Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26211 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. II, 16/10/2019, (ud. 11/06/2019, dep. 16/10/2019), n.26211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23303-2015 proposto da:

D.M., rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI

CHIRIELEISON, EUGENIO PIETRO BARLASSINA;

– ricorrente –

contro

G.G., rappresentato e difeso da se medesimo ex art. 86

c.p.c.;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1355/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/06/2019 dal Consigliere GIUSEPPE TEDESCO.

Fatto

RITENUTO

che:

L’avv. G.G. chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Varese D.E. in proprio e in qualità di liquidatore/legale rappresentante della S.n.c. F.lli D. di En. e D.E. in liquidazione, nonchè D.M. e D.A..

Chiedeva la condanna dei convenuti al pagamento di onorari professionali.

Il tribunale accoglieva la domanda.

Contro la sentenza proponevano appello i soccombenti.

La Corte d’appello di Milano, per quanto ancora interessa in questa sede, confermava la sentenza di primo grado, salvo che per il capo con il quale il primo giudice aveva condannato in solido al pagamento D.A. e D.M..

Essa osservava che l’incarico di assistenza legale fu conferito all’avv. G. da D.A. e non anche da D.M..

Quindi, rigettava la domanda del professionista nei confronti di quest’ultimo e compensava fra tali parti le spese del giudizio.

Per la cassazione della sentenza D.M. ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo.

L’avv. G. ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale, affidato a un unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il primo e unico motivo del ricorso principale denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69), dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c..

La sentenza è censurata nella parte in cui la corte d’appello ha disposto la compensazione delle spese di lite in base al rilievo che, “tenuto conto della difesa unitaria degli appellanti”, era difficoltoso scindere le diverse posizioni.

Si sostiene che con la L. 19 giugno 2009, n. 69, vigente al tempo della pronuncia della sentenza impugnata (tempus regit actum), il legislatore è intervenuto sull’art. 92 c.p.c., comma 2, prevedendo che la compensazione possa avvenire non più in presenza di “giusti motivi”, ma soltanto in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”.

Il motivo è infondato.

Il ricorrente formula la censura sulla base del testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, che egli ritiene applicabile in quanto vigente al tempo in cui fu emessa la sentenza impugnata, in base al principio tempus regit actum.

Non considera però che il principio tempus regit actum non è applicabile in presenza di norma transitoria che stabilisca diversamente.

Tale disciplina transitoria nella L. n. 69 del 2009 esiste, prevedendo il comma 1 dell’art. 58 che “le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore”, laddove il presente giudizio è stato instaurato con citazione notificata il 29 settembre 2006.

E’ applicabile pertanto il testo precedente dell’art. 92 c.p.c., comma 2, L. n. 263 del 2005, ex art. 28, in vigore dall’1 marzo 2006 (“Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, esplicitamente indicata nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”).

In riferimento alla norma applicabile ratione temporis, questa Corte ha chiarito che “in tema di spese legali, nei giudizi soggetti alla disciplina dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla L. n. 263 del 2005, art. 2, ove non sussista la reciproca soccombenza, è legittima la compensazione delle spese processuali se concorrono altri giusti motivi, che vanno esplicitati nella motivazione in modo logico e coerente” (Cass. n. 20617/2018; n. 25594/2018).

Ebbene il giudice d’appello ha compensato le spese in base al rilievo che gli appellanti avevano tenuto nel giudizio una posizione unitaria e non scindibile.

In sè la ragione indicata dal giudice d’appello non è nè apparente nè illogica e in effetti non è neanche censurata dal ricorrente, il cui sforza argomentativo è inteso a sostenere che essa non rientra nel novero delle “gravi ed eccezionali ragioni” idonee a giustificare la compensazione in base al testo della norma di cui infondatamente ha invocato l’applicabilità nel presente giudizio.

Il ricorso principale, pertanto, deve essere rigettato.

Il ricorso incidentale denuncia violazione degli artt. 345 e 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

La sentenza ha accolto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva ch’era stata formulata dal D.M. solo con la citazione in appello, non essendo rinvenibile tale eccezione nelle difese cumulative espresse da D.M. e A. in primo grado, laddove costoro avevano sostenuto che le prestazioni oggetto della domanda erano state commissionate e fatte eseguire da altro legale.

Si sostiene che la deduzione del difetto di titolarità passiva del rapporto costituisce eccezione in senso stretto, assoggettata al regime delle preclusioni.

Il ricorso incidentale è infondato.

In presenza di più convenuti i quali si siano difesi unitariamente negando l’esistenza del rapporto fatto valere del creditore, vittorioso in primo grado nei confronti di tutti, non può considerarsi eccezione nuova la riproposizione in appello della medesima deduzione sotto il profilo del difetto di legittimazione e/o titolarità passiva del rapporto controverso.

E’ infatti perfettamente concepibile che, pur in presenza di una difesa unitaria, il giudice di merito riconosca, in base alle prove assunte, fondata la domanda nei confronti di uno o di alcuni soltanto degli originari convenuti.

Ma in ogni caso è infondato l’assunto teorico che ispira il ricorso.

Le Sezioni Unite di questa Corte, posto il principio che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, hanno chiarito che le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotte dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio; inoltre che la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (Cass., S.U., 2951/2016).

In conclusioni sono rigettati sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale.

Spese compensate.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; dispone la compensazione delle spese; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 11 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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