosse verificato un fatto “nuovo” che faceva venir meno, in tutto o in parte, l’obbligo dell’esborso di cui alla posta contabile; nello specifico, deduce il ricorrente che lo sconto di Euro 718.000 non costituiva un fatto “nuovo” per l’annualità 2004, in quanto era già contemplato nel regolamento giuridico della cessione del complesso immobiliare, come da ordinanza del 27/09/2002 del giudice delegato al fallimento della Fond Metal Gnali s.r.l., con la quale era stata ordinata la vendita all’incanto degli immobili del fallimento, con compensazione nel limite massimo di Euro 718.000 per le operazioni di smaltimento e di bonifica, sicchè alcuna sopravvenienza attiva si era realizzata. Secondo l’assunto del ricorrente, dunque, il giudice tributario di secondo grado avrebbe errato nel ritenere “valida una pretesa fiscale che viola innanzitutto il principio della prevalenza della sostanza sulla forma”, in quanto “nella sostanza la posta passiva di Euro 718.000 non è mai esistita, non è stata cancellata, ma anzi, l’impresa vantava un diritto creditorio verso il fallimento per quell’importo” (v. ricorso, pag. 14).

2. L’Agenzia dell’entrate, con il primo motivo di ricorso incidentale, lamenta la violazione e l’erronea applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 (t.u.i.r.), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, limitatamente al riconoscimento dei costi per Euro 299.638,94, poichè, a differenza di quanto ritenuto dai secondi giudici, trattasi di costi non di competenza dell’anno 2004 e tali da giustificare il recupero a tassazione effettuato dall’Ufficio.

2.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, deduce l’insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alle deduzioni formulate dall’Ufficio nelle controdeduzioni all’appello di controparte (dalla pagina 9 quart’ultima riga e a pag. 10, terza riga), secondo cui trattavasi di costi afferenti all’aggiudicazione dell’immobile in sede fallimentare finalizzati alla bonifica del capannone acquistato ed in quanto tali non riguardanti l’anno 2004.

2.2. Con il terzo motivo di ricorso incidentale l’amministrazione finanziaria lamenta violazione ed erronea applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 2, lett. b), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui i giudici di secondo grado hanno violato il principio di inderogabilità delle regole sull’imputazione temporale dei componenti negativi di reddito.

2.3. Con il quarto motivo di ricorso incidentale l’amministrazione finanziaria lamenta, ancora, la violazione ed erronea applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 (TUIR), dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Commissione tributaria regionale omesso di considerare che il contribuente non aveva fornito alcuna prova per dimostrare il sostenimento dei costi.

2.4. Nel quinto e nel sesto motivo di ricorso incidentale, si deduce il vizio del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nonchè la violazione di legge, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver i secondi giudici violato la regola di cui all’art. 115 c.p.c., ponendo alla base della decisione la perizia di parte.

3. Dai rispettivi ricorsi è emerso, in fatto, che la vendita all’incanto del complesso immobiliare della fallita (OMISSIS) s.r.l. è avvenuta nel 2002 (con ordinanza del Giudice delegato al fallimento), per un importo complessivo di Euro 1.073.000 con compensazione del sostenimento di costi, nel limite massimo di Euro 718.000, per le operazioni di smaltimento e di bonifica dell’immobile venduto; risulta pacifico, altresì, che l’aggiudicatario ( G.A.) contabilizzava, nell’anno 2002, la fattura di Euro 718.000 ma a titolo di “anticipo ai clienti” e che, successivamente, nel 2004, tale voce risultava eliminata dai conti dell’impresa.

3.1. E’, dunque, su tale movimentazione contabile di cancellazione da parte del contribuente di una voce insussistente di debito (“anticipo clienti”) che l’Ufficio ha ipotizzato la violazione fiscale del contribuente, nel senso che poichè la somma posta a compensazione aveva, in realtà, portato ad una riduzione del debito (prezzo complessivo) verso la procedura fallimentare, si era determinata, nel 2004, una sopravvenienza attiva, tassabile a mente dell’art. 88 TUIR.

