Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26212 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2020, (ud. 17/07/2020, dep. 18/11/2020), n.26212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5731/2014 R.G. proposto da:

TRANSBRIG AG, rappresentata e difesa dall’avv. Michele Viggiani e

dall’avv. Aldo Seminaroti, elettivamente domiciliata in Roma, viale

Parioli, n. 87, presso lo studio dell’avv. Aldo Seminaroti.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte, sezione n. 22, n. 80/22/13, pronunciata il 06/06/2013,

depositata il 12/07/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 luglio

2020 dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Transbrig AG, con sede legale in Briga (Svizzera), propone ricorso, con due motivi, contro l’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, indicata in epigrafe, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di tre distinti avvisi di accertamento IRES, IRAP, per i periodi di imposta 2004, 2005, 2006, che recuperavano a tassazione redditi non dichiarati della contribuente che, in base ad una verifica della Guardia di Finanza, risultava avere, in Italia, nel Comune di Trasquera, una stabile organizzazione esercente l’attività di agenzia doganale – è stata confermata la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Verbania (n. 56/02/11), che aveva rigettato i ricorsi (riuniti) della società elvetica;

2. la C.T.R. ha fondato il proprio convincimento, per un verso, sulla documentazione, acquisita dalla GdF, che dimostrava che l’appellante, tramite la stabile organizzazione (posta nel Comune di Trasquera), svolgeva attività di elaborazione dati, ricezione ordini, predisposizione e preparazione di bollette doganali ed adempimenti doganali (cioè operazioni doganali per l’esportazione, in Svizzera, di merci italiane) ed aveva prodotto reddito tassabile in Italia; per altro verso, sulla circostanza che la società elvetica non aveva dimostrato il carattere esclusivamente ausiliario delle attività svolte in Italia.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo e il secondo motivo del ricorso (“1- Motivo ex art. 360 c.p.c., n. 3: Violazione o falsa applicazione dell’art. 162 TUIR; 2- Motivo ex art. 360 c.p.c., n. 5: omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata (…)”, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la società avesse una stabile organizzazione in Italia, ai sensi dell’art. 162 t.u.i.r., comma 4, lett. e) ed f), senza considerare che essa non aveva mai svolto, in Italia, un’attività autonoma finalizzata allo sdoganamento della merce da importare in territorio elvetico attraverso la dogana di Gondo, ma si era limitata a compiere attività meramente preparatoria dell’esportazione di merci italiane verso la Svizzera, presso la dogana di (OMISSIS);

aggiunge che la tesi erariale, circa l’esistenza di una stabile organizzazione italiana, poggiava sulle dichiarazioni di R.E., amministratore unico di Transbrig Italia Srl – valorizzate anche dai giudici di merito – il quale, però, nel descrivere ai verbalizzanti (in data 17/10/2006) “l’attività della struttura a lui affidata”, si era riferito evidentemente a quella svolta dalla neocostituita (in data 21/04/2006) Transbrig Italia Srl e non all’attività svolta, negli anni precedenti, da Transbrig AG, sottoposta alla verifica fiscale;

1.1. il primo motivo (error in iudicando) è inammissibile;

è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. sez. un. 27/12/2019, n. 3476);

nella specie, la contribuente, sotto le sembianze dell’errore di diritto, sollecita la Corte, in modo non consentito, ad un diverso apprezzamento del requisito della stabile organizzazione, del quale i giudici di merito hanno ravvisato la sussistenza, alla stregua della valutazione degli aspetti fattuali della controversia;

1.2. il secondo motivo (vizio di motivazione) è inammissibile;

la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 12/07/2013, sicchè trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012;

nel caso all’esame, invece, la ricorrente, inammissibilmente, ha fatto valere il “vecchio” vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, secondo la precedente formulazione della norma, non più vigente, ratione temporis;

2. oltre a queste considerazioni, che valgono specificatamente per ciascun motivo d’impugnazione, in termini più generali, osserva la Corte che il ricorso è complessivamente inammissibili in quanto esso appare confuso, sul plano dell’articolazione dei concetti giuridici; è “coacervato” ben oltre i limiti stabiliti dalle Sezioni unite (Cass. sez. un. 9100/2015), e, infine, viola l’art. 360-bis c.p.c., n. 1, in relazione sia alla giurisprudenza di legittimità riguardante la stabile organizzazione, ai fini delle imposte sui redditi, di una società elvetica operante in Italia (Cass. 09/04/2010, n. 8488; 29/04/2016, n. 8543), sia alla giurisprudenza di legittimità in tema di stabile organizzazione, ai medesimi fini, di società straniere operanti in Italia (Cass. 25/05/2002, n. 7682; 04/12/2019, n. 31609; 12/12/2018, n. 32078);

3. ne consegue l’inammissibilità del ricorso;

4. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

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