3.2. Tale ipotesi è stata ritenuta “corretta nella forma e nella sostanza” dalla CTR che, pur avendo rilevato che dal punto di vista formale la voce “anticipo ai clienti” non era appropriata, ha affermato che, dal punto di vista sostanziale, si era verificata una sopravvenienza attiva tassabile ai sensi del D.P.R. cit., art. 88, in quanto si era, in concreto, realizzata una riduzione del debito verso la procedura fallimentare.

4. Il motivo di ricorso principale è infondato e deve essere rigettato. Con esso il ricorrente ha inteso denunciare il

vizio cd. di sussunzione, vizio che attenendo

alla qualificazione giuridica di fatti materiali – sopra ricostruiti – rientra nell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, con conseguente ammissibilità della relativa censura.

4.1. Va evidenziato che la correzione di errori non determinanti (così come assume il ricorrente nelle sue difese), secondo quanto stabilito dal principio contabile OIC n. 29, quale applicabile al tempo della chiusura del bilancio relativo all’anno 2004, deve avvenire nell’esercizio stesso in cui essi vengono scoperti, attraverso la rettifica della posta patrimoniale che a suo tempo fu interessata dall’errore, con contropartita alla voce “proventi ed oneri straordinari componenti di reddito relativi ad esercizi precedenti” (cfr. par. C. IV. a). Tra questi debbono comprendersi, per quanto qui rileva, le sopravvenienze attive determinate (art. 88 TUIR, comma 1, seconda parte) dalla sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi (cfr. in parte motiva, Sez. 5, 23/01/2020, n. 1508).

4.2. In proposito questa Corte ha affermato (cfr. Cass. Sez. 5, 08/06/2011, n. 12436; cfr., in termini, con riferimento all’analoga disposizione dell’art. 55 TUIR, comma 1, ante 2004, Cass. Sez. 5, 22/09/2006, n. 20543 e, da ultimo, Sez. 5, 23/01/2020, n. 1508) che “In tema di redditi d’impresa, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva” ai sensi della succitata norma del TUIR, “si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, e dunque indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, come liberazione di riserve, con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza”.

5. Non si rinviene, dunque, alcun errore di qualificazione e/o di sussunzione nella sentenza impugnata che, in linea con i principi di diritto appena riportati, ha ritenuto legittima la pretesa fiscale, indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili (o come dice il ricorrente “nuovi”), accertando, in concreto, la sussistenza della sopravvenienza attiva; la sentenza ha nella sostanza affermato che poichè il contribuente ha corrisposto, rispetto al prezzo di vendita, un minor importo di Euro 718.000 per il sostenimento dei costi per la bonifica dell’area, si è realizzata, così, una sopravvenienza positiva per insussistenza della passività esposta (per errore), nel precedente esercizio.

6. Passando all’esame del ricorso incidentale – proposto in relazione al riconoscimento dei costi per Euro 299.638,94 anch’esso non può essere accolto per le ragioni di seguito esposte.

6.1 La decisione assunta dalla Commissione tributaria regionale, in parte qua favorevole al contribuente, nasce da una considerazione in fatto, risultante dalla perizia prodotta dal contribuente e che cioè “le operazioni di smaltimento di rifiuti ferrosi volte al recupero di materiali riciclabili risultano di fatto finalizzate alla produzione della materia prima utilizzata nell’ambito del proprio processo produttivo”; da tale premessa, i secondi giudici hanno desunto per logica che “i relativi costì quand’anche sostenuti nel 2003, risultano, pertanto, correlati ai ricavi conseguiti nel successivo 2004 e secondo il criterio di competenza – risultano deducibili in quest’ultimo esercizio”. Hanno, altresì, specificato, che a tali conclusioni si perviene anche considerando che “il costo del venduto nel 2004 è superiore all’importo delle rimanenze e beni proprio in quanto comprensivo dei materiali della bonifica, come documentato dalla citata perizia”.

7. A fronte di tali argomentazioni, conformi in punto di diritto ai consolidati principi in tema di imputazione dei componenti negativi di reddito secondo il criterio di competenza (cfr., ad es., Cass. Sez. 5, 09/11/2018, n. 28671; Sez. 5, 12/07/2018, n. 18401), il primo ed il terzo motivo di ricorso incidentale risultano inammissibili in quanto le censure tendono, sotto la specie di deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, ad investire la Corte della rivalutazione delle risultanze istruttorie come operata dal giudice di merito, relativamente all’affermata, da parte della Commissione tributaria regionale, inerenza dei relativi costi, quand’anche sostenuti nel 2003, ai ricavi conseguiti nel successivo anno 2004, ciò che, come è noto, risulta inammissibile in questa sede. Per giunta, in diritto, la Commissione tributaria regionale si è adeguata ai principi di diritto espressi da questa Corte che, in tema di deducibilità dei costi, con indirizzo assolutamente unanime, ha affermato la stretta correlazione con il principio dell’inerenza, quale espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa, secondo un giudizio di natura qualitativa, che prescinde, in sè, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo, nonchè da una valutazione di congruità del costo (ex plurimis, cfr. Sez. 5, 17/07/2018, n. 18904; Sez. 5, 31/05/2018, n. 13882, che evidenzia come il principio dell’inerenza dei costi deducibili non si ricava dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5, (in precedenza, medesimo D.P.R., art. 75, comma 5), che attiene alla correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili, ma costituisce espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa; adde, Sez. 5, 26/09/2018, n. 22938; Sez. 5, 11/01/2018, n. 450).

8. Il secondo motivo di ricorso incidentale pure è inammissibile, in quanto oggetto di impugnazione è una sentenza pubblicata in data 06/05/2013 e, quindi, in epoca successiva al 12 settembre 2012, data dalla quale è entrato in vigore il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 che consente l’impugnazione per la diversa ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e non, come dedotto, di insufficiente motivazione.

9. Parimenti inammissibile è il quarto motivo di gravame incidentale proprio perchè ripropone le stesse questioni dei motivi primo e terzo; inoltre, risulta generico perchè non specifica quali principi di diritto, se rettamente applicati nella fattispecie concreta, avrebbero evitato l’assunto errore della Commissione regionale nella applicazione della regola iuris.

10. Infine, risultano inammissibili anche i motivi quinto e sesto, con i quali la ricorrente incidentale ripropone analoga questione, questa volta adducendo la sussistenza del vizio di legge e del procedimento, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per violazione dell’art. 115 c.p.c. nella parte in cui la Commissione tributarla regionale ha considerato fonte di prova una perizia di parte.

Di là dall’evidente carenza di autosufficienza del sesto motivo, che non indica quale sarebbe la violazione di legge contestata, limitandosi a genericamente a richiamare le norme violate, si osserva che questa Corte (cfr. ex plurimis, Sez. 5, 06/02/2015, n. 2193) ha più volte chiarito che nel processo tributario, nel quale esiste un maggiore spazio per le prove cosiddette atipiche, anche la perizia di parte può costituire fonte di convincimento del giudice, che può elevarla a fondamento della decisione a condizione che spieghi le ragioni per le quali la ritenga corretta e convincente, ciò che nella specie, la Commissione regionale ha fatto, motivando il percorso logico giuridico seguito per la sua decisione.

11. Conclusivamente, il ricorso principale va rigettato così come pure il ricorso incidentale.

12. Le spese di giudizio, in considerazione della soccombenza reciproca, sono dichiarate interamente compensate.

13. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale. Rigetta il ricorso incidentale.

Compensa interamente tra le parti le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile della Corte di Cassazione, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

 

 

